Ancora, prepotentemente, Aleksej Anatolievich Navalny. L’attivista e oppositore russo, diventato il simbolo della lotta a Vladimir Putin, torna al centro della cronaca. La Corte Suprema russa ha respinto il suo ricorso riguardo la detenzione in carcere, pena a cui era stato condannato appena rientrato dalla Germania. Il blogger si era recato in terra tedesca per curarsi dall’avvelenamento di cui era stato vittima nell’agosto 2020. All’epoca la giustizia slava aveva optato per fargli scontare in prigione una precedente sentenza di tre anni e mezzo, successivamente sospesa; per via di violazioni di restrizioni e obblighi correlati alla pena di cui sopra, Navalny ne sta pagando le conseguenze in un penitenziario a Pokrov. Il 22 marzo dell’anno scorso il tribunale distrettuale Lefortovsky di Mosca ha condannato l’attivista politico a nove anni, da scontare in una struttura carceraria di alta sicurezza. Le accuse che pendono sulla sua testa sono frode e oltraggio alla corte, che si sommano alle decisioni prese negli altri processi.
Inoltre, l’oppositore è tacciato anche di aver creato una rete estremista e di un’organizzazione che viola i diritti dei cittadini. Due mesi fa è stato anche inserito dal Cremlino nella lista dei coinvolti in attività terroristiche. Tracciare un breve profilo di Aleksej Navalny aiuta a capire come mai il suo nome, ciclicamente, torni nell’occhio del ciclone. È uno dei più noti, se non il più noto, critici del presidente Putin; di posizioni nazionaliste e neutrali, ha ritrattato il suo pensiero riguardo la possibile riconduzione dell’Ucraina sotto l’influenza russa e si è dichiarato a favore dei matrimoni omosessuali. Proprio il tornare sui suoi passi lo eleva a simbolo di quanto sta accadendo a Kiev, Mairupol, Odessa e città adiacenti.
Navalny è di origine ucraina, il che lo mette in una posizione “particolare” all’interno della crisi; a ciò si aggiunge il fatto che ha sempre lottato contro la corruzione, accusando anche Putin. L’indagine contro il presidente russo riguarda l’appropriazione in modo fraudolento di fondi usati dal capo del Cremlino per costruire il cosiddetto Palazzo di Putin, con il 55% della popolazione russa che crede a questa indagine. Navalny, inoltre, ha costituito la Fondazione Anticorruzione. Il suo caso viene riaperto, poi, nei giorni in cui alcuni oligarchi – uno su tutti Roman Abramovich – hanno accusato sintomi da avvelenamento, ma che non sarebbero in pericolo di vita. Come a ricordare cosa accade a chi si mette contro Putin, ancora lontano dall’essere messo sotto scacco. E sancire la fine della crisi.