Gli Inediti di Francesco Bruno, Storia d’amore in sei tempi, apparvero nel maggio 1992 (n. 51/anno V), accompagnati da una nota biografica scritta sì in terza persona, ma – crediamo – di pugno dall’autore: Francesco Bruno è nato a Lerici (SP) il 6 maggio del 1948.
Capitano di mare per vocazione letteraria, al suo primo imbarco capì subito quanto fosse ingenuo tentare di inseguire Conrad, Melville, Stevenson in un mondo che non sapeva leggere Malcom Lowry, e tornò a cercare la letteratura – sbagliando ancora approdo – alla Facoltà di Lettere di Pisa. Perseguì la sua illusoria ricerca rattoppando trame di libri altrui in una casa editrice milanese, dove rimase incagliato per quasi un decennio.
A beneficio dei nostri lettori qualche integrazione, dopo trent’anni, sarebbe opportuna, tuttavia le nostre ricerche, questa volta, non hanno dato buon esito. Le omonimie non aiutano, ma è anche vero che il poeta di Lerici sembra scomparso nel nulla. Peccato: quegli inediti ci colpirono e continuano a colpirci. Proseguiamo dunque con la nota (auto biografica di POESIA. Recidivo, s’è imbarcato – forse non per l’ultima crociera – sul veliero delle traduzioni letterarie, e segue oggi rotte più terrestri. Fra gli altri ha tradotto Louis Aragon. Jacques Prévert, Julien Green, Ismail Kadaré, Nina Berberova, Michel Tournier. Sappiamo per certo che ha continuato a tradurre: Il testimone inascoltato (Guanda, 2010) è di Yannick Haenel e la traduzione è di Francesco Bruno. Altri libri tradotti dal poeta nato a Lerici sono reperibili a questo link: https://www.rebaldoria.com/traduttori/B/francesco-bruno, tra cui spicca il famosissimo Rapa Nui di Leonore Fleischer.
L’unica pubblicazione che abbiamo trovato (per quanto riguarda le sue poesie) è il volume che raccolse le liriche – tutte meritevoli, dirlo sembra quasi pleonastico – del premio Lerici-Pea del 1973 (tra i segnalati anche Jolanda Insana).
In assenza di altre notizie proponiamo ai nostri lettori due poesie di Francesco Bruno, la prima pubblicata nel n. 51 di POESIA (evidentissimo l’omaggio ad Attilio Bertolucci), la seconda tratta dalla pubblicazione del Lerici-Pea.
Non escludiamo che, dopo la pubblicazione di questo articolo, qualcuno (chissà, forse l’autore stesso) possa dirci qualcosa di più.
L’ultima rosa
Non coglierò per te l’ultima rosa:
la vedrai anche tu dalla finestra,
ne toccherai il profumo con le dita,
si sfalderà nel tempo lentamente
come ha già fatto chino il girasole
e più umilmente ancora margherita.
Che resti patrimonio del passante.
Guarda, nel viale cadono le foglie,
fanno felpato il passo della gente.
La rosa non è grata a chi la coglie,
vuol finire da sé
na-tu-ral-men-te
°°° °°° °°° °°° °°° °°° °°°
E forse solo sogno
Oggi è la vertigine dei tuoi capelli
a sostenere la trama dei prodigi
che nidificano sui tralci nodosi
delle ore notturne (tu non lo sai
che so distogliere il sogno così
come allontani la ragnatela dei riccioli
che t’ingombra le ciglia)
ma il soffuso panorama che m’offre
violacee distese d’acqua
e ali balenanti e dorate di marini
volatili – procellarie e gabbiani a schiere
a stormi –
sovrasta i sabba delle streghe
che turbavano i sonni del passato
e sei tu che pettini le ore
e le ricami col tuo filo di quiete.