“Nei versi di Antonella Anedda colpiscono alcune immagini ricorrenti (l’osso, l’inverno, il cucchiaio, l’ospite) perché si avverte che un’ossessione vera le ha dettate.
Talvolta si mostrano nella concretezza di un dettaglio, talvolta in una presenza più rituale e arcaica.
Mai però nel luogo letterario del fascino allusivo.
L’articolo di Milo De Angelis (o almeno così presumiamo, vista la firma m.d.a.) proponeva, quindi, Antonella Anedda, che aveva già pubblicato una plaquette, Residenze invernali, mentre Voci per alleati, silloge citata allora, era ancora inedita, poi pubblicata con diverso titolo (POESIA, n. 30/anno III, giugno 1990).
Ecco qualche cenno bio-bibliografico per i nostri lettori (da: https://www.italian-poetry.org/antonella-anedda/). Antonella Anedda (Anedda-Angioy) è nata nel 1958 a Roma. Vive tra Roma e la Sardegna. Ha collaborato con riviste e giornali quali Il Manifesto, Linea d’ombra, Nuovi Argomenti. Ha pubblicato il libri di versi: Residenze invernali (Crocetti, 1992, premio Sinisgalli); Notti di pace occidentale (Donzelli, 1999); Il catalogo della gioia (Donzelli, 2003), Tre stazioni (LietoColle, 2005); Dal balcone del corpo (Mondadori, 2007, Premio Napoli); Salva con nome (Mondadori, 2012, Premio Viareggio). In prosa: Cosa sono gli anni (Fazi, 1997); il libro di traduzioni e poesie Nomi distanti (Empiria, 1998, con una nota di Franco Loi); La luce delle cose (Feltrinelli, 2000); La vita dei dettagli (Donzelli, 2009).
E’ presente in antologie italiane e straniere. La Anedda, laureata in storia dell’arte moderna, ha insegnato all’università di Siena e all’università della Svizzera Italiana. Ci preme sottolineare inoltre che l’antologia Archipelago, tradotta in inglese per Bloodaxe Books dal poeta Jamie McKendrick ha vinto il John Florio Prize per la traduzione nel 2016. Il volume è stato oggetto di saggi da parte di italianisti come Peter Hainsworth e Marina Warner sul TLS e di David Cooke sul London Magazine.
Oltre all’inglese l’opera di Antonella Anedda è tradotta in numerose lingue. Due i volumi tradotti in spagnolo: Residencias invernales (Igitur, 2005) con testo introduttivo di Amelia Rosselli. e Noches de paz occidental (Fugger Poesìa, 2001). Nel 2008 esce per l’Escampette, Nuits de paix occidentale, suivi de La lumière des choses, tradotto da Jean-Baptiste Para. La traduzione tedesca di Dal balcone del corpo (Vom Erker des Körpers, traduzione di Annette Kopetzi) è uscita nel 2010 per Litteraturverlag Ronald Hoffmann.
Da quel lontano 1988 di Residenze invernali il percorso è stato lungo e fecondo: di opere, di riconoscimenti, e tutto questo è oggi facilmente reperibile sui siti letterari più attenti e accreditati.
Ecco quanto afferma Sara Sermini (https://www.leparoleelecose.it/?p=39295): C’è una frase di Kafka che Antonella Anedda – poeta, saggista e anche docente di Letteratura contemporanea – ha citato una volta a lezione e che da allora custodisco con cura: «Nella lotta tra te e il mondo scegli il mondo».Una poesia politica, quella di Anedda, nella misura in cui, appunto, sceglie il mondo; e quest’ultima raccolta, forse più delle altre, può dirsi schierata: dalla parte del mondo, appunto, dalla parte di quel ‘noi’ che lo abita e che, abitandolo, costruisce la propria narrazione, la propria storia. Se rivolgessimo la stessa domanda ad Antonella Anedda ci direbbe, forse, che la storia, quella fatta sulle carte con fatica e rigore, è come la poesia: non serve a niente e non serve nessuno, non è a servizio di nessuno.
La poesia, dunque, non serve a niente? Certo, se decliniamo il verbo nel sostantivo “servizio”, ma se invece diciamo “servigio”? “La poesia non serve a niente, per questo è indispensabile.” (Gianfranco Isetta).
"Geometrie"
Davanti alla dismisura delle cose cerco di provvedere,
scendo nel loro baratro. Ogni volta riemergo
con il metro, il compasso, la mente piena di cifre.
Mi struggo per la geometria, mi ostino inutilmente
a calcolare l’area del cubo, del parallelepipedo,
del prisma, nomi di un’aria di cristallo priva di veleno.
È un sogno infantile di teorema,
un innesto di mondo su un segmento di radice.
Se la osservi rimanda a un’equazione, al suo quadrato,
con l’ala dei numeri che svetta su ciò che è smisurato.