Almeno 54 morti e 1.700 arrestati sono il bilancio provvisorio delle proteste contro il colpo di stato militare in Birmania dal giorno del golpe. Lo rendono noto le Nazioni Unite che hanno lanciato un appello: l’esercito deve smettere di "assassinare" i manifestanti. A preoccupare, soprattutto, è l’escalation in corso: delle 54 vittime, ben 38, secondo l’ONU, risalirebbero alla sola giornata di mercoledì. Una situazione, purtroppo, già vista in diversi colpi di Stato militari, con i governi golpisti che si fanno più feroci a mano a mano che le proteste continuano. Sin dal primo febbraio, giorno del colpo di Stato dei militari e dell’arresto di Aung San Suu Kyi, il popolo birmano, molto legato alla sua leader democratica, ha da subito protestato con energia, riversandosi nelle strade contro un’azione politica approvata praticamente solo dai militari stessi che l’hanno effettuata, così come dimostrano i magri risultati ottenuti dal loro partito alle elezioni.
Tuttavia, forte dell’appoggio dell’esercito, il governo militare illegittimo sta praticando una repressione costante e violentissima delle proteste, sfruttando anche l’emergenza coronavirus, a causa della quale (almeno, questa è la motivazione ufficiale) il Paese è chiuso ai giornalisti stranieri. I cittadini birmani stanno cercando di mandare richieste di aiuto all’estero tramite i brutali video della violenza dei militari, ma, ovviamente, questo strumento incontra diverse difficoltà nell’utilizzo in un Paese dove le libertà sono state improvvisamente cancellate dall’autoproclamato primo ministro Min Aung Hlaing, dimostratosi tra l’altro sordo di fronte agli appelli della comunità internazionale a cessare per lo meno le violenze contro i civili.
La promessa di Min Aung Hlaing di indire libere elezioni entro un anno non è ovviamente credibile: è evidente che delle elezioni indette da un governo che si sta facendo strada con la violenza militare non potranno essere altro che una farsa volta a fornire una finta legittimazione agli usurpatori. Nel frattempo, mentre l’ONU fornisce i suddetti terribili dati, il Consiglio di Sicurezza delle stesse Nazioni Unite rimane in totale silenzio, a causa dell’allucinante regola del potere di veto delle grandi potenze, che fa sì che il rifiuto dei governi dittatoriali di Cina e Russia di condannare la situazione birmana impedisca qualsiasi tipo di azione a favore dei diritti dei cittadini. Anche in questo caso, storia già vista.