A partire dal prossimo 28 settembre fino al 26 gennaio 2020, la città di Rovigo sarà sommersa da un turbine di colori proveniente dal lontano Paese del Sol Levante. Palazzo Roverella ospiterà infatti la mostra “Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915”, a cura dell’artista romano Francesco Parisi.
Con il termine “giapponismo” si indica l’affascinante moda orientale diffusasi in Europa, verso la fine del XIX secolo, a partire dalle xilografie con cui gli asiatici erano soliti impacchettare vasi e ceramiche da esportare in Occidente. Si trattava spesso di manga di Hokusai e stampe di Utamaro e Hiroshige, che poco più tardi avrebbero ispirato i pittori impressionisti. A partire dal 1853, anno in cui il Giappone si aprì al resto del mondo, i ricchi borghesi europei - specialmente francesi - cominciarono ad acquistare oggetti d’arredamento e suppellettili dal gusto tipicamente orientale, restandone profondamente affascinati. Il 1860 fu l’anno del boom: ceramiche ed altre decorazioni giapponesi finemente decorate riscossero grande successo anche in Germania, Olanda, Belgio, Austria e Italia. Ciò produsse una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’arte europea, con interessanti contaminazioni: venti di rinnovamento soffiarono in particolare sulle già consolidate norme compositive del Vecchio Continente, che si adattarono al giapponismo facendosi più essenziali e luminose. Forme sintetiche e sature di colore dominarono la scena artistica, regalando una boccata d’aria a tutti coloro che ritenevano ormai stantie le correnti all’epoca in voga.
Henri de Toulouse-Lautrec, Reine de Joie, 1892 - Jules Chéret, Maitres Japonais, 1900
L’arte “dagli occhi a mandorla” ebbe forti influssi sull’Europa per almeno un cinquantennio, conquistando prima la borghesia e poi, in seconda battuta, numerosi artisti, letterati, musicisti e architetti. Si stavano gettando le fondamenta del Liberty e del modernismo, in cui l’attenzione per le decorazioni - tipicamente floreali o astratte - rimandava esplicitamente ad ispirazioni asiatiche. La cultura giapponese in Europa vivrà, successivamente, un altro momento di splendore negli anni ’20 e ’30 del Novecento, in cui si diffonderà un vero e proprio “culto dell’oriente”, ancora rintracciabile in molte espressioni artistiche dei giorni nostri.
La mostra intitolata “Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860-1915” si snoderà in quattro differenti sezioni, in un continuo accostamento tra prodotti artistici originali, realizzati da maestri giapponesi, e contaminazioni di mano europea che ne testimoniano la profonda influenza. Il repertorio spazia dalla pittura all’arredamento, passando per le arti applicate, i manifesti e le illustrazioni; un vero e proprio “mondo” in cui immergersi, lasciandosi affascinare dai bagliori di una terra tanto lontana quanto magica e suggestiva.
Paul Gauguin, Fête Gloanec, 1888
Il riferimento al numero quattro non è casuale: quattro furono infatti le grandi Esposizioni Universali che a fine Ottocento contribuirono - grazie ai padiglioni dedicati al Giappone - a far conoscere lo splendore dell’arte orientale. La prima collettiva si tenne a Londra nel 1862, seguita da quelle di Parigi (1867-1878) e da quella italiana (1911). Da allora, l’arte europea non fu più la stessa: per accorgersene basta osservare i capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Van Gogh, Gustav Klimt, Giuseppe De Nittis, Giacomo Balla ed Emile Gallé, tanto per citare alcuni dei grandi artisti contagiati dalla “febbre d’Oriente”, autori di opere che, tutt’oggi, costituiscono un patrimonio di incommensurabile bellezza e grandiosità.
(Foto tratte da Studio Esseci: si ringrazia)