Le recenti notizie in merito ai vip “infangati” pubblicamente perché etichettati come tirchi da riders rancorosi (a cui non avevano offerto la mancia) fanno riflettere sull’effettiva condizione di questi lavoratori. Secondo le ultime sentenze, essi non sarebbero veri e propri lavoratori subordinati, pertanto non sarebbero tenuti a mantenere la riservatezza circa i “dati” con cui vengono a contatto nella loro attività professionale (art 2104 e 2015 cc).
“In base al principio dell’Accountability, introdotto dal GDPR, il Titolare del trattamento deve preoccuparsi di affidare i dati personali, che raccoglie per proprie finalità, a soggetti che presentino adeguate garanzie in termini di riservatezza e protezione dei dati, se trattasi di soggetti esterni all’organizzazione, o a soggetti che si siano impegnati alla riservatezza, quando questi ultimi siano parte dell’organizzazione del Titolare, come i lavoratori dipendenti” spiega l’avvocato Marco Martorana, Data Protection Officer certificato, nonché fondatore dell’omonimo Studio, che svolge una intensa attività in campo privacy.
I Riders quindi sono quindi Responsabili del Trattamento ai sensi dell’art. 28 del GDPR? O possono essere semplici incaricati (art. 29)? O ancora sono autonomi Titolari del trattamento? Sembra che la risposta non possa essere una per tutti e che sia diversa caso per caso, previa valutazione dell’effettivo atteggiarsi dei rapporti fra Cliente, Titolare della piattaforma di delivery e Rider.
A questo punto, i parsimoniosi 25 VIP contro chi potranno intentare provvedimenti legali per le maldicenze subite?
“Certamente Deliverance Milano andrà incontro a qualche fastidiosa richiesta legale, ma l’avrà messo in conto nell’operazione volta ad aumentare l’attenzione sulla categoria dei Riders”, specifica Martorana.