“STORIA DI STORIE DIVERSE” - XXXVII

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_20484/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Partendo da una discussione sulle questioni di più stretta attualità, che ci coinvolgono direttamente, di respiro nazionale ma, nel caso, anche internazionale, negli articoli della rubrica si affronteranno anche le problematiche più generali del sistema scolastico, giovandosi di una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

Ieri è stato il 30 dicembre 2020, ultimo giorno arancione. Da oggi saremo di nuovo al chiuso delle nostre case, per altri quattro giorni. Poi un altro giorno di zona arancione, il 4 gennaio e altri rossi ancora.

C’è chi si domanda se fosse stato meglio ricorrere a un lockdown completo dall’inizio di novembre piuttosto che “aprire e chiudere”, a fasi alterne; è, infatti, disorientante perché quando si torna in zona rossa, per una durata di pochi giorni, non si percepisce la gravità delle misure adottate ed il rispetto che ad esse si deve, diversamente da quanto avvenuto nel primo lockdown.

Altri sostengono che sia stato meglio chiudere il paese a fasi alterne perché per gli italiani è difficile reggere nuovamente, dal punto di vista psicologico, un nuovo periodo di chiusura generalizzata. Nonostante sia tra i pochi fortunati, insegnando, a percepire regolarmente uno stipendio, ammetto di non farcela, da un punto di vista psicologico, a reggere l’idea di una chiusura prolungata.

È l’assenza di prospettive ciò che deprime la mente: comprendiamo che importanza abbia la progettualità nella vita dell’essere umano, il poter vedere oltre, l’entusiasmo e l’energia legata a ciò che si vuol realizzare.

Al tempo stesso immagino come possa sentirsi chi, diversamente da me, non percepisce uno stipendio regolare da molti mesi: penso soprattutto agli operatori della ristorazione o del settore turistico-alberghiero o a tanti altri ambiti lavorativi colpiti dalle chiusure, ad esempio i centri sportivi, le palestre e le piscine, di cui prima ero frequentatrice, alla scuola di inglese. È tutto chiuso.

Spesso mi interrogo sul fatto che ci sono famiglie e bambini dietro queste realtà: come si può sentire un padre a cui è impedito di lavorare e che non riesce a provvedere ai bisogni della sua famiglia?

Dubbi che, talvolta, mi colpiscono e, per questo, mi rendo ancor più conto nello scenario attuale, di avere una fortuna, di svolgere un lavoro dipendente che conserva intatta la mia serenità, da un punto di vista economico; eppure, nonostante tutto, ho di che lamentarmi.

È difficile, da mesi, essere privati della propria libertà, è difficile affrontare una vita diversa e inaspettata come se si fosse, di fatto, ai domiciliari.

In questa generalizzata condizione di paura e preoccupazione, di insofferenza e impotenza, l’arrivo del vaccino costituisce un barlume di speranza: si intravede la fine di queste tristi vicissitudini; anche se i tempi, per una protezione generalizzata della popolazione, si prospettano come lunghi e quindi, è ancora necessario "mordere il freno" ed imparare ad essere pazienti, ancora per alcuni mesi.

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È stata una settimana triste, per me, anche per ciò che è accaduto a livello di politica internazionale. Si è scongiurato, con pochi giorni di anticipo, il No deal, ovvero l’uscita senza accordi del Regno unito dall’Unione Europea. Tuttavia vi è una questione che io non valuterei come secondaria, ovvero la sospensione del programma Erasmus che consente agli studenti universitari inglesi ed europei di studiare e di sostenere esami in lingua straniera all’estero.

Da un articolo del 29 dicembre, a firma di Federico Bosco su Open on line, il giornale fondato da Enrico Mentana: “La premier scozzese, Nicola Sturgeon, ha reagito ai festeggiamenti di Johnson per il Brexit-deal con sdegno. Con un primo tweet, Sturgeon ha sottolineato ancora una volta che la Brexit è stata fatta contro la volontà della Scozia, promettendo un nuovo referendum per l’indipendenza dopo quello di sei anni fa. Ma è sulla negazione dell’Erasmus agli scozzesi che sono arrivate le parole più taglienti, definendo la decisione di Londra come “vandalismo culturale” da parte del governo del Regno Unito”.

Sono stata colpita da queste ultime parole perché riflettono l’incultura di chi attualmente governa il Regno Unito, parlo di Boris Johnson, di chi ha minato, per interessi particolaristici, l’unità di un progetto europeo costruito faticosamente in vari decenni.

Prima di Boris Johnson, Nigel Farage e tutti i sovranisti che hanno sostenuto questo nefasto progetto di disaggregazione dell’Unione Europea che, con l’uscita del Regno Unito, perde uno dei suoi paesi fondatori. Un paese di gente sostanzialmente sprezzante ed affarista, che crede fortemente nella propria superiorità rispetto agli altri, che vive nel ricordo dell’impero e del periodo della colonizzazione e che disdegna il rispetto di regole comuni.

La grandezza del Regno Unito non merita che faccia parte dell’Unione Europea, deve essere un paese indipendente e, in grande spregio allo scambio culturale e al valore della conoscenza di altri paesi, è stato sospeso, senza troppi rammarico, il programma Erasmus. È un segnale gravissimo di quello che sarà il nuovo progetto politico-culturale britannico, un progetto sovranista che ha trovato sostegno ovunque nel mondo, in America con Trump, ancora per poco, in Russia con Putin, in Brasile con Bolsonaro, in Ungheria con Orban, in Italia con Salvini.

Per la scuola è tempo di attesa, un tempo che percepisco come sospeso, non si sa bene ciò che accadrà: c’è massima incertezza su tutto.

Sospese le attività didattiche gli insegnanti possono, finalmente, riprendere fiato. Comincio a dormire meglio, a non avere continui mal di testa, a non essere costretta, per tutta la giornata, a stare incollata davanti a uno schermo.

Libri e guide didattiche sono da parte e lì rimarranno per molti giorni ancora, necessari a "disintossicarsi" dagli effetti nefasti della didattica a distanza che ha messo a durissima prova l’organizzazione dell’insegnamento.

Penso a Virginia, all’alunna disabile che seguo, e a come, con difficoltà, starà impegnando il suo tempo, al di fuori di quello scolastico. Ma era necessaria una reale interruzione, soprattutto per noi insegnanti, per superare mesi di pesante stress e di costante disorganizzazione, con indicazioni diverse che cambiavano da un giorno all’altro sconvolgendo la didattica che ha bisogno, invece, di una programmazione a lungo termine.

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Assisto, veramente irritata, al solito e inconcludente balletto sui mass-media: apertura al 50% o al 75%, organizzazione dei trasporti, presidi contrari alla riapertura, regioni che agiscono ognuna per conto proprio...

Tutto è il contrario di tutto in un caos senza fine e al limite della sopportazione, in un disordine incontrollato in cui sembrano mancare punti di riferimento ed una considerazione seria per la scuola, per qualcosa di così importante per il futuro del paese e delle nuove generazioni. Una scuola di cui si parla ora con tale frequenza, per la questione pandemica, altrimenti non se ne sarebbe parlato.

Vincenza Amato

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