“STORIA DI STORIE DIVERSE” - XXI

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_18973/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Si affronteranno, inoltre, anche problematiche più generali del sistema scolastico con una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

In questi giorni, preparatori all’inizio del lavoro scolastico, gli insegnanti che hanno concluso il ciclo di scuola primaria vengono assegnati a nuove classi, non necessariamente classi prime: è il Dirigente che decide, è una sua prerogativa assegnare i docenti alle classi.

Sono in attesa di questa comunicazione e di conoscere l’alunno con disabilità che frequenterà la classe in cui mi troverò.

È un passaggio delicato: serve tanto tempo, anche anni, per conoscere un bambino che ha delle difficoltà e per capire come intervenire. L’anno più delicato è proprio il primo anno di scuola primaria, per varie ragioni.

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Il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria è significativo in quanto le attività e l’organizzazione degli spazi sono di tipo diverso: ciò determina delle conseguenze rispetto alla capacità di ogni bambino di interagire e di rispondere alle richieste che gli sono rivolte.

Nella scuola dell’infanzia i bambini, pur seguendo attività programmate, sono liberi e ci sono numerosi momenti dedicati al gioco. Non devono rimanere seduti a lungo e non sono impegnati in attività di letto-scrittura. Se le attività sono più strutturate al massimo si dispongono in cerchio intorno all’insegnante. Negli altri momenti disegnano o colorano schede. Le richieste rivolte sono semplici e anche un bambino che presenta delle difficoltà, a meno che non siano proprio gravi, riesce a soddisfarle nel modo che gli è proprio avendo la consapevolezza di essere parte di un gruppo.

È pur vero che gli elaborati di un bambino con disabilità sono diversi: nel disegno rappresenta con difficoltà la figura umana, nella colorazione non rispetta i margini; tuttavia, il genitore si rende conto che, nonostante le difficoltà, il bambino svolge le attività e non si discosta dal percorso di classe.

Nemmeno il genitore, in molti casi, avrà modo di rendersi conto delle reali difficoltà di suo figlio nel periodo della scuola dell’infanzia.

Nel passaggio alla scuola primaria la situazione muta, a volte drammaticamente. I ritmi di apprendimento della lettura e della scrittura nei primi mesi sono sostenuti anche per gli alunni normodotati: basti dire che è richiesto di leggere e scrivere in tre caratteri diversi (stampatello, script e corsivo).

I bambini con difficoltà, si vede sin dall’inizio, non riescono a reggere questi ritmi e a rispondere a determinati livelli di prestazione. Spesso ci sono difficoltà nella coordinazione oculo-manuale, la motricità fine è impacciata, si ha difficoltà nel tenere in mano la penna correttamente perché non si controlla la prensione: la mancanza di questi prerequisiti non rende questi bambini in grado di scrivere allo stesso modo degli altri.

Anche nella lettura ci sono delle difficoltà, nella acquisizione degli automatismi che quest’abilità richiede: la creazione del continuum fonico, tra lettere e sillabe che, decifrate, si uniscono nella pronuncia della parola.

La non completa e corretta acquisizione delle strumentalità di base crea dei ritardi nello svolgimento delle consegne da parte dei bambini con disabilità: così i genitori cominciano a preoccuparsi e a maturare la consapevolezza delle difficoltà dovute al ritardo mentale. Tanti di loro però, la maggior parte, arrivano a negare il problema e a non desiderare che il percorso di apprendimento sia semplificato per i loro figli.

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Il ruolo dell’insegnante di sostegno è proprio questo: individualizzare, sulla base delle difficoltà dell’alunno, la programmazione di classe. L’alunno deve svolgere le consegne in modo semplificato e ridotto mantenendo, tuttavia, un buon livello di integrazione nel gruppo classe. Ciò vuol dire che mentre in classe si studiano gli Egiziani, ad esempio, anche l’alunno con disabilità li studierà, però su materiali didattici che presentano contenuti più semplici. Ciò che è importante è che i percorsi siano paralleli nelle tempistiche.

Vincenza Amato

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