“NON C’E’ IN PIANETA B”

Le attiviste e gli attivisti italiani svelano il Recovery Plan per fronteggiare il cambiamento climatico

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Fate girare le pale, non fate girare le palle!”, “Non ci fossilizziamo: Rinnoviamo!”, “There is no planet B.”, “Amici amici e poi non usano la bici.”, “System change not Climate change!”, sono alcuni degli slogan, a mio parere, più originali e distintivi che hanno riempito le piazze e le strade delle più grandi città di tutto il mondo, durante le pacifiche manifestazioni dei Fridays For Future (FFF). Credo che tutti ormai sappiamo chi sono e cosa vogliono gli attivisti e le attiviste del movimento per l’ambiente che ha coinvolto l’umanità intera: giovani uomini e giovani donne che pretendono giustizia, soluzioni concrete per fronteggiare l’emergenza climatica e ambientale. Da Torino a Bologna, da Roma a Milano e Genova, il movimento FFF è tornato lo scorso 9 ottobre, con scioperi, presidi e performance in oltre 100 piazze d’Italia. “Non c’è un pianeta B”, intonano ancora una volta i manifestanti e le manifestanti, nel rispetto delle regole contro la diffusione del coronavirus: “La crisi climatica continua a essere ignorata e trascurata dalle persone al potere”, è il grido di allarme che lanciano i giovani attivisti. "Scioperiamo da una giornata di scuola o di lavoro per inchiodare le persone al potere alle loro responsabilità e al loro tradimento. Nessun governo, nemmeno quello italiano, ha ascoltato sul serio gli allarmi che la comunità scientifica ripete da anni".

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Questo decennio è "cruciale: le scelte che facciamo, le politiche che adottiamo sono determinanti per il futuro della nostra e delle prossime generazioni", sostengono parlando dell’urgenza di trovare un percorso sicuro e degli strumenti per agire e contrastare il collasso della nostra Terra. Eppure, nel 2015, 193 Paesi membri dell’ONU si sono ritrovati d’accordo nell’adottare l’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030. Si tratta di un programma promosso dalle Nazioni Uniti che ingloba 17 obiettivi (comuni) per lo sviluppo sostenibile e circa 169 target. Uno sviluppo che non può prescindere dalla salvaguardia ambientale del pianeta, e che fissa al 2030 il raggiungimento degli obiettivi 13, 14 e 15: la riduzione delle emissioni di CO2, la lotta alle deforestazioni e la tutela degli Oceani dall’inquinamento di micro e nano plastiche. Il piano dei giovani studenti e studentesse italiane ispirate da Greta Thunberg, leader ed eco-attivista del movimento, è, comunque, un “Ritorno al futuro” rivolto prima di tutto al governo: il loro personale Recovery Plan consiste nel richiedere un investimento delle risorse sulla transizione ecologica, per bloccare l’avanzamento della crisi ecologica e sociale del nostro tempo.

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Il primo, dei sette punti chiave del piano per la ripresa, è rilanciare l’economia investendo nella riconversione ecologica; il secondo, non per importanza, riaffermare il ruolo pubblico nell’economia; il terzo, invece, è quello di realizzare la giustizia climatica e sociale; il quarto, ripensare il sistema agroalimentare verso un’agricoltura che sia più sostenibile; quinto, tutelare la salute, il territorio e la comunità; sesto, promuovere la democrazia, l’istruzione e la ricerca; settimo, costruire l’Europa della riconversione e dei popoli. “Bisogna correre, e farlo subito: necessario tagliare le nostre emissioni del 12% all’anno -sostengono- per arrivare ad essere a (quasi) emissioni ‘zero’ entro il 2030.” La decisione di scendere in piazza in questo momento delicato, è diretta alla speranza di ottenere un cambio di rotta rispetto alle decisioni che i governi stanno prendendo sugli investimenti degli enormi fondi del Recovery Found, principale strumento comunitario per bilanciare la crisi economica causata dalla pandemia, ed essenziale, adesso, per garantire un eco-futuro al nostro Pianeta.

Nicòl De Giosa

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