WILLIAM APARICIO, L’INCONTRO CON “L’ALTRO”

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Nato e vissuto in Colombia, due anni fa William Aparicio si trasferisce a Milano per lavoro.

Artista di formazione, ha insegnato per un decennio alle Belle Arti di Bogotà, custodendo gelosamente nel suo cuore una passione: la fotografia.

Fin da bambino è stato molto curioso: il suo leitmotiv preferito era “perché questo? perché quello?”.

Ha cominciato a dipingere quando aveva appena dieci anni finché, adulto, decide di frequentare l’Università di Belle Arti.

È stata proprio la curiosità a spingerlo su questa strada: del resto, si sa, sono gli scienziati e gli artisti a porsi le grandi domande esistenziali. Se è vero, tuttavia, che le domande ce le facciamo tutti, ciò che fa la differenza sono le risposte che ci diamo.

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William Aparicio

Navigando sul suo sito Internet scopriamo, a livello artistico, un linguaggio vero, autentico, tutto suo. William comunica con l’arte senza usare linguaggi altrui, sia a livello fotografico che concettuale. Nelle sue foto, in particolare, egli riesce a comunicare il vissuto, l’anima della persona, trasformando un semplice ritratto in un’opera d’arte.

“Sono convinto che il viso della gente abbia una forza particolare perché racconta una storia, ed è questo che mi entusiasma ogni volta che mi accingo a fare uno scatto” - spiega.

Ma come è nato l’amore per la fotografia? È stato amore a prima vista o un lento approccio?

“Il mio primo contatto con la camera oscura risale a quando ero solo un ragazzo, perché mio fratello ne costruì una nel bagno di casa - racconta. È così che sono venuto a contatto con questa magia, innamorandomi subito dell’idea di poter sviluppare da solo il rullino. In seguito, all’università di Belle Arti, ho assistito a qualche corso di fotografia: ne sono rimasto talmente affascinato da specializzarmi in questo campo. Pur amando molto la pittura e il disegno, oggi lavoro come fotografo. La mia ricerca è tutta centrata sull’immagine, un’immagine che ha diverse facce”.

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Alcuni scatti della serie: “Estranei agli angoli delle città” by William Aparicio

Lo esplicita molto bene “Estranei agli angoli delle città“, un progetto durato circa tre anni, che si focalizza sul VOLTO e la sua espressività.

Questi scatti, frutto di incontri casuali nelle strade di Bogotà, trasmettono un’emozione potente, amplificata dal bianco e nero. I tratti di questi volti, molto diversi da quelli a cui siamo abituati, raccontano storie di vita vissuta che scuotono e fanno riflettere. Incontri casuali, dicevo, che non lo sono più dopo lo scatto perché William si ferma a parlare con queste persone, si intrattiene ad ascoltarle, per poter poi trasmettere al pubblico “l’emozione dell’altro”.

A questo punto sorge spontanea una domanda: quali differenze riscontra William tra i volti di Bogotà e quelli di Milano? Ma anche, quali somiglianze li accomunano?

“Sono molto diversi e anche molto simili - spiega - perché tutti raccontano delle storie: è questo che dà forza all’immagine. Ognuno ha la propria propria storia, che può anche assomigliare a quella di un altro, ma ciò che fa la differenza sono i dettagli, i piccoli particolari. Questo vale sia qui che a Bogotà.”

L’emozione è il trait-d’union che accomuna tutti questi volti. Ma per coglierla bisogna osare, bisogna affrontare l’altro ed entrare in empatia con lui. Non c’è spazio per la paura e la prudenza: “A Bogotà - racconta - mi chiedevano spesso se non fosse pericoloso andare in giro con una macchina fotografica parlando con la gente. Invece è proprio questo il bello della fotografia: avvicinarsi all’altro. La stessa cosa l’ho fatta a Milano”.

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Alcuni scatti di “15° di Imprecisione” by William Aparicio

Un altro tema interessante sul quale William lavora da anni, è quello del TEMPO. Questa tematica lo abita profondamente: cos’è il tempo? Come funziona? Come ci si muove all’interno di esso? Tutte domande alle quali, a modo suo, cerca di dare una risposta.

“Il progetto «15° di Imprecisione» è nato perché in fotografia è molto importante porsi quella domanda - spiega. Sembrerebbe un concetto semplice ma in realtà è estremamente complesso. Cos’è il tempo in fotografia? È ciò che ci permette di fermare un’immagine, di fissarla nel tempo. «15° di Imprecisione» è stato realizzato con migliaia di lancette di orologi da polso, che è proprio lo strumento con cui misuriamo il tempo.”

Sembrerebbe quindi che la fotografia abbia il potere di fermare il tempo. In effetti ciascuno di noi ha dei ricordi precisi di alcuni momenti della sua vita, proprio come degli scatti fotografici. Il tempo pare essersi fermato, fissando nella memoria determinati eventi che, eludendo lo spazio-tempo, entrano nell’eternità.

Tuttavia William fa un passo avanti e spiega: “L’intenzione è quella ma credo che nemmeno la fotografia possa fermare il tempo. Se oggi guardo uno scatto di dieci anni fa lo percepisco in un determinato modo, così come percepisco in maniera personale uno scatto recente. Tra qualche anno, però, sia l’uno che l’altro li percepirò in maniera ancora diversa: perché? Perché sono cambiato IO. Io sarò diverso, sarò un’altra persona rispetto a ciò che sono oggi o che ero ieri. Quindi quella di poter fermare il tempo è, in realtà, un’illusione”.

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Alcuni scatti della serie “Runway” by William Aparicio

“Runway” è un altro interessantissimo progetto. La Fashion Week che si tiene ogni anno a Milano è un parterre ricco di spunti e di originalità. Il volto torna ad essere protagonista, ma quanta differenza con i ritratti di Bogotà! Eppure si tratta sempre di volti, storie, vite vissute, inserite in un un contesto diverso - certamente - ma pur sempre storie vere.

L’estrosità la fa da padrona ma William riesce, nonostante il “circo mediatico”, a trasformare questi visi variopinti e a volte shoccanti, in vere e proprie opere d’arte.

Colori, forme, espressioni… è tutto così diverso dagli scatti di Bogotà! Tuttavia, che sia l’espressione del volto in bianco e nero, con le sue rughe e le sue pieghe, piuttosto che l’esuberanza del colore, con i suoi accessori e il suo maquillage, ci troviamo sempre e comunque di fronte a noi stessi, all’immagine di chi siamo o - forse - di chi vorremmo essere. Il ritratto fotografico, alla fine, non è altro che uno specchio, la versione analogica o digitale della nostra essenza, il “luogo” metafisico dove ritrovarci per dialogare con noi stessi.

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L’intervista che segue è stata realizzata da “Tavoli HeArt” per la Social TV della storica Libreria Bocca di Milano, all’interno della splendida cornice di Galleria Vittorio Emanuele II.

La Libreria Bocca dal 1775 è locale Storico d’Italia con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

L’articolo è pubblicato su “International Web Post” che, nella persona del suo fondatore e direttore Attilio Miani, si fa portavoce della partnership tra un magazine di informazione internazionale e una libreria storica unica nel suo genere.

#socialtvlbocca

Dove trovare William Aparicio:

https://williamaparicio.jimdo.com/

https://cajanegra.myportfolio.com/proyecto

https://www.instagram.com/aparissiophoto/

Simona HeArt

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