VENEZUELA, MADURO E GUAIDO’ IN LOTTA PER GLI AIUTI UMANITARI

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Col suo primo provvedimento, Juan Guaidó, il presidente ad interim del Venezuela che ha ottenuto l’appoggio della maggioranza dei Paesi occidentali (ma non dell’Italia), ha assunto i poteri dell’esecutivo e ordinato alle forze armate nazionali di tenere aperte le frontiere e far entrare gli aiuti umanitari.

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Una sfida a Nicolas Maduro, che ha ordinato di bloccarli, chiudendo la frontiera venezuelana con il Brasile. Per adesso il confine con la Colombia resta aperto, anche se gli aiuti non riescono a entrare. Maduro li considera un cavallo di Troia per un intervento militare americano. Il presidente ha anche ordinato la chiusura dei collegamenti via aria e via mare con l’isola olandese di Curacao, il terzo punto di raccolta designato da Guaidó. Esiste dunque il rischio concreto che lo scontro politico-istituzionale tra il discusso presidente Nicolás Maduro e Juan Guaidò possa sfociare in una guerra civile. I prodromi di un conflitto fratricida sono ormai assolutamente evidenti.

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Intanto, nella serata del 21 febbraio Juan Guaidò ha raggiunto la frontiera con la Colombia per accogliere gli aiuti umanitari destinati alla popolazione, immagazzinati nella città colombiana di Cucuta e respinti dal governo ufficiale. L’arrivo di Guaidò è stato confermato da esponenti di spicco dell’opposizione citati dai media, che ricordano come il presidente del parlamento si trovasse a bordo di uno dei tre autobus di deputati partiti nella mattinata di ieri da Caracas verso la città di frontiera di San Cristobal. Con un decreto presidenziale Guaidò ha ribadito l’autorizzazione all’ingresso delle circa 600 tonnellate di aiuti, “in qualità di comandante in capo delle Forze Armate Bolivariane“, ed ordinato “alle diverse componenti di tale forza di agire in conformità con queste istruzioni”. Ieri i militari hanno aperto il fuoco contro un posto di blocco di indigeni Pemon a Gran Sabana, a poca distanza dalla frontiera con il Brasile, uccidendo due persone e ferendone almeno altre 14, tre in maniera grave. Il generale dell’esercito ritenuto responsabile dell’accaduto José Miguel Montoya, riferisce il deputato Americo De Grazia, sarebbe stato “sequestrato” dalla popolazione.

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La popolazione del Venezuela è sempre più sofferente e disperata per la grave e protratta crisi politica ed economica. Il clima di violenza e l’economia in caduta libera del Paese, secondo i dati Onu, hanno causato la fuga di 3,4 milioni di abitanti, ovvero dell’11% della popolazione. Una cifra che a fine 2019 salirà a 5,3 milioni, pari a poco meno del 17%. Manca perfino da mangiare in Venezuela, dove i livelli di malnutrizione negli ultimi due anni, secondo la Fao, sono triplicati. Questo rende la popolazione tanto più vulnerabile sul piano della salute, in un contesto sanitario pubblico crollato, come denunciato di recente dall’organizzazione umanitaria Human Right Watch, che ha registrato un drastico aumento di malattie infettive quali morbillo, malaria, tubercolosi ed aids, a fronte della quasi totale assenza di trattamenti retrovirali. Uno studio del “Lancet Infectious Diseases” sostiene che sia in corso “un’emergenza per le malattie infettive portate dagli insetti, che, se non si interviene rischia di far perdere vent’anni di progressi del Paese”. L’Unicef inoltre denuncia che i casi di morbillo hanno superato nel 2018 la cifra di 5.500, otto volte superiori al 2017 mentre i casi confermati di difterite, in gran parte tra i bambini, sono saliti a 1250, a causa di un’epidemia iniziata nel 2016.

Mary Divella

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