VAL D’AOSTA

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La più piccola regione italiana, la Val d’Aosta, conserva insediamenti risalenti al IV milennio a.C. Il suo capoluogo è Aosta, denominata, al tempo degli antichi romani, Augusta Praetoria Salassorum, dal nome dei Salassi, le popolazioni qui stanziate. Entrando in città ci si deve dirigere verso l’area archeologica romana, dove si mostrano imponenti i ruderi del Teatro Romano,del I secolo d.c., con le rovine della facciata dalle arcate sovrapposte alte 22 metri. Dando le spalle alla Torre dei Signori, e dirigendosi verso il fiume, sorvegliato dal monumentale Arco di Augusto, si raggiunge il complesso di Sant’Orso, al cui interno sono ricompresi il campanile medievale, il chiostro del XII secolo, la chiesa Collegiata, realizzata anche essa nel XII secolo su un’area dove era situata una necropoli romana. La parte più antica della Collegiata è la cripta, dove si può ammirare un passaggio, un cunicolo tra altare e pavimento. Esso serviva alla pratica del Musset, dove si svolgeva una processione di sole donne, che traversando quella apertura quasi strisciando a terra, emergevano dall’alta parte in un propiziatorio rito di fertilità. E al di sopra della cripta invece si può notare un manufatto che in Italia e nel mondo continua a conservare il suo enigmatico fascino, un Sator. In questo caso il quadrato magico è inserito in un mosaico formato da tessere bianche e nere, disposto secondo i punti cardinali. Usciti dalla Collegiata, dopo aver ammirato dipinti ed aver scorto tracce di elementi alchemici nascosti nelle losanghe del pavimento, ci si trova davanti un Tiglio, che leggenda vuole piantato intorno al 1530, celebrato dagli antichi celti come albero femminile simbolo dell’amore coniugale.

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Tornando verso il Teatro Romano, ed oltrepassandolo, si arriva alla Cattedrale di Aosta, un edificio che sorge sopra una antica basilica paleocristiana, risalente al IV secolo, e proprio all’ingresso di questa chiesa si trova un vetro sul pavimento, da cui si può ammirare il battistero ottagonale dell’epoca. All’esterno della Cattedrale invece si sviluppa un suggestivo criptoportico, con i pilastri in travertino, che comunica direttamente con il battistero della Cattedrale stessa. Andando in direzione della periferia cittadina, nel quartiere di Saint-Martin de Corleans, si potrà visitare un’are megalitica di notevole importanza, costituita da dolmen e menhir risalenti all’età del bronzo. Un mistero legato a questo luogo è dato dalla provenienza della roccia usata per realizzare le strutture qui presenti, poichè non originaria della zona.

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Per visitare uno dei tanti castelli presenti nella valle, non si potrà non scegliere quello di Issogne, distante circa 30 kilometri dal capoluogo. Qui si trova una fontana ottagonale che riporta diverse messaggi simbolici, come la forma appunto, che rimanda alla risurrezione, ed una scultura in ferro battuto al centro della fontana stessa, a forma di melograno, connesso alla fecondità.

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Gli affreschi del castello invece rimandano ai processi di trasmutazione alchemica, mentre lungo la scala a chiocciola di fattura rinascimentale, di congiungimento all’ala orientale del castello, è tracciato, in verticale, un Sator. A La Thuile, ultimo comune italiano prima del Passo del San Bernardo, si trova il famoso Cerchio di Annibale, ossia un cerchio megalitico risalente all’età del bronzo, composto da 46 massi allungati, e che secondo le recenti interpretazioni potrebbe essere un primitivo osservatorio astronomico, una Stonehenge italiana. Per una esperienza particolare infine, non si può non citare il castello di Fènis, dove sono stati uditi lamenti spettrali, rumori di catene, e dove è stato avvistato il fantasma di un bambino, la cui storia si tinge di macabro. Si dice che non si tratti di uno spirito violento ma solo dispettoso, e che si aggiri nelle cucine. Prima di lasciare questa valle, vale la pena di ricordare l’usanza dei valdostani di bere, in determinate occasioni, da un unico calice, denominato “grolla”, che è una variante appunto del termine latino “gradalis” o “cratalis”, da cui deriverebbe il termine “graal”, la coppa dell’Ultima Cena passata dalle mani di Gesù a quelle degli apostoli. Le tracce del mistero sono tante nella nostra penisola, e se è impossibile trovarle tutte, vale la pena di osservare quelle note.

Paolo Varese

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