USA 2020, DIBATTITI TRA I CANDIDATI DEMOCRATICI
ELEZIONI: I TESTA A TESTA SI FANNO SEMPRE PIÙ INTENSI
In tutto il caos che, in questi giorni, sta imperversando in giro per il mondo, vi sono ancora dei “panni sporchi” (ça va sans dire) che devono essere lavati in casa. O in televisione, perché no. Il settimo confronto tra i candidati democratici alla Casa Bianca ha preso una piega inaspettata, che ha traslato alcuni aspetti dello scontro sul piano personale.
In particolare, i riflettori si sono accesi su Elizabeth Warren e Bernie Sanders: i due si contendono il sostegno del liberal e alla fine, più o meno simbolicamente, non si sono stretti la mano nonostante amici di vecchia data. Non starà per caso prevalendo l’opinabile assunto secondo cui “in guerra tutto è lecito”?
Il pomo della discordia è rappresentato da delle presunte frasi attribuite al senatore del Vermont: l’uomo pare aver detto che una donna non riuscirebbe mai a vincere la presidenza di novembre. Ebbene, Warren ha ribadito l’accusa e ha anche rivendicato il trionfo in ogni singola edizione alla quale ha partecipato. “Complessivamente le due donne tra i sei sfidanti sul palco di Des Moines hanno perso 10 elezioni” osserva la donna, riferendosi ai colleghi uomini e plaudendo non solo a se stessa ma anche ad Amy Klobuchar. La contro-risposta è stata, secondo Sanders, che non è possibile attribuirgli un pensiero del genere in virtù del fatto che Hillary Clinton nel 2016 ha ottenuto la maggioranza del voto popolare.
La questione, com’era abbastanza prevedibile, si sposta sul punto focale di questi ultimi tempi: le tensioni con l’Iran. La domanda più importante verteva sulla possibilità di ritirare le truppe statunitensi. Glissando, a dirla tutta, sulla certa fattibilità o meno dell’operazione, la risposta è stata pressoché unanime: “bisogna evitare guerre senza fine”.
Anche qui non sono mancati attacchi frontali, uno su tutti quello di Sanders (praticamente il più accesso del confronto) a Biden: il primo ha rimarcato il favore del secondo alla guerra in Iraq nel 2002, ricevendo come controbattuta la consapevolezza dell’ex vice presidente di essere il candidato più qualificato a gestire una crisi geopolitica. “Con la mia esperienza come numero due di Barack Obama sono più preparato di chiunque sul palco”.
Il pubblico sembra concordare, per il momento: Biden si conferma in testa nei sondaggi, con Sanders a mordergli le caviglie; seguono, tenendo il fiato sul collo al duo, Warren e Buttiegie (sia nell’Iowa che nel New Hampshire). Soprattutto quello dell’Iowa, essendo la bandiera del via alle primarie, è tenuto particolarmente in considerazione: è un indicatore cruciale sui candidati in pole position per la nomination al Partito Democratico.
Infine, un dato statistico: dal 2000 in poi ogni sfidante democratico che è arrivato primo nell’Iowa (incluso Barack Obama) si è poi aggiudicato la nomination. Se questo dovesse essere ancora una volta confermato, si potrebbe avere già un’idea più chiara sul favorito allo Studio Ovale.
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