USA-IRAN: PRONTI NEGOZIATI MENTRE INCOMBE CYBERGUERRA

Dopo i missili arrivano gli attacchi hacker; a rischio settori di finanze, energie e trasporti

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L’escalation militare tra le due potenze sembra andare scemando con il passare delle ore, per lasciare spazio ai giochi diplomatici in seno all’ONU. Gli Stati Uniti sono "pronti a impegnarsi senza precondizioni in seri negoziati" con l’Iran: lo afferma, secondo quanto riporta la Bbc online, l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Kelly Craft, in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza ONU. L’obiettivo degli Usa, ha sottolineato Craft, è "prevenire ulteriori rischi per la pace e la sicurezza internazionali o l’escalation da parte del regime iraniano". E dopo gli innumerevoli inviti al dialogo da parte di tanti leder internazionali, anche il premier Giuseppe Conte, a quanto si apprende, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Hassan Rohani, mentre dall’altra sponda dell’Atlantico si cerca di arginare il “potere di guerra” del presidente Trump. "Mi auguro che tutti i repubblicani alla Camera voteranno contro la risoluzione sui poteri di guerra della ’Crazy’ Nancy Pelosi", scrive il presidente americano su Twitter dando della pazza alla speaker della Camera e parlando di "un’altra truffa dei democratici, un’altra molestia al presidente". Tra gli alleati, gli europei sembrano essere i più freddi rispetto alle intenzioni americane. L’Arabia Saudita ha denunciato "le violazioni iraniane della sovranità dell’Iraq" in un comunicato del suo ministero degli Esteri. "Il Regno denuncia e condanna le violazioni iraniane della sovranità irachena", si afferma nella nota pubblicata dall’agenzia ufficiale SPA, con riferimento all’attacco missilistico iraniano di ieri contro le basi irachene che ospitano i soldati americani. Sono cinque le zone colpite e distrutte nella base area irachena al-Asad dai missili iraniani, come rappresaglia per l’omicidio del generale Qasem Soleimani: lo mostrano chiaramente le immagini scattate dal satellite SkySat dell’azienda Planet Labs. Rappresaglia che è servita a dar sfogo ai sentimenti di piazza, più che a testare le reali forze militari.

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Ma a preoccupare è la nuova guerra fredda in atto. La banca iraniana Sepah ieri è stata sotto attacco per diverse ore. A causa di un DDoS, un attacco da negazione di servizio condotto per far collassare il sito web bersaglio di innumerevoli richieste di accesso da parte di un’orda di computer zombie, una botnet, precedentemente infettati e comandati da remoto. Autore dell’attacco sarebbe il gruppo Prizraky, che dalle verifiche di Repubblica rimanda a un sedicenne brasiliano pro-Trump che in chat ha dichiarato di essere un simpatizzante del presidente Bolsonaro e che con questa sua azione ha voluto dimostrare che "se gli americani devono temere attacchi dall’Iran, anche l’Iran deve temere attacchi cibernetici nei suoi confronti". L’attacco alla banca non è l’unico segnale delle attese schermaglie cibernetiche temute dal Dipartimento per la sicurezza nazionale Usa – tramite l’Agenzia per la protezione delle reti e delle infrastrutture Cisa, il Dipartimento aveva avvertito di mettere in sicurezza dati, reti e sistemi proprio il giorno della Befana per il pericolo di potenziali attacchi alle infrastrutture fisiche e digitali provenienti dall’Iran.

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Gli analisti concordano tutti che l’Iran non abbia le capacità offensive di Russia e Cina, e che una guerra aperta nel cyberspace vedrebbe gli iraniani soccombere, come era già successo con Stuxnet, il virus israelo-americano usato per bloccare le centrifughe per l’arrichimento dell’uranio nel 2010 e pure pochi mesi fa quando gli Usa avevano attaccato i sistemi di gestione dei droni iraniani. Ma, come ricorda il DHS, nel passato gli hacker di stato iraniani avevano colpito duro, mettendo fuori servizio 30mila stazioni di benzina della Saudi-Aramco; cancellato i dati del casinò Sands di Las Vegas, e attaccato con successo il Nasdaq e il settore bancario Usa e circa 100 università. In un caso erano riusciti a penetrare nel sistema di gestione della diga di New York, il cui colpevole, iraniano, è stato processato. Timori alti, quindi, non più per missili e raid aerei, ma per quello che potrebbe accadere “nei settori della difesa, della finanza, dell’energia e dei trasporti” perché i cybergruppi iraniani potrebbero “usare i network che hanno già compromesso durante attività spionistiche per realizzare nuovi attacchi” sia contro bersagli americani che alleati.

Lorenzo Pisicoli

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