USA, L’ORA DELLE CONVENTION

Il duello tra i partiti di Biden e Trump si terrà in forma virtuale

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Come nei migliori serial, prima di procedere con il nuovo episodio, è utile un ripasso di quanto avvenuto in precedenza. Le elezioni presidenziali degli Stati Uniti stanno raggiungendo il loro climax, dopo che il duello tra Joe Biden (candidato del Partito Democratico) e Donald Trump (Partito Repubblicano e presidente uscente) continua senza esclusione di colpi. È arrivata l’ora delle convention, ovvero del congresso politico che elegge ufficialmente i rappresentati dei due partiti. Mai come quest’anno si tratta di pura formalità, dato che i due nomi erano già conosciuti in quanto candidati in pectore (ovvero designato vincitore della convention in seguito al ritiro degli sfidanti). Le convention sono una tappa fondamentale, delle vere e proprie sliding doors, poiché ufficializzano anche i candidati alla vice presidenza: ha suscitato un certo clamore l’annuncio di Kamala Harris come possibile vicepresidentessa per i Democratici, dopo che la stessa si era ritirata dalla corsa elettorale.

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Fine del riepilogo. Tempo di novità per le cinquantaquattresime elezioni presidenziali, vedasi alla voce “pandemia da CoViD-19”: le convention si terranno online. Si assisterà, dunque, da remoto alla consacrazione del tandem Biden-Harris e ai comizi di Trump. Nel primo giorno dei congressi il tycoon ha parlato alla città di Milwaukee, Wisconsin. L’altra data in programma è quella di dopodomani, la città designata Scranton, in Pennsylvania: nel mentre, si parla di poche ore prima, Biden lascerà le vesti di candidato democratico in pectore per cucirsi l’abito ufficiale, quello delle grandi occasioni. E grande occasione sarà, se si considera che i due avranno su di loro l’occhio dell’ex capo di Stato Barack Obama e della consorte nonché ex first lady Michelle.

Gli errori concessi, di qui al 3 novembre, sono pochi: l’ultimo sondaggio della CNN rivela che la forbice tra i pretendenti allo Studio Ovale si è assottigliata. Le percentuali sono ora così suddivise: 50% per Biden e 46% per Trump, con il restante 4% derubricato a margine di errore insito nel sondaggio. Inoltre il 53% degli elettori si dice “estremamente entusiasta di votare”, ed è il livello più alto mai registrato da quando la CNN effettua questi sondaggi (2003). Se si sommano i “molto entusiasti” (scendendo quindi in un eventuale “termometro” della passione) si raggiunge addirittura al 72%, di cui risalta una maggioranza a favore di Biden (53% di intenzione di voto). La distanza è giustificabile se si fa riferimento ai 15 stati aventi un maggiore peso nel Collegio elettorale: in essi, stando sempre al sondaggio, Biden è sostenuto dal 49% degli elettori mentre Trump dal 48%. Altra piccola chicca statistica, sempre targata CNN: il 54% si trova in disaccordo con il modus operandi di Trump come Presidente, mentre il 42% non ha nulla da obiettare.

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L’emergenza coronavirus ha portato al pettine tutti i nodi, mostrando le reali capacità dei politici statunitensi di fronteggiare situazioni di crisi. I numeri sono lì a dimostrarlo, a maggior ragione quando si prende in esame un (eventuale, nel caso di The Donald) secondo mandato: la rielezione è una prova di fiducia, concentrata sulla bontà del percorso intrapreso nei primi quattro anni alla Casa Bianca. In tal caso Trump sembra aver recuperato terreno ma non abbastanza, come suggeriscono i dati snocciolati dall’AGI: la situazione (benché tornata sui livelli raggiunti prima dello scoppio del Sars-Cov-2) è tra le peggiori, solo in due hanno ritenuto risultati meno felici. In particolare trattasi di George Bush sr. (35% di approvazione) e Jimmy Carter (33%), mentre in quattro sono andati meglio: Ronald Raegan (54%), Bill Clinton (53%), George Bush jr. (49%) e Barack Obama (48%). Chiosa finale su Kamala Harris: pareri favorevoli pari al 41% (dall’iniziale 32%) contro il 38% di opinioni contrarie.

Francesco Bulzis

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