UN PREZIOSO E INQUIETANTE STEREOGRAMMA (1 parte)

La musica del caso di Paul Auster

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“Per me la più piccola parola è circondata da acri ed acri di silenzio, e perfino quando riesco a fissare quella parola sulla pagina mi sembra della stessa natura di un miraggio, un granello di dubbio che scintilla nella sabbia.”

(Paul Auster, Leviatano)

cms_19304/1v.jpg“Tutti sappiamo che la vita dipende da avvenimenti inaspettati. Può finire da un momento all’altro e non sai cosa succederà tra un attimo. A volte succedono cose bellissime, altre volte terribili [...]

Noi umani abbiamo desideri, volontà, formuliamo pensieri sul futuro. Quello che è interessante, però, nella vita, è il fatto che siamo tutti capaci di fare dei piani per il domani, ma poi arriva l’inaspettato e interferisce coi nostri progetti. E, nonostante le nostre capacità decisionali, eccoci a dover fare i conti con l’imprevisto [...].

(Intervista a Paul Auster di Maria Serena Palieri, Lessico dell’imprevisto, ne “l’Unità”, 25 luglio 2004)

cms_19304/3.jpgPaul Auster consacrato tra i più promettenti autori contemporanei dalla sua celeberrima Trilogia dedicata alla città di New York (City of glass, 1985; Ghosts, 1986, e The locked room, 1987), romanziere, poeta (Disappearances. Selected Poems, 1988; Ground Work. Selected Poems and Essays, 1970-1979; Affrontare la musica - Collected Poems - 2004), saggista (L’invenzione della solitudine, 1982; Esperimento di verità, 1992; L’arte della fame del 1992; Il taccuino rosso, 1993-1995, Sbarcare il lunario del 1997, Una menzogna quasi vera del 1998, Ho pensato che mio padre fosse Dio del 2001, Le trame della scrittura 2005, Diario d’inverno 2012; Qui e ora. Lettere 2008-2011, 2013; Notizie dall’interno 2013), sceneggiatore e regista (Smoke, regia di Wayne Wang del 1995; Blue in the Face, regia di Wayne Wang e Paul Auster del 1995; Lulu on the Bridge, del 1998; The inner life of Martin Frostdel 2007), attore (in The Music of Chance, regia di Philip Haas del 1993) e produttore cinematografico, sposato con due scrittrici, prima Lydia Davis e poi Siri Hustvedt, rappresenta a buon diritto uno dei nomi più prestigiosi della letteratura statunitense contemporanea e mondiale.

Acquisendo uno spazio importante grazie a pubblico e critica, Auster raccoglie prestigiosi riconoscimenti letterari, cinematografici e onorificenze, e la sua attività letteraria è anche confluita nell’impegno civile e politico.

La sua scrittura, che si può ricondurre nell’ambito di quel movimento letterario (trasversale a filosofia, arti, architettura critica) del postmodernismo, fa emergere, grazie alla sua incisività e assenza di remore e alla sua abilissima capacità introspettiva ed esploratrice, l’identità umana, le angosce esistenziali, le nevrosi, i fallimenti e le solitudini dell’uomo contemporaneo, senza né aspettative né speranze, in un mondo incomprensibile, ove tutto appare spesso condotto dal caso, dal destino, dalle coincidenze, incoerenze e contraddizioni (come per l’appunto nel suo romanzo, La musica del caso, come vedremo più avanti), e dove si intrecciano romanzo poliziesco ed esistenzialismo, psicoanalisi e post-strutturalismo (influenza di Jacques Lacan), trascendentalismo (influenze da Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson).

La sua molteplice e variegata attività letteraria e anche cinematografica, risente tra gli altri autori, di modelli quali Franz Kafka, Samuel Beckett, Edgar Allan Poe, Herman Melville, Miguel de Cervantes, Kurt Vonnegut, Albert Camus, ma anche della letteratura italiana, come apprendiamo, ad esempio, da un’intervista rilasciata a Pordenone nel 2009 (rinvenibile su YouTube), ove lo scopriamo grande appassionato e competente della nostra letteratura.

Durante tale evento, pur ammettendo di lasciar fuori vari di nomi, ma facendo del suo meglio per ricordarne il più possibile, Auster nomina tra gli italiani grandissimi poeti (Petrarca, Dante, Cavalcanti, Leopardi, Ungaretti e Montale) e romanzieri (Svevo, Calvino, Umberto, Eco – soprattutto per i suoi saggi -, Carlo Emilio Gadda, Tabucchi), menzionando anche Tommaso Landolfi (in particolare con il suo La moglie di Gogol).

Scrittore, poeta, traduttore, saggista e glottoteta italiano, Tommaso Landolfi infatti ha uno spazio, raffinato e tutto suo nella letteratura novecentesca, anche se non è molto conosciuto a livello di lettori, ed è stato anche trascurato da una parte della critica letteraria (ma non da Umberto Eco, Wolfgang Iser, Hans-Georg Gadamer, Edoardo Sanguineti, Italo Calvino, Carlo Bo, Pietro Citati, Walter Pedullà, Antonio Prete, Harold Bloom, Susan Sontag, per fare alcuni nomi): ciò sia a motivo del suo distacco rispetto alle tendenze letterarie italiane e della sua critica di stampo aristocratico e conservatore (e non impegnata) rispetto alla moderna società dei consumi, come pure per la notevole ricercatezza (e abilità nella manipolazione, con lo suo stile per certi versi sperimentale e barocco) della lingua e della sua poetica riconducibile in certo qual modo nell’ambito del surrealismo. Emblematico l’oggetto della sua laurea (nel 1932) in lingua e letteratura russa presso l’Università di Firenze, con una tesi sulla grande poetessa russa Anna Achmatova.

Opere di Paul Auster, quali la richiamata Trilogia di New York (1987), Moon Palace (1989), La musica del caso (1990), Leviatano (1992) Mr. Vertigo (1994) Il libro delle illusioni (2002), Follie di Brooklyn (2005), Viaggi nello scriptorium (2007), Invisibile (2009) Sunset Park (2010), possono sicuramente annoverarsi tra i capolavori letterari.

(continua)

Fabrizio Oddi

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