UN APPELLO ALLA SALVEZZA DEL VITTORIO VENETO NON DISDEGNA SERVIRSI ANCHE DI SANREMO 2019
Non mi bastava vedere il Vittorio Veneto, da lontano, in quel suo elegante slancio da star di una più unica che rara cartolina in cui, “SENZA FARLO APPOSTA”, appare quale fascinoso ornamento di un azzurro mare Jonio specchiato. Ho voluto guardare da vicino questo amatissimo Incrociatore, perché mi ispirasse “PAROLE NUOVE” per lottare contro l’infausto volerlo destinare ad una fine, per cui non resterebbe da dedicargli altro che lontani ricordi misti ad indignazione e cordoglio, come un funèreo bouquet di “ROSE VIOLA”.
Anche se ho trovato il suo smalto appannato dall’insulto del tempo, l’Incrociatore mi si è mostrato pur sempre superbo trofeo, emblematico “UN PO’ COME LA VITA” che, inducendo “LE NOSTRE ANIME DI NOTTE” ad anelare sempre “L’ALTRA LUCE”, non può tramontare come fosse “SOLO UNA CANZONE”; ma, attraverso l’anima, è “MUSICA CHE RESTA”.
Così, anche nel tentare di emarginarlo nel buio dell’oblio, il Vittorio Veneto trasuda quel coacervo di anime di Marinai che non transigono nel deplorare un mercanteggiarne la salvezza; mentre, con una intramontabile nostalgia, continuano a professargli “L’AMORE E’ UNA DITTATURA” nel riportare, intatto, “IL PESO DEL CORAGGIO” di ognuno che, a bordo, è stato solidale con i propri compagni e, soprattutto governando i marosi, nell’assicurarsi che “I RAGAZZI STANNO BENE”, si ricordava di se stesso in un fuggevole “MI SENTO BENE”. Sull’onda di questa eco di un’anima mai spenta; proprio mentre, a malincuore, stavo volgendo i miei passi, l’indomito Scafo è sembrato volermi trattenere con le corde dell’emozione e, quasi aggrappandosi ad un suono, che non poteva essere più quello “ARGENTO VIVO” della sua Campana strappatagli via per ancor più adornare un già prestigioso sito, mi ha allertata con l’improvviso cupo stridio, forse di legami all’ormeggio, come se fosse stato il recalcitrare di un destriero di razza. Nonostante la mia ostinata razionalità, ho dovuto fermarmi, colpita da quel quasi richiamo “ABBI CURA DI ME” che, se mai fosse stato possibile comunicare come con un essere senziente da rassicurare circa il già intrapreso cammino nel rivendicarne giustizia, avrebbe innescato un inevitabile cercare di dare conforto nei termini seguenti: “So già ‘COSA TI ASPETTI DA ME’, come da tutti gli altri che dimostrano ‘DOV’E’ L’ITALIA’, quella che non dissacra un suo significativo Bene Culturale Storico e non vuole che, a tramandarne la memoria, ci pensi, magari, un futuro cinematografaro ‘NONNO HOLLYWOOD’ “. Come me, che “ASPETTO CHE TORNI” il buonsenso di restituirti tutto il valore nel cui inconfutabile segno sei nato e vissuto; tanti, ormai migliaia, si contrappongono all’ignominia di quel tuo sacrificio in una fonderia, per te estrema “croce” dopo che “I TUOI PARTICOLARI” siano stati smembrati, con il residuato di qualche feticcio come ornamento altrove; mentre, un eventuale lucro, “PER UN MILIONE” o molto più, equivarrebbe sempre soltanto a quei 30 “SOLDI”, prezzo del tradimento degli ideali riposti da generazioni che continuano a tributarti immutati sensi di Rispetto Ammirazione e Orgoglio.
Una replica, altrettanto immaginaria, avrebbe potuto essere nel senso: “’MI FARO’ TROVARE PRONTO’ sfidando anche ‘L’ULTIMO OSTACOLO’!”; tanto implicitamente palpabile, e non altrimenti interpretabile, proprio in quel mostrarsi, il Vittorio Veneto, con il suo immutato speciale carisma di intramontabile emerita Ammiraglia della nostra Flotta. D’altra parte, da quello stesso inconfutabile fascino fui conquistata quando, vent’anni fa, non ragionando come “LA RAGAZZA CON IL CUORE DI LATTA” incline solo all’apparenza; nell’apprestarmi a salire a bordo del Vittorio Veneto, non potei fare a meno di pensare che ero davanti a molto più di una impareggiabile “ROLLS ROYCE” della Marina Italiana cui, come all’Italia tutta, faceva capo il sentirsene onorata; previo l’onere di onorarla sempre, per non incorrere nella peggiore onta, del male ripagarla, dopo averne tratto solo onore e vanto.
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