TURCHIA: GIORNALISTI IN RIVOLTA CONTRO ERDOGAN
Approvata una legge che limita la libertà di espressione e prevede il carcere per chi diffonde fake news
In Turchia il parlamento ha approvato una nuova legge che limita la libertà di espressione nei mass media, nei social network e nelle testate giornalistiche. È quanto emerso dalle recenti proteste degli intellettuali, capeggiati dal Premio Nobel Orhan Pamuk, che si è scagliato contro questo provvedimento limitativo della libertà di espressione e approvato grazie ai voti favorevoli del partito Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan e del partito alleato Mhp.
Analizzando nel dettaglio la legge, si apprende che essa è composta da 40 articoli che modificano le regole in auge sulle piattaforme social, su Internet e alcuni articoli del codice penale.
Sarà prevista la possibilità di essere accusati di diffondere fake news con la conseguenza di essere sottoposti a misure restrittive della libertà personale che vanno da uno a tre anni di carcere, con aumenti della pena della metà nel caso in cui gli articoli giornalistici non siano firmati. Inoltre, i soggetti che diffonderanno notizie false in tema di politica estera o interna e salute saranno soggetti a pene fino a tre anni di reclusione.
Tale provvedimento è stato criticato aspramente dalle associazioni internazionali come Amnesty International e da altre organizzazioni in seno alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa.
Dopo che Facebook e Twitter sono stati costretti nel 2020 ad aprire in Turchia una sede fisica, con la nuova legge anche WhatsApp e Telegram, per poter essere accessibili agli utenti turchi e non avere una limitazione di banda, dovranno adeguarsi alle nuove direttive, pena multe fino a mezzo milione di euro.
Tali restrizioni e obblighi sono giustificati dalla volontà da parte del governo di avere un accesso più veloce e agevolato ai dati sensibili degli utenti in modo tale da poter intervenire subito in caso di diffusione di fake news.
I dubbi sull’approvazione di questa legge aleggiano sulle testate giornalistiche in quanto tra qualche mese si terranno le elezioni presidenziali e in molti pensano che questi provvedimenti servano esclusivamente a limitare gli attacchi durante la campagna elettorale. Il premio Nobel Orhan Pamuk ha dichiarato: “Come autori e scrittori ci schieriamo contro una legge che fa precipitare il nostro Paese nell’oscurità. Possa la verità del popolo prevalere sulle menzogne dei tiranni. Non rimarremo in silenzio”.
Nel frattempo, si diffondono i timori e le paure di ciò che potrà accadere. La stessa portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite, Marta Hurtado, ha affermato: “La libertà di espressione non è limitata alle informazioni certe, ma si applica a informazioni e idee di ogni tipo. Restrizioni a questa libertà devono essere affrontate ed eliminate”. Queste dichiarazioni sono state subito prese come punto di riferimento per l’inizio di una nuova e lunga battaglia in Turchia da parte del partito di opposizione, i repubblicani del Chp, che prima con la presentazione di emendamenti alla legge ed ora con un ricorso alla Corte costituzionale stanno provando a combattere il terrore del regime di Erdogan.
Il presidente turco, dal canto suo, ha ribadito la volontà di portare avanti il provvedimento esprimendosi in questi termini: “La nuova legge era una necessità impellente per garantire pace e sicurezza per i cittadini turchi anche nella sfera dei social media. Combatterà la menzogna e la diffamazione che colpisce la Turchia”.
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