TURCHIA, SOLYU SI DIMETTE

Ma Erdogan respinge e mantiene in vigore il coprifuoco

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Un’altra testa che ha rischiato di cadere e invece rimane al suo posto, più nolente che volente. Le dimissioni, questa volta (dopo l’Australia), toccano la Turchia, e in particolare il suo ministro dell’Interno Suleyman Soylu. Il motivo? L’annuncio del coprifuoco di 48 ore imposto lo scorso fine settimana. Il risultato? Respinte. “Continuerà a svolgere la sua funzione” ha dichiarato Erdogan, che era venuto a conoscenza dell’aspra decisione tramite tweet. “Tutta la responsabilità per l’introduzione del coprifuoco al fine di prevenire lo sviluppo della pandemia ricade su di me. – aveva spiegato Soylu sul suo profilo – Questo non avrebbe dovuto portare a ciò cui abbiamo assistito. Non volevo provocare danni. Mi dimetto dalla posizione che ho ricoperto nel Ministero degli Affari Interni”.

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Come mai la notizia ha fatto il giro del Paese? Probabilmente per via della carriera di tutto rispetto di Suleyman Soylu. Classe 1969, è stato Capo del Partito Democratico nel biennio 2008-2009; poi, a partire dal 2015 e fino al 2018, ha ricoperto anche le cariche di Membro della Grande Assemblea Nazionale, Vicecapo del Partito della giustizia e dello sviluppo e anche Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Infine, ovviamente, Ministro degli Interni. È noto per il suo stile deciso, soprattutto quando accusa l’opposizione di “schierarsi con i terroristi” e impone misure restrittive ai comuni controllati dagli oppositori. La sua nomina a Ministro degli Interni, avvenuta dopo la vittoria elettorale di Erdogan nel 2018, è stata accolta con pesanti proteste dai parlamentari della suddetta opposizione.

Opposizione che non si è fatta sfuggire l’occasione di contestare il coprifuoco: questa misura ha vietato di uscire, tra sabato e domenica, da 31 province - tra cui quelle di Istanbul, Ankara e Antalya - con lo scopo di contenere la diffusione del virus. La critica verteva principalmente sul fatto che il coprifuoco era stato annunciato due ore prima che entrasse in vigore, scatenando il panico nella popolazione: i turchi hanno dato vita a un’ondata di assembramenti e assalti ai supermercati, moltiplicando il rischio di contagi. Erdogan, dal canto suo, non ha voluto privarsi di un collaboratore che ha sempre ritenuto valido, decidendo di tenerlo lì al suo fianco.

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Chiudiamo facendo cenno ai numeri del coronavirus in Turchia: si parla di più di 57 mila casi, oltre 1200 morti e più di 376 mila tamponi effettuati. Cifre che giustificano certamente provvedimenti di lockdown, come quelli assunti in gran parte del mondo.

Francesco Bulzis

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