TUNISIA: BRACCIO DI FERRO TRA LA DEMOCRAZIA E SAIED KAIS

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Il fenomeno della democratizzazione in Medio Oriente e Nord Africa non significa necessariamente più diritti e libertà, ma continua ad essere ancora oggi un vero “risveglio islamico”.

Nessuno poteva prevedere che la Tunisia sarebbe stato il primo Paese in cui gli episodi di protesta avrebbero trovato sfogo in un movimento in grado di far cadere il governo, dando vita alla cosiddetta Rivoluzione dei Gelsomini.

Ed ecco che dopo undici anni il popolo tunisino scende, ancora una volta, in piazza per opporsi alle misure straordinarie adottate dall’attuale presidente, Kais Said, in vigore dal 25 luglio del 2021.

I tunisini manifestanti chiedono il ritorno al percorso di transizione democratica iniziato con il gesto di protesta di un venditore ambulante, il quale il 17 dicembre 2010 si è dato fuoco a Sidi Bouzid, una città nel centro della Tunisia. Il giovane ha fatto questo gesto per protestare contro il regime dell’allora presidente Ben Ali. Da quel momento ci furono numerose manifestazioni e ribellioni con l’intenzione di porre fine a un regime corrotto, che in trent’anni di potere non aveva fatto nulla per migliorare le condizioni del suo popolo.

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La transizione inizia con il riconoscimento dei diritti civili e politici alla base di ogni ordine democratico e si conclude quando emerge con chiarezza la possibilità concreta di instaurare una democrazia, a seguito delle prime elezioni libere, competitive ed eque tenutesi nel Paese.

Le elezioni parlamentari in Tunisia, tenutesi nell’ottobre 2011, sono state le prime elezioni libere dalla conquista dell’indipendenza e le prime organizzate in Medio Oriente e Nord Africa dopo la Primavera Araba.

Il periodo di transizione si può allora dire concluso quando un governo, a seguito di elezioni libere e trasparenti, viene costituito. Così è successo in Tunisia: è stato riconosciuto il diritto di associarsi liberamente nella sfera sociale e politica, è stata varata una nuova Costituzione e sono stati eletti un Parlamento e un Presidente della Repubblica in un clima di sana competizione politica.

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In un periodo in cui l’instabilità della regione MENA sembra aver diffuso un generale pessimismo sulla possibilità di realizzare le speranze nate durante “la primavera”, la transizione tunisina sembra aver mandato segnali positivi sul futuro del Paese, anche se, da luglio 2021, sembra quasi che la Tunisia stia ritornando ad essere un regime totalitario.

Con il susseguirsi di numerose crisi politiche, il capo di Stato ha sciolto il governo e sospeso il Parlamento apportando tagli e pulizie interne degli apparati statali, concentrando su di sé i poteri esecutivi e dichiarando che questa situazione resterà in atto fino al 17 dicembre del 2022.

Marlen Cirignaco

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