TRIESTE, SERVE UN SISTEMA PORTUALE CON AMPLIATI COLLEGAMENTI VERSO IL CUORE DELL’EUROPA

Così la città pensa anche alla Via della Seta

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In questo momento storico, in cui viviamo la contraddizione di volerci aprire ad una globalità che elimini le disuguaglianze, pur sentendo il bisogno di tutelarci da ciò che è sempre stato altro da noi, i porti hanno un ruolo geopolitico che, attualmente come mai prima, può essere di preclusione oltre che di espansione fra i popoli.

Così, in l’Italia, da una parte, si impedisce la possibilità di approdo indiscriminato per la necessità di difenderne la frontiera che, per la posizione al centro del Mediterraneo, risulta prossimale per le masse di disperati che premono, in risalita dalla Libia e dal Nord-Africa, nel tentativo di sfuggire a guerre quasi fratricide oltre che ad una miseria in cui, da sempre, sembra svolgersi il dramma catartico della endemica incapacità di sfruttare una fortunata predestinazione, sino dall’origine dei tempi, in mezzo a grandi ricchezze naturali.

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D’altra parte, invece, vi è prospettiva di trarre un concreto vantaggio dalle mire espansionistiche che l’Oriente, sempre meno estremo, dirige verso l’Occidente. Proprio l’Italia infatti è stato il primo Paese del G7 che, nonostante le critiche di Washington e Bruxelles, ha aperto i suoi porti strategici alla Cina abbracciandone l’obiettivo della realizzazione della nuova “Via della Seta 4.0”.

In realtà, non potendo l’Italia prescindere dall’essere incardinata in un contesto sovranazionale, proprio all’Europa necessiterebbe porsi come soggetto univoco nella dialettica con la Cina che, per la realizzazione del grandioso ponte di collegamento con l’Occidente, ha stanziato 1,4 trilioni di dollari da investire nei prossimi decenni (di cui 40 miliardi già raccolti) sulle nuove rotte commerciali, attraverso 65 paesi che totalizzano il 55% del PIL mondiale, il 70% della popolazione e il 75% delle riserve energetiche, in base all’ambizioso progetto infrastrutturale, commerciale e strategico, “One belt, One Road”, con formula “win –win” di Xi Jinping che ha previsto vantaggi reciproci in base ad una collaborazione per grandi progetti infrastrutturali.

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In Italia dunque spicca la posizione di Trieste candidata ad essere terminale portante della Via della Seta in un confronto che, avviato a Pechino in occasione della” fiera” “Transport Logistic China” e benchè coincidente con le linee guida dell’attuale Memorandum, non prescinde da particolare cautela nel vaglio di opportunità concrete per non incorrere in sbilanciamenti in cui, con netto vantaggio per la Cina, sono già incorsi gli investimenti: di 60 miliardi del progetto Belt and Road nel Pakistan e quelli dello Sri Lanka in relazione al porto ceduto ai Cinesi a fronte dei debiti contratti per costruirlo. D’altra parte, il porto di Trieste procede, soprattutto, nel costituire l’esempio virtuoso di un “passo in avanti” verso la integrazione dell’Italia nel sistema dei trasporti europei; dato che, sfruttando il potere contrattuale insito nella sua posizione geografica che lo rende porta dei traffici marittimi, con il progetto "Trieste Rail Port" si prefigge di potenziare anche tutto il sistema di collegamento retro-portuale delle reti ferroviarie di Campo Marzio, rafforzando la sua posizione di primo porto Italiano per la movimentazione ferroviaria verso il cuore dell’Europa.

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Tanto, grazie al progetto “Trieste Rail Port” che, presentato nell’aprile del 2018 dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale con previsione di giungere a compimento entro il 2023, su un costo di circa £ 33 milioni, ha ottenuto un finanziamento di cui il 20% a fondo perduto e l’80% con tassi agevolati dalla Banca Europea degli Investimenti, nell’ambito del programma CEF – Connecting Europe Facility .

Come evidenziato dal Presidente AdSP del Mare Adriatico Orientale, D’Agostino: “il successo del modello Trieste si basa su una governance snella gestita direttamente dall’Authority, a capo di un sistema complesso che include zona industriale, punti franchi e interporti, con la strategicità che lo scalo riveste per l’economia della Regione Friuli Venezia Giulia e per il Governo italiano”.

Ciò che va additato come esempio da seguire nel delineare anche la priorità di Grandi Opere in tutto il Paese, secondo una sempre maggiore acquisizione della coscienza nazionale, nel verso di un sistema infrastrutturale da ammodernare e sviluppare, non solo per essere un necessario nostro punto di forza "contrattuale".

Rosa Cavallo

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