Dopo un’apparente tregua, la minaccia del leader nord-coreano torna a riecheggiare, stavolta ai danni della Corea del Sud. Intervenuto il 27 luglio in occasione del 69mo anniversario dell’armistizio che pose fine alla guerra di Corea, Kim Jong-un sembra pronto a qualsiasi battaglia per limitare il predominio degli Stati Uniti.
Le intimidazioni, assolutamente non velate, sono un attacco diretto al presidente sud-coreano Yoon Suk-yeol: "Qualsiasi tentativo di neutralizzare il nord troverebbe una risposta severa con conseguente annientamento". Suk-yeol si è insediato il 10 maggio scorso, annunciando una linea dura contro il nord ma lasciando intravedere un piccolo barlume di dialogo qualora si verificassero le adeguate condizioni.
La reazione di Kim non si limita a palesi intimidazioni, poiché dal canto suo cerca di spiegare le presunte ragioni di un possibile attacco al sud: "Gli imperialisti americani stanno spingendo le autorità sud-coreane in uno scontro suicida contro il nord. Ancora una volta chiarisco che la Corea del Nord è completamente pronta per qualsiasi confronto militare con gli USA".
Effettivamente, il nord negli scorsi mesi ha testato missili ipersonici e missili che potrebbero trasportare ingenti armi nucleari. Il dilemma geopolitico che divide le due Coree suscita grande preoccupazione a livello internazionale, con gli Stati Uniti pronti a intervenire nel caso in cui la minaccia divenga concreta. Kim, in questi anni alla guida del Nord Corea, ha dimostrato di non temere nulla, affermando di essere pronto a qualsiasi gesto pur di difendere il suo territorio. Questo tipo di minacce, in cui si tira in ballo persino la potenza nucleare, dovrebbero spingere l’America e tutto l’Occidente ad essere garanti della pace, per il bene dell’umanità.