TORINO, IL NO ALLE OLIMPIADI CHE PESA
Maurizio Martina, dal Salone del gusto attacca Chiara Appendino e le sue politiche

Salvo sorprese dell’ultimo minuto, Torino non sarà sede delle Olimpiadi invernali 2026. E’ il triste epilogo di una gestione miope e confusa della giunta Appendino, che non è mai stata in realtà davvero convinta di dover candidare la città a ospitare i giochi olimpici.
Nelle scorse settimane si era concretizzata la candidatura congiunta di Milano, Torino e Cortina, sulla quale il governo si era detto favorevole e che sembrava soddisfare tutte le amministrazioni coinvolte, pur con alcuni problemi. Martedì scorso, però, la sindaca di Torino Chiara Appendino ha fatto sapere di non accettare alcune condizioni poste dal sindaco milanese Beppe Sala, che chiedeva che Milano avesse una posizione prioritaria nella candidatura, e più in generale chiedeva un sostegno più diretto del governo nel progetto.
Il giorno stesso, riferendo al Senato, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti hadetto che non esistono più le condizioni affinché il governo appoggi la proposta a tre. Al Corriere, ha spiegato di aver preferito bloccare ora le trattative perché non c’erano le condizioni per portarle avanti, e per evitare di farlo «fra due mesi, magari tra accuse reciproche e dopo aver speso anche dei soldi». Mercoledì ci sono stati comunque dei tentativi di mediazione per ritrovare l’accordo sul cosiddetto “tridente” Milano-Torino-Cortina, ma sembra difficile possano riuscire.
La proposta, nata da settori della società torinese raccogliendo subito molti consensi nella città, fin dall’inizio infatti è stata guardata dai Cinquestelle con preconcetta diffidenza e supponente ostilità. Rendendosi conto della impopolarità di un no, la Sindaca non ha potuto sottrarsi a raccogliere la proposta, ma condendola di continui se e ma che hanno logorato e tolto credibilità alla candidatura. E quando il governo – per non voler scegliere tra più candidature – ha proposto il “tridente” Torino-Milano-Cortina, la Appendino ha colto opportunisticamente l’occasione per ritrarsi.
Al momento non è ancora chiaro quale sarà la proposta ufficiale che il CONI presenterà a Losanna. La città che ospiterà le Olimpiadi invernali del 2026 sarà scelta ufficialmente nel settembre del 2019, proprio a Milano. La scadenza ufficiale per presentare la candidatura al CIO è a gennaio, ma il CIO chiede che siano presentate informalmente entro ottobre. Le altre città che stanno decidendo se candidarsi ufficialmente sono Calgary, in Canada; Erzurum, in Turchia; e Stoccolma, in Svezia.
Ovviamente, la vicenda offre polemiche per l’opposizione. Nella lunga visita di ieri tra i padiglioni del “Salone del gusto” a Torino, il segretario del Pd, Maurizio Martina si è fermato a commentare i due temi più caldi del dibattito cittadino, Tav e Olimpiadi. Sostegno a Chiamparino e la convinzione che sindaca e assessori abbiano gestito male le vicende. “Il pasticcio creato dal governo sulle Olimpiadi è evidente”, ha detto. “Ci sono città che si sono mosse bene, come Milano. Torino penso abbia fatto dei passi falsi”, ha aggiunto. “Vedremo cosa accadrà perché anche nella maggioranza tra Lega e Cinquestelle non si capisce bene quale sia la linea”.
Eppure Torino era una candidatura “naturale”: i giochi olimpici del 2006 avevano dimostrato la capacità della città e delle sue montagne di gestire con successo un evento olimpico. Inoltre, quei giochi hanno lasciato una eredità di infrastrutture adeguate ed efficienti che avrebbe reso meno costosa e più rapida la preparazione dell’evento.
La vicenda offre l’occasione per qualche riflessione sul Movimento5Stelle. Come già per la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024, anche nella vicenda torinese è emersa quell’ideologia della “decrescita felice” che si esprime nel rifiuto dei grandi eventi così come delle opere infrastrutturali. Tant’è che chi oggi esulta per la mancata candidatura olimpica di Torino sono gli stessi che in questi anni si sono opposti alla Tav, alla Tap, alle pedemontane e a ogni opera e investimento di grande scala. Tra l’altro, il no alle Olimpiadi non è un episodio isolato. Sono trascorsi due anni dalla elezione a Sindaco della Appendino e il bilancio non è per niente positivo. Il sistema culturale su cui si era massicciamente investito – al punto che il New York Times inserì Torino tra le cinquanta città del mondo da visitare – è stato interamente azzerato. Il no alla Tav si accompagna ad altrettanti no a programmi di trasformazione urbanistica. Per non parlare di quelle periferie che aspettano da tempo una riqualificazione promessa, ma mai attuata.
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