Sociologia economica: il ritorno dei padri fondatori (parte prima)

L’opera di Giddens analizza comparativamente le idee di Marx, Durkheim e Weber

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Il libro di Anthony Giddens intitolato “Capitalismo e teoria sociale. Marx, Durkheim, Weber” (Milano, Il saggiatore, 2015) è in realtà un testo degli anni ‘70 pubblicato per la prima volta da Cambridge University Press con il titolo originale “Capitalism and Modern Social Theory”. Il volume, che propone una sintesi ed una analisi critica e dialogica del pensiero di Marx, Durkheim e Max Weber, è composto di quattro parti: la prima parte è dedicata a Marx, la seconda a Durkheim, la parte a Max Weber, la quarta è intitolata “Capitalismo, socialismo e teoria sociale”.

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Parte Prima-Marx. La prima parte del libro è composta da quattro capitoli ovvero “Le opere giovanili di Marx”, “La concezione materialistica della storia”, “I rapporti di produzione e la struttura di classe”, “La teoria dello sviluppo capitalistico”. Nel primo, Giddens affronta il tema del clima culturale di formazione di Karl Marx, sottolineando come quest’ultimo sia stato influenzato parimenti sia dalle opere di Saint-Simon che delle opere di Hegel e dei suoi seguaci, tra i quali Bruno Bauer. La tesi di laurea di Marx, in particolare, risentì dell’influsso di Bauer. Nel 1841 venne pubblicata “L’essenza del cristianesimo” di Feuerbach che ispirò a Marx la critica alla filosofia del diritto di Hegel. Le questioni religiose suggerite dall’opera di Feuerbach vennero solo abbozzate nell’opera giovanile di Marx. A partire dal 1844, il filosofo iniziò infatti lo studio dell’economia politica. Marx prese le distanze dai giovani hegeliani con i “Manoscritti economico-filosofici” del 1844. Nei Manoscritti Marx ha introdotto il concetto di alienazione e l’idea del crescente abisso tra capitalisti ed operai indotto dalla produzione. L’operaio è espropriato sia dai capitalisti che dai proprietari terrieri. Nel capitalismo i prodotti dell’industria e i lavoratori sono considerati come oggetti della produzione. Paradossalmente, l’alienazione accomuna il lavoratore al capitalista, poiché anche quest’ultimo è alienato nelle leggi del denaro e della proprietà privata.

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Nel secondo capitolo, intitolato “La concezione materialistica della storia”, si ricostruisce la nascita dell’idea del materialismo storico nel processo di emancipazione di Marx dalla filosofia di Hegel e Feuerbach in base a 5 elementi essenziali:

  1. la concezione dell’auto-creazione dell’uomo, ovvero la storia universale come generazione dell’uomo dal lavoro umano;
  2. il concetto di alienazione;
  3. l’idea del superamento dello stato nella società socialista;
  4. il rifiuto di Marx di creare una filosofia del capitale in quanto il capitalismo ha fondamento in un determinato assetto di tipo sociale e storico.
  5. la teoria della prassi rivoluzionaria.

Marx critica l’esistenza di una finalità della storia e cita a titolo esemplificativo il caso di Roma. Le condizioni per lo sviluppo del capitalismo esistevano nella Roma antica anche se l’economia romana venne disgregata dall’interno. Il processo di accumulazione portò alla creazione della schiavitù nella società in seguito all’espropriazione dei contadini. L’ipotesi della teleologia storica è falsa. La crescita della produzione è essenziale al capitalismo. La possibilità di creare prodotti in eccedenza accresce la divisione del lavoro. Lo scambio è alla base dell’accumulazione capitalistica.

Le città sono state l’elemento scaturente dell’accumulazione grazie alla presenza di lavoro e scambio. La separazione tra produttore e prodotto costituisce l’essenza dell’espropriazione e subordina il lavoratore al mercato. La separazione opera anche nel dividere i contadini dalla terra con l’espropriazione nella creazione del proletariato. L’utilizzo della tecnologia consente di perfezionare la divisione del lavoro nella cristallizzazione delle classi sociali. La produzione di macchine è strumentale al capitalismo e all’ordine sociale.

Nel capitolo “I rapporti di produzione e la struttura di classe”, Giddens mette in evidenza il processo di costruzione dell’individualismo secondo Marx. L’individualismo dissimula il carattere sociale della produzione. Per Marx la divisione del lavoro crea l’individuo isolato come strumento per la società capitalistica. Il processo di produzione del capitalismo determina la struttura in classi. Il ruolo che gli individui hanno nella produzione determina l’appartenenza ad una certa classe. Tuttavia, i capitalisti sono coinvolti in una doppia lotta: una lotta di classe contro i lavoratori ed una lotta intra-classe per il profitto di mercato. Inoltre, esiste una identità tra proprietà dei mezzi di produzione materiale e proprietà dei mezzi di produzione intellettuale. Anche il linguaggio e la coscienza sociale sono prodotti sociali. La classe dominante giustifica il proprio dominio attraverso la diffusione delle idee ed impone le stesse nella società capitalista. La distruzione ed il superamento del metodo di produzione capitalista è l’unico strumento per l’emancipazione del proletariato.

Nel capitolo “La teoria dello sviluppo capitalistico” Giddens richiama l’essenza del capitalismo che nella teoria di Marx consiste nella produzione di merci per il mercato nazionale ed internazionale. La merce lavoro ha un valore difficile da determinare. Un ruolo significativo per determinare la merce lavoro è considerare sia il tempo necessario alla produzione delle altre merci sia il valore di scambio delle merci medesime. Tuttavia, anche il profitto è rilevante. Ed il capitale tende a spostarsi nei settori a maggiore profitto.

Marx, inoltre, riconosce le forze di mercato in grado di determinare i salari. La determinazione dei salari è sottratta alla volontà del capitalista e riposta nel mercato. Il denaro ha facilitato gli scambi e la società capitalista. La riduzione del saggio di profitto porta a disinvestimenti, licenziamenti e compressione dei consumi. Tale struttura determina delle crisi, che costituiscono la caratteristica endemica del capitalismo, causa dell’impoverimento della classe proletaria. Infatti, mentre i capitalisti accrescono i propri mezzi, i proletari rimangono bloccati ai salari di sussistenza. Inoltre, il capitalismo promuove il gigantismo delle imprese. Imprese di grandi dimensioni controllano la produzione al meglio e resistono alle crisi. Questo processo è enfatizzato dalle società per azioni. Tuttavia, lo stock di lavoratori nelle fabbrica incrementa la possibilità dei lavoratori di intendersi come classe sociale. La contraddizione tra capitale e lavoro salariato predispone al crollo del capitalismo.

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Parte Prima-Durkheim. La seconda parte del libro di Giddens è divisa in quattro capitoli, ovvero “Le opere giovanili di Durkheim”, “La concezione del metodo sociologico di Durkheim”, “Individualismo, socialismo e gruppi professionali” e “Religione e disciplina morale”.

Nel capitolo “Le opere giovanili di Durkheim” Giddens fa riferimento alla formazione della sociologia di Durkheim, il quale inizia la sua carriera con la recensione del libro di Schaffle. L’idea essenziale che Durkheim mutua da Schaffle è che la società ha caratteristiche proprie distinte dagli individui che pure la compongono. Anche la morale ha un significato sociale e deve essere analizzata socialmente. Il consenso morale è necessario alla stabilità dell’ordine sociale. Per Durkheim il processo di creazione dell’individualismo è un prodotto della divisione del lavoro. Tuttavia, questa tendenza all’individualismo è contrastata da una altrettanto presente tendenza all’universalizzazione. Durkheim critica l’utilitarismo sia come dottrina morale che come interpretazione della divisione del lavoro. L’individualismo aumenta la responsabilità dell’individuo sia con riferimento agli avvenimenti positivi sia con riferimento agli avvenimenti negativi.

Nel capitolo intitolato “La concezione del metodo sociologico di Durkheim”, Giddens fa riferimento alla concezione di Durkheim utilizzata per rappresentare il rapporto tra individualismo e legge sociale. La difficoltà dell’individuo di sopportare le avversità dell’esistenza porta alla crescita del numero dei suicidi, il quale è associato alla presenza di forme di individualismo interiorizzato dalla popolazione. L’individualismo può essere affermato nella riduzione dei sentimenti comuni. L’interesse di Durkheim per il suicidio va inquadrato nella necessità di trovare delle metodologie per fare in modo che i fenomeni individuali vengano intesi come dei fenomeni di carattere sociale. L’idea è che i fenomeni individuali siano socialmente determinati. La dimensione sociale ha un impatto nella riduzione del tasso dei suicidi: il filosofo dimostra infatti che il tasso di suicidi diminuisce per le persone sposate ed è correlato in modo inversamente proporzionale alla numerosità del nucleo familiare. In modo particolare, Durkheim distingue varie e diverse tipologie di suicidio, tra le quali spicca il suicidio egoistico, che è prodotto proprio dalla cultura dell’individuo nelle società contemporanee. Altri tipi di suicidio sono il suicidio anomico, prodotto dalla mancanza di regolazione morale nell’interno della società capitalistica, il suicidio altruistico obbligatorio ed il suicidio altruistico facoltativo.

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Tuttavia, per Durkheim anche i fenomeni individuali possono essere compresi solo facendo riferimento alla dimensione sociale.

Nel capitolo “Individualismo, socialismo e gruppi professionali”, Giddens affronta la teoria sociale di Durkheim con riferimento alle connotazioni politiche. Durkheim distingue tra socialismo e comunismo. Il comunismo rifugge la ricchezza nel tendere ad essere ascetico. Il socialismo celebra la produzione industriale e cerca di preservare tale abbondanza generale. La tensione egualitaria del socialismo viene realizzata attraverso l’abolizione delle classi sociali. Nella riforma dei socialisti lo Stato ha una funzione di relazione della produzione attraverso il controllo della stessa. Durkheim rifiuta l’identità tra stato e società politica: per lui, lo stato è l’insieme delle classi dirigenti pubbliche e persegue finalità morali senza subordinare l’individuo. L’espansione dello stato è connessa alla divisione del lavoro nello sviluppo della società capitalistica. Se lo stato è l’io sociale allora la “conscience collective” è l’anima sociale. Tuttavia, tra lo stato e l’individuo devono esistere dei corpi intermedi a carattere professionale e sindacale. I corpi intermedi consentono alla società nazionale di prosperare.

Nel capitolo “Religione e disciplina morale”, Giddens affronta la teoria religiosa e morale nella sociologia di Durkheim. Per Durkheim la società è depositaria degli ideali umani. Durkheim fa riferimento al significato totemico delle religioni riferendosi alle popolazione aborigene australiane. I clan aborigeni hanno dei totem, posti in connessione sia agli individui che al gruppo. È la società a creare il divino e, a sua volta, la società è per i suoi membri una divinità rappresentata dal simbolo totemico. Tale forza divina della società viene manifestata nei rituali. La partecipazione agli eventi sacri consente agli individui di riconoscere il significato morale dell’ordine sociale. L’individualismo è prodotto anche del cristianesimo per quanto la sua formazione sia avvenuta attraverso una azione incessante nello sviluppo della storia.

Durkheim distingue infine tra libertà ed anomia: la libertà richiede un ordinamento, mentre l’anomia è l’assenza di ordinamenti. Per essere libero, l’individuo deve essere definito rispetto ad un ordinamento ed in modo particolare ad una autorità morale.

Angelo Leogrande

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