SUPERBONUS 110%

Pregi e difetti della misura per la riqualificazione degli immobili

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Il cosiddetto Superbonus 110% - che si ispira, certamente, a una buona opportunità per promuovere la riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare nonché favorire il rilancio del settore edilizio e, di riflesso, la ripresa economica del Paese - ha incontrato, finora, una serie di difficoltà che ne hanno rallentato l’applicazione. È opportuno quindi fare chiarezza su quali siano le complicanze e le complesse implicazioni pratiche, burocratiche, tecniche che hanno ridotto e ridimensionato l’applicazione di un provvedimento legislativo che nelle intenzioni presenta finalità positive e propositive. Innanzitutto va precisato cosa si intende per Superbonus 110% e quali sono le modalità per poterne, concretamente, usufruire; a tal proposito, come si suol dire, la massima chiarezza non guasta mai, in particolare quando si tratta di interagire con organi e organismi statali, burocratici, tecnici, fiscali.

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Il "Superbonus 110%" innanzitutto è una detrazione, ovvero un credito d’imposta del 110% dell’importo corrispettivo dei lavori di efficientamento, regolarmente eseguiti, che può essere spalmato e detratto in 5 quote annuali in sede di dichiarazione dei redditi. Il beneficio matura previa correlativa certificazione di conformità degli interventi, tramite una procedura di "asseverazione" che attesti la bontà dei lavori di efficientamento energetico, a cui corrisponde un salto di qualità, in tal senso, di almeno due classi. Ciò comporta la necessità di installazione di impianti fotovoltaici e di trasformazione dell’energia termica, nonché l’isolamento termico a cappotto, la sostituzione degli infissi e in definitiva l’isolamento termico degli involucri. Per gli interventi antisismici, sono ammesse alle detrazioni 110% le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021; in tale casistica rientrano le spese di classificazione/verifica sismica degli immobili, per lavori di messa in sicurezza statica (ordinariamente agevolata con detrazione del 50%) nonché di riduzione del rischio sismico pari a una classe inferiore (finora al 70% per le case singole e al 75% per i condomini) o a due classi (80% per le case singole, 85% per i condomini). Tutto ciò caratterizza la buona opportunità di riqualificare gli immobili (in prospettiva a costo zero), nonché la corrispettiva riduzione delle bollette delle utenze (luce, gas) per il seguito. Ma... per poter realizzare quanto di buono deriva da questa "opportunità" ci tocca far fronte, come contraltare, a iter burocratici-tecnici molto complessi e sanzioni alquanto pesanti e vessatorie per chi incorra in errori procedurali, sia in buona che in mala fede. L’obbligo di attenersi ai requisiti richiesti impone la necessità di uno studio preliminare di fattibilità, eseguito da un tecnico, che solo dopo aver verificato e analizzato lo “status" dell’immobile può rilevare la necessità di sanare eventuali difformità catastali, urbanistiche, fiscali; dopodiché occorre individuare ed evidenziare gli interventi da eseguire per poter realizzare il salto di due classi. Questo studio preliminare ha un costo che può essere rimborsato solo se si procede con i lavori, altrimenti va perso; altro intoppo è quella relativo alle soglie di spesa, che possono non bastare per apportare miglioramenti di due classi energetiche.

Va precisato che la ridotta cantierizzazione in questo primo anno si può imputare alla difficoltà incontrata dai tecnici incaricati di verificare e certificare la conformità edilizia-urbanistica, a causa della lentezza degli uffici comunali nel produrre la documentazione richiesta che, tra l’altro, fino a maggio era più complessa, in quanto prevedeva la "doppia conformità", ovvero l’attestazione che la costruzione fosse conforme al progetto di realizzazione e allo status attuale. Tale intoppo burocratico è stato rimosso col Decreto Semplificazioni bis (dl. 77/2021): dal 1/06 è sufficiente produrre la cosiddetta Cila (Comunicazione di inizio lavori asseverata), con la quale il tecnico incaricato non dovrà più verificare e certificare la conformità urbanistica dell’immobile ma dovrà specificare, comunque, lo stato reale e veritiero dei luoghi, comprese eventuali difformità, pena sanzioni per il professionista ed esclusione dal beneficio fiscale. Inoltre, come ulteriore deterrente, è fatta salva la funzione di verifica della legittimità urbanistica dell’immobile da parte degli uffici tecnici dei Comuni e la facoltà di sanzioni per gli abusi che superino la soglia del 2%.

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Ultimo aspetto di rilievo è quello che riguarda la possibilità di "cessione del credito" e come quest’ultima possa essere realmente attivata. La cessione del credito è una opzione sancita nel Decreto Rilancio (art.121 d.l.34/2021) che consente di poter vendere a terzi (banche, Posta, privati) tramite la Piattaforma cessione crediti dell’Agenzia delle Entrate; ciò fa comodo soprattutto a chi non ha disponibilità di contanti o non ha una capienza IRPEF adeguata per smaltire la detrazione fiscale corrispondente alla spesa. Ovviamente chi si accolla il nostro credito d’imposta deve trarne un vantaggio, ovvero guadagnarci. In quest’ottica avviene lo “scambio" con istituti bancari, Posta, altri soggetti come la stessa impresa che esegue i lavori di efficientamento; avviene, quindi, che il credito ceduto viene scambiato nella misura del 110% con un 80% o 100% - a seconda che lo scambio avvenga con aziende (Banche, Posta) o privati (imprese), in quanto non c’è una uniformità definita - e sempre previo vaglio di un’istruttoria complessa e soggetta a dei costi (la complessità di tale istruttoria è talmente accentuata che non è il caso di specificare i numerosi dettagli). Per concludere, il provvedimento ha delle finalità positive ma la complessità procedurale ne rallenta notevolmente l’attuazione.

Antonio Iasillo

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