STORIE DI ORDINARIA VIOLENZA

TROPPO SPESSO L’IRA PRENDE IL SOPRAVVENTO. MA ESISTE UN RIMEDIO

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20 marzo 2016, Milano: un ventitreenne viene brutalmente picchiato da quattro uomini per aver transitato con la sua auto davanti a un distributore di sigarette, dove uno degli aggressori intende parcheggiare. Piovono calci e pugni, diretti soprattutto alla testa. In macchina la fidanzata atterrita.

11 agosto, Bari: un gruppo di quattro ragazzi, di età compresa tra i 18 e i 20 anni, aggredisce un loro coetaneo per una sigaretta negata. Un amico tenta di difenderlo, procurandosi lesioni all’arcata sopraccigliare, allo zigomo, alla bocca, al setto nasale.

Da capo a punta dello stivale, gli episodi di violenza sembrano moltiplicarsi: potremmo proseguire all’infinito l’elenco di queste angherie del tutto gratuite. Spesso, soprattutto quando non si verificano in una grande città, passano in sordina. Si stanno tristemente tramutando in routine, in una normalità tutt’altro che rassicurante. Perlopiù suscitate da futili motivi. Perpetrate da un “branco” che si scaglia improvvisamente contro un povero malcapitato, il più delle volte uno sconosciuto preso di mira per dare sfogo alla propria rabbia repressa.

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Questi fatti di cronaca sono solo epifenomeno di uno stile di vita ormai radicato nella nostra società. Ci si infervora immediatamente per un nonnulla, distruggendo relazioni importanti, rovinando giorni felici. Come piromani impazziti, da una minuscola scintilla appicchiamo incendi che distruggerebbero un’intera foresta. L’ira prende il sopravvento, occultando la parte migliore del nostro animo, quella capace di provare amore incondizionato e solidarietà. Seneca, che analizzò tale sentimento nel trattato “De ira”, la paragonava a un acido: l’aggressività corrode prima lo spirito di colui che ne è portatore, poi gli sventurati che ne sono vittime. Mentre le ferite da colluttazione possono rimarginarsi, quelle di un animo in preda all’ira restano, anzi si fanno sempre più profonde. L’aggressività repressa, che sia causata dallo stress o da traumi irrisolti, dà vita a un circolo vizioso che ci rovina l’esistenza: innesca una mentalità distruttiva, che punta a danneggiare il prossimo anziché concentrarsi sul miglioramento personale e comune.

cms_4392/foto_3_Oriz.jpgCome liberarsi, dunque, di un “moto dell’animo” tanto indomabile, che finisce per padroneggiarci? Il segreto, come evidenziato dal filosofo latino citato poc’anzi, sta proprio nel non farsi sovrastare dalla rabbia: abbassare la voce quando si vorrebbe urlare, respirare lentamente quando si inizia ad agitarsi, rallentare il passo, sciogliere i pugni. Magari sorridere. Potrebbe sembrare banale, tuttavia questi piccoli accorgimenti formali possono realmente variare il nostro stato d’animo. Ciò non vuol dire che l’ira debba essere inibita: soffocare un impulso ha sempre un riverbero negativo sulla nostra coscienza, arrivando a causare dei traumi psicologici. Si tratta solo di recuperare la lucidità che la rabbia ci sottrae, evitando di agire sine ratione, compiendo atti belluini di cui potremmo pentirci. In fondo, qualsiasi discrepanza può essere sanata con il dialogo, ben più costruttivo di un’aggressione fisica o verbale.

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Non è facile conseguire tale risultato. Il dominio sulle nostre emozioni è il punto di arrivo di un lungo percorso di perfezionamento morale, da intraprendere se davvero si vuole adottare uno stile di vita migliore, eliminando l’ansia causata da quella sensazione di dover stare sempre sull’attenti, pronti a difendersi da chissà chi o chissà cosa. Paradossalmente, basterebbero pochi minuti di riflessione e qualche respiro profondo a prevenire l’inutile violenza in tutte le sue forme, dal banale alterco fino all’omicidio. Ne beneficeremmo totalmente, migliorando non solo la nostra vita sociale ma anche la nostra interiorità.

Federica Marocchino

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