STOP ALLE TRIVELLAZIONI NELL’ ADRIATICO!!!

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E’ proprio delle ultime ore la diffusione della notizia dell’accordo che, sia pure non ancora ratificato da un giudice, vede impegnata la compagnia British Petroleum ad un risarcimento di circa 19 miliardi di dollari per essersi resa responsabile dell’immane catastrofe ambientale che, nel 2010, ha colpito duramente l’eco sistema del Golfo del Messico invaso da tonnellate di greggio a causa dall’esplosione della piattaforma del colosso petrolifero che perforava quei fondali. Questa sanzione, per quanto grave e sommata ad altri 40 miliardi già spesi in operazioni di disinquinamento oltre che in grosse parcelle legali, non ripagherà mai della morìa di flora e fauna in quella marea nera la cui portata, al di là della vista, non poteva non sconvolgere le coscienze avendo indotto persino al suicidio il capitano di una imbarcazione che, per conto della Bp, operava nel disinquinamento delle acque.

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Tuttavia, se pure non sarà mancata una più che amara riflessione sull’accaduto; l’unico deterrente escogitato a Washington, per l’avvenire, non sembrerebbe travalicare il limite della reintroduzione di una tassa per le compagnie petrolifere e chimiche straniere. D’altra parte, pur essendo, indubbiamente, più che mai viva l’eco di questa tragedia consumatasi dall’altra parte dell’emisfero; anche qui da noi, la legge del profitto regna sovrana mettendo a tacere la ragione che imporrebbe di tenersi lontani dai pericoli insiti nel trivellare i nostri fondali intestardendosi nella ricerca del petrolio, benchè fonti energetiche alternative più sicure ci vengano additate dal continuo avanzamento scientifico.

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Pertanto, purtroppo, ci ritroviamo a fare i conti con installazione di piattaforme in mare per l’estrazione di idrocarburi e costruzione di impianti per la gestione della grandissima quantità di rifiuti pericolosi prodotti dalle attività petrolifere; così, di fronte alla costiera Emiliana- Romagnola come già di fronte alla costa di Senigallia è prevista la realizzazione del progetto “SIBILLA” in base al quale, con la tecnica sperimentale del CSS (Carbon Capture and Storage) il biossido di carbonio prodotto dalle emissioni industriali delle raffinerie sarà “catturato” immettendone la CO2 liquefatta in un pozzo, detto “Cornelia”, profondo 4 Km. Tutto ciò, anche nella speranza che mai debba verificarsi letale fuoriuscita massiva di gas, comporterà sicuramente inquinamento acustico a causa delle inevitabili esplosioni oltre alla diffusione di maleodoranti emissioni solforose.

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Intanto, di contro ad una conseguente compromissione della vocazione turistica del territorio, gli unici profitti saranno a favore delle compagnie petrolifere di multinazionali fortemente agevolate proprio dall’intervento legislativo 11/11/2014 n.164, detto “Sblocca Italia”, tendente a marginalizzare il parere delle Regioni con l’intento di snellire i tempi in favore di progetti di interesse economico riconosciuto dal ministero dello Sviluppo economico. Appunto, in base allo “Sblocca Italia”, le attività di prospezione di ricerca e coltivazione di gas e greggio, nella terraferma e nel mare, così come la creazione delle relative infrastrutture per la veicolazione degli idrocarburi e i gasdotti, assumendo “carattere di interesse strategico” nell’essere ritenuti “di pubblica utilità urgenti e indifferibili”, neutralizzano le contrapposizioni territoriali con l’acquisizione di una unica concessione, valida per ogni iter in corso anche nell’arco di trent’anni, su richiesta formale delle compagnie petrolifere.

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Contro tale percorso agevolato, in un verso ritenuto di forte compromissione per l’ecosistema marittimo dell’Adriatico e dello stesso prospicente territorio coinvolto nei progetti petroliferi; oltre alla popolazione Abruzzese che ha già manifestato apertamente a Lanciano e in una pubblica assemblea del 24 Maggio u.s.; a partire dalla provincia di Rimini anche l’Emilia –Romagna si mobilita e con urgente ricorso al TAR, entro il 5 luglio, chiede lo stop delle trivellazioni che “mettono a rischio la più grande industria regionale, nonchè volano occupazionale, del turismo a cui la Riviera contribuisce all’80% con un volume di affari annuo di 8 miliardi di euro e con 8 mila persone direttamente occupate”. Di contro ad un programma che, nello sfruttamento di riserve minime dai fondali, risulta privo di senso economico, scientifico e politico nel consentire a un pugno di multinazionali utili enormi in un settore a basso tasso occupazionale; va scongiurato il rischio di compromissioni erosive della costa e di ripercussioni sismiche oltre all’ulteriore danneggiamento di flora e fauna nell’ecosistema dell’Adriatico che è un mare chiuso e con basso fondale e andrebbe salvaguardato lungo tutta la sua costa compresa quella della Croazia coinvolta in progetti similari.

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In definitiva, necessita un cambiamento di rotta, tralasciando la vecchia strada della ricerca ossessiva del petrolio, per un orientamento proficuo verso fonti alternative che, insieme con indubbi vantaggi di costi contenuti, offrono il raggiungimento di un fruttuoso approvvigionamento energetico nel rispetto della rigorosa difesa dell’ambiente e della salvaguardia degli ecosistemi. In tal verso deve spingerci quell’innato senso etico basato sul primordiale istinto della nostra stessa sopravvivenza umana, come non si stanca di ricordarci Papa Francesco che, anche nella sua enciclica “Laudato sì”, si è appellato alla necessità di un salutare ravvedimento operoso sulla via dell’utile per tutti in controtendenza rispetto alle smanie di un profitto di pochi. Altresì, anche le più recenti conquiste scientifiche che ci rendono sempre più tangibili le stesse deduzioni di fisica quantica, ci additano sempre maggiori potenzialità nel conseguimento di ottimali condizioni di vita, purchè nel rispetto di tutto ciò che costituisce l’habitat naturale sul nostro pianeta.

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Pertanto, al di là della mobilitazione della popolazione sostenuta dalle stesse associazioni ambientaliste come Lega Ambiente accorsa con la sua Goletta Verde per opporsi alla installazione di piattaforme per la trivellazione dei fondali adriatici, si spera che alla Conferenza di Parigi sul Clima (COP21) prevista per il prossimo dicembre, si giunga alla sottoscrizione di impegni vincolanti da parte di tutti i Governi. Ottime premesse sono già nella prima riunione plenaria World Summit on Climate and Territories a Lione nel corso di due giornate che, in preparazione della Conferenza di Parigi, con la presenza del presidente Francois Holland e del ministro dell’Ambiente Segolène Royal; tra i protagonisti del summit, fra cui il presidente della Regione Sarda Francesco Pigliaru in veste di rappresentante di tutti i territori riuniti nel Comitato europeo delle Regioni, annovera studiosi portavoce delle istanze basate sulle necessità rinvenienti dalle diverse condizioni climatiche delle varie parti del mondo, per significare l’imprescindibile priorità, in seno ai piani di sviluppo territoriali, nel considerare la riduzione del rischio e l’adattamento ai cambiamenti climatici, prendendo in esame anche l’interconnessione tra le aree urbane e rurali con la tutela delle importantissime risorse idriche.

Rosa Cavallo

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