SIMBOLISMI NELLA CULTURA E NELL’ARTE

Il gallo nell’arte (5^)

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La breve storia sulla rappresentazione del gallo nel mondo dell’arte non può finire senza una descrizione del gallo Chantecler, che come già ho già scritto durante il basso medioevo, fu un soggetto molto noto e raffigurato. Il gallo umanizzato deriva dal “Romanzo di Renart” che è un insieme di racconti medievali francesi del XII e XIII secolo, nei quali si mettono alla gogna le corti dei signori facendo agire degli animali al posto degli esseri umani. Ebbene molti anni più tardi il tema fu ripreso da Edmond Rostand (1868 - 1918) poeta e drammaturgo francese, celebre soprattutto per aver scritto l’opera teatrale Cyrano de Bergerac, che mise in scena nel 1910, dopo una lunga progettazione, l’opera teatrale Chantecler, in cui il gallo è il personaggio principale.

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Chantecler è un vigoroso e forte gallo, che primeggia e regna su tutti gli animali dell’aia in cui vive, così convinto della sua importanza il pollastro pensa, che sia il suo chicchirichì a far sorgere il sole. Il suo dominio incontrastato, desta l’invidia e la cospirazione dei galli dei territori confinanti, che in seguito si radunano assieme agli altri animali del cortile, deridendolo e sbeffeggiandolo, quando Chantecler innamoratosi di un’avvenente fagiana, tutto preso dal suo amore, un mattino si dimentica di cantare. Chantecler si trasferisce così assieme alla sua fagiana in un altro luogo, ma poi comincia a provare nostalgia della terra natia e si mette in cammino per il ritorno pagando un triplice sacrificio, la morte della fagiana e di due innocenti usignoli. Il ritorno è oltre che doloroso anche amaro perché Chantecler scopre durante un’alba in cui non riesce a cantare che il sole sorge anche senza di lui. Rostand lavorò 10 anni a questo lavoro, pensava fosse la sua opera migliore, si aspettava lo stesso successo del Cyrano col pubblico che applaudiva in piedi, e un ministro dietro le quinte, invece lo spettacolo fu un fiasco, tuttavia è curioso che un insuccesso trovi altre strade per diventare famoso, è infatti singolare che in quegli anni nascesse il marchio del sapone marsigliese Chanteclair, e Rostand era nativo di proprio Marsiglia.

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Chantecler- Edmond Rostand- Chaillot 1994

Il sapone di Marsiglia deriva dall’antico sapone di Aleppo, dopo essere passato per l’Italia e la Spagna, il segreto della fabbricazione arrivò a Marsiglia dove, già nel XII secolo, c’erano fabbricanti di sapone che usavano l’olio d’oliva come materia prima. Più tardi col regno di Luigi XIV la fabbricazione del sapone di Marsiglia venne regolamentata e sorsero nuove fabbriche, grazie al mercantilismo di Colbert tendente a proteggere le industrie nazionali, in quanto questa politica economica si basava sull’importare il meno possibile ed esportare il massimo. Da allora, l’industria del sapone di Marsiglia non smise di crescere, toccando il suo apice all’incirca nel 1940, poi con l’entrata di nuovi e più elaborati prodotti il sapone cadde in disuso, rimane tuttavia il ricordo di questo sapone dal profumo caratteristico usato dalle nostre nonne, ottimo per il bucato ma anche per detergere la pelle e lavare i capelli, ricordo che questo me lo disse da bambina il medico condotto meravigliandomi assai perché io lo ritenevo antiquato e grezzo, forse buono per lavare gli indumenti ma assolutamente aggressivo per la pelle in confronto agli shampoo e ai bagnoschiuma, come poteva essere delicato così compatto e solido?

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Ancora più curioso è il fatto che il gallo Chantecler attorno al 1950 apparve a Capri, precisamente nel 1947, quando nacque con tale termine il marchio di un’azienda italiana di preziosi. Il nome della gioielleria si deve a Pietro Capuano, soprannominato dagli amici per il suo carattere eccentrico, Chantecler dall’omonima opera di Edmond Rostand.

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Pietro Capuano rampollo di una famiglia di gioiellieri napoletani era un apprezzato gemmologo, commerciava all’ingrosso con diamanti e pietre preziose. Visitò Capri per la prima volta nel 1927, accompagnando un principe indiano, suo cliente, che voleva conoscere l’isola. Pietro si innamorò di Capri, acquistò una villa con vista Faraglioni e si trasferì sull’isola dove aprì una gioielleria, assieme all’amico Salvatore Aprea, vicino all’Hotel Quisisana, convinto, giustamente, che l’incanto dell’isola, il suo artigianato si potesse esportare nel mondo come infatti avvenne con lo stile tutt’oggi chiamato caprese.

Sin dall’inizio, oltre al gallo, l’azienda ebbe come proprio simbolo la campana di San Michele: Pietro nel 1944, ne aveva fatta realizzare una in bronzo che aveva regalato al presidente americano Roosevelt, come augurio per la pace.

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Capuano aveva tratto ispirazione dalla leggenda caprese di San Michele, che narra di un giovane pastore che ritrova una pecora, suo unico bene e sostenimento per lui e la madre, che aveva smarrito, grazie al tintinnio di una campanella donatagli dal Santo.

In seguito grazie all’idea di Capuano, la campana si ridimensionò, diventando un ciondolo che, dapprima fu un portafortuna per i soldati americani che restarono in Italia sino al 1945, e in seguito, divenne un simbolo speciale di augurio e buon auspicio e di desideri avverati, souvenir di Capri irrinunciabile sia in oro o pietre preziose o argento o altro.

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Pietro Capuano e Jacqueline kennedy - Capri

La gioielleria diventò ben presto meta dei protagonisti del jet set internazionale. Da Jacqueline Kennedy a Audrey Hepburn, a Ingrid Bergman, i gioielli fantasiosi e unici piacciono a principesse, attrici e a tutte le donne più famose. Dopo la morte di Pietro è Salvatore Aprea che acquista il marchio dagli eredi e prosegue l’attività.

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Pietro Capuano ed Edda Ciano-Capri

Pietro era un uomo affascinante, mondano e amante della musica, era riconoscibile da lontano per il suo abbigliamento particolare, infatti spesso indossava dei pantaloni rosso vivo, tutti lo chiamavano con il soprannome “Chantecler”, quindi probabilmente non solo era raffinato ma anchebrillante e arguto. Anche Edda Ciano che è spesso a Capri lo chiama così. L’Isola di Capri infatti a partire dai primi anni del Novecento era diventata una delle mete più frequentate dai personaggi dell’élite. Edda già dagli Anni ‘30, frequenta l’isola e vi soggiorna coi tre figli, quando il matrimonio con Galeazzo Ciano si trasforma in una relazione aperta, vive sull’isola diversi amori, tutti tollerati dal duce, ben sapendo che poco può fare con questa figlia così decisa e volitiva, ma Pietro non è ben visto come cavaliere per Edda per via della sua condizione bottegaia. Quando Edda, dopo la fine della guerra e della fucilazione di Mussolini, rientrò in Italia dall’esilio in Svizzera, ritornò a Capri e riprese la liaison con Capuano, anche se Edda diceva che erano solo soci d’affari. Tuttavia per Edda fu sicuramente un amico fedele, perché non mancò di tornare un’ultima volta a Capri, nel 1982, in occasione del funerale di Pietro Capuano, poi da quel giorno a Capri non mise più piede.

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I^ parte al link:

https://www.internationalwebpost.org/contents/SIMBOLISMI_NELLA_CULTURA_E_NELL%E2%80%99ARTE_24768.html#.YgaDBd_MKUl

II^ parte al link:

https://www.internationalwebpost.org/contents/SIMBOLISMI_NELLA_CULTURA_E_NELL%E2%80%99ARTE_24773.html#.YgfWUN_MKUk

III^ parte al link:

https://www.internationalwebpost.org/contents/SIMBOLISMI_NELLA_CULTURA_E_NELL%E2%80%99ARTE_24790.html#.Ygjs_N_MKUk

IV^ parte al link:

https://www.internationalwebpost.org/contents/SIMBOLISMI_NELLA_CULTURA_E_NELL%E2%80%99ARTE_24802.html#.Ygo7U9_MKUk

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Fine

Paola Tassinari

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