SIAMO CIÒ CHE MANGIAMO?
Gli italiani passano sempre più tempo ai fornelli, sfuggendo alla tentazione “junk food”
Per gli italiani, si sa, il cibo è una cosa seria. Conosciuto in tutto il mondo come patria di pizza e pasta, il nostro è decisamente un Paese di buongustai. Benché l’imperante cultura globalizzata ci spinga a cedere al perverso fascino dei fast food, il più delle volte preferiamo concederci un pasto preparato direttamente a casa, scegliendo con cura gli ingredienti e le modalità di cottura. Una naturale attitudine, confermata dalle statistiche Ipsos risalenti allo scorso marzo: la media del tempo trascorso davanti ai fornelli è di un’ora e mezza al giorno, il 20% in più rispetto al 2016. “Si tratta di una storica inversione di tendenza, determinata da una maggiore attenzione alla qualità dell’alimentazione e al suo impatto sulla salute. Un ritorno al passato, frutto del numero crescente di italiani, anche giovani, che si gratificano ai fornelli con la cucina e il buon cibo, primarie attività di svago, relax e affermazione personale.” ha commentato la Coldiretti.
A sorpresa (e a dispetto di qualsiasi stereotipo di genere), la ricerca svela che il gentil sesso non è l’unico a occuparsi delle faccende “culinarie”: la passione per la cucina sembra infatti aver contagiato anche buona parte della popolazione maschile. Nel tempo libero, gli uomini sanno apprezzare le gioie dello show cooking casalingo, in cui la preparazione dei cibi viene in un certo senso spettacolarizzata, proprio come nelle popolari trasmissioni di cucina. Calati nella parte di chef, ci si diverte a preparare il pasto insieme ad amici e parenti; così, l’atto del cucinare è espresso in tutta la sua potenzialità creativa e, allo stesso tempo, nella sua capacità d’intrattenere, offrendo piacevoli momenti di condivisione.
Il menù della famiglia-tipo lascia ampio spazio a piatti sostanziosi ma genuini, nel rispetto della tradizione. Nel quotidiano come nelle grandi occasioni, è la pasta a regnare sulle tavole, declinata in ogni variante possibile: la più gettonata è quella a base di pesce (con il 39% di preferenze), seguita dai primi di carne (17%) e da quelli cotti al forno (18%). Tra i secondi, le portate al sapore di mare (scelte per il 48%) fronteggiano ancora una volta quelle di terra (43%). Il dessert, invece, mette tutti d’accordo: a trionfare è il tiramisù, delizia a base di savoiardi, caffè e mascarpone.
L’attenzione dei “cuochi improvvisati” non è rivolta solo verso la composizione scenografica e l’aspetto invitante delle porzioni: anche la qualità degli ingredienti riveste un ruolo cruciale. “La ricerca della qualità si spinge anche nella selezione delle materie prime. Il 95% degli italiani sottolinea l’importanza della provenienza dei prodotti: ben tre italiani su quattro sono disposti a pagare anche l’11,5% in più per garantirsi un prodotto al 100% italiano - spiega ancora Diego Scaramuzza, presidente dell’associazione agrituristica di Coldiretti - Una tendenza, questa, che incoraggia gli acquisti diretti dagli agricoltori. Più di quattro italiani su dieci nel 2016 hanno fatto la spesa dal contadino, nei cosiddetti ‘mercati degli agricoltori’, con un aumento record del 55% negli ultimi 5 anni”.
Tradizione e tecnologia trovano terreno comune proprio nella ricerca dell’eccellenza a tavola: come riportato da una recente indagine, il 73% degli italiani valuta positivamente gli acquisti online, paragonandoli a quelli effettuati nei negozi premium. Nel 2016 le spese effettuate via Internet sono state 790mila, un numero certamente destinato a crescere in breve tempo: il 23% degli intervistati, infatti, prospetta un’intensa attività “virtuale” finalizzata agli acquisti alimentari nei prossimi 2-3 anni.
L’impiego di dispositivi elettronici – soprattutto tablet, smartphone e computer – è legato anche al crescente interesse verso una dieta sana e a basso impatto ambientale: il 42% dei nostri connazionali naviga in rete alla ricerca di ulteriori informazioni sui prodotti, consultando spesso il sito Internet dei produttori. Un’attenzione costante e mirata, che va ben oltre l’elenco degli ingredienti e dei valori nutrizionali riportato in genere sul retro di ogni confezione.
La salute risente positivamente di tali scelte: la cosiddetta dieta mediterranea, privilegiata da gran parte degli italiani, costituisce un ottimo antidoto contro la tentazione esercitata dal junk food, meglio conosciuto come “cibo spazzatura”. Hamburger, patatine fritte, snack preconfezionati: tutti alimenti ad altissimo contenuto calorico, ma con scarso valore nutritivo. Peccati di gola che spesso ci concediamo a cuor leggero, ignorandone l’enorme ricaduta distruttiva sul corpo. Questi cibi sono preparati, nella maggior parte dei casi, con ingredienti di scarsissima qualità (il che ne giustifica i costi “appetibili”): i prodotti venduti nei popolari fast food sono fonte di grassi idrogenati, dolcificanti, coloranti e sodio, in quantità tanto eccessive da destabilizzare il nostro organismo. Nessuna traccia, invece, delle sostanze nutritive che ci consentono di “funzionare” correttamente: vitamine, minerali, fibre, grassi acidi essenziali. Il rischio più prevedibile è l’obesità, ma un’alimentazione disordinata comporta pericoli anche per il sistema cardiocircolatorio, digestivo e nervoso. Secondo uno studio condotto dallo Scripps Research Institute nel 2008, il junk food avrebbe effetti simili a quelli provocati dalle sostanze stupefacenti sul nostro cervello, sviluppando una vera e propria dipendenza, che ingenuamente etichettiamo come semplice golosità. Insomma, la scienza conferma ciò che Ludwig Feuerbach, celebre filosofo tedesco, sosteneva più di un secolo fa: “I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; l’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. L’uomo è ciò che mangia”.
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