SEBASTIANO A.PATANE’-FERRO
Quando la poesia diventa dialogo, concreta, vicina, immensa
Che un artista valga più da morto che da vivo è purtroppo triste realtà. I poeti non fanno eccezione in quello che è, a tutti gli effetti, il carrozzone della notorietà. Il web, in questi giorni, si è riempito di ricordi e cordoglio per la scomparsa di Sebastiano A. Patanè Ferro. Poeta siciliano, assai sottovalutato ma talmente umile da donare umanità sotto forma di poesia a chiunque lo sfiorasse. La sensibilità, la tenacia, la cura maniacale dei particolari. Una sua caratteristica, oltre al pathos è sempre stata una specie di sceneggiatura come apertura e/o chiusura ai testi. Una poesia quasi dialogata, concreta, vicina, immensa. I poeti dovrebbero essere prima uomini difettosi e mai ergersi a troni di perfezione. La vera poesia quando viene al mondo non conosce direzione precisa. Lo sapeva bene Sebastiano che adorava le parole così come le parole veneravano lui.
Ho conosciuto la sua scrittura tantissimi anni fa su diversi forum: è stato amore a prima lettura. Abbiamo intersecato i nostri versi in numerose composizioni e sebbene, abbia mancato l’incontro di persona quando è venuto a Napoli, sento di aver avuto il privilegio di incrociare, trascorrere e perfino condividere un pezzo di vita con lui o almeno mi piace pensarlo. Alcune volte il tempo dovrebbe fermarsi. Facciamo allora che siamo ancora nel 2013 ed io, non riesco a trovare le parole giuste per la tua poetica.
Facciamo che scrivo e riscrivo e tardo a contattarti perché, di norma, mi sforzo di raggiungere una certa oggettività, riuscendo ad apparire perfino distaccata. Una lotta alle emozioni persa in partenza con te. Facciamo che mi invii la biografia da aggiungere ed all’improvviso mi parli di un regista che vorrebbe sceneggiare i nostri duetti. Ed io meravigliata, non tanto dalla notizia in sé, ma dal fatto che tu ci credessi in questo modo da proporli e sottoporli agli addetti ai lavori. Facciamo che non sei morto da qualche giorno e che io non abbia, come al solito, aspettato troppo per proporre la tua poesia su questa rivista. E allora sono questi i miei fiori per te, una traccia umana da non far cadere nell’oblio, con le poesie che tu stesso hai scelto, qualche tempo fa come se la parola tempo fosse un concetto del tutto arbitrario.
a sud dei rosmarini
sole silenzioso
centomila anni stanchi nel cuore di farina
gong d’oltre terra tanto vicina al cielo
che spacca la zolla in tre e poi in cinque
senza riguardo sole silenzioso senza pelle
col seme caduto sull’irrisolta fecondità
di una poesia che certo non sa d’amare
parla sorda scure imprevedibile
della poetessa di Foligno colpisci pure
le parole conservate dalle ambre
a sud dei rosmarini, dove il silenzio
chiacchera col nulla dell’ombra di una mano
che appena sfiora il fucsia d’un passato
proprio accanto alle radici
senza pioggia non può esserci colore
in una sera così lontana da quest’istante fermo
tra le dita e la carezza immobile a mezz’anima
nell’aria ridotta ad unico respiro
ah ridicola speranza del principio
che vuole il cuore prima della mente
senza passare attraverso le betulle
*
le calme d’agosto
come facevo a capire dove fosse la luna, quale la finestra
lungo l’elusiva rappresentazione delle calme d’agosto
quando si raccolgono per difetto le intensità circolari
fra la bocca il seno e la distanza
e se mi abbandonassi
scivolando col sudore delle mani nelle polveriere delle vene
al fluire congiunto sovrapposto all’illusione che di noi fa solo
un fiume non descritto
mancherebbe certamente la misura che ci lascia distinguibili
tracce di corpi senza petali un’alfa senza seguito
di limiti presunti e mai sistemi per quanto estemporanei
sull’obliquo ascendere dei sensi
ma un movimento impercettibile di labbra riporta i picchi
e le cadute spazzando
il fermoimmagine -vedi il desiderio- dalle inferriate
*
Novantadue parole
stasera gli ulivi non riflettono l’argento
voglio pensare che non ci sia luna
che giù nel cortile il passo è corto per davvero
e tu non canti questa sera
–
guarda le pieghe di quest’aria
sembra muoversi da sola senza voce
dall’intonaco alla gonna stilla del mio tempo
–
è bello ascoltare il respiro stringersi alle dita
con te che gli ulivi vorrebbero al posto della luna
–
canta allora quelle antiche litanie
che sanno di zolfo e nocepesca
(è tutto dentro gli occhi ramemare)
–
io sono qui sto raccogliendo il miele
in novantadue parole
Biografia
Sebastiano A. Patanè Ferro nasce a Catania nel 1953 sotto l’acquario di febbraio. Muore troppo presto il 26 maggio 2021. Fin da giovanissimo coltiva la passione delle lettere che comincerà a sviluppare con impegno negli anni ‘80 quando fonda il centro culturale e d’arte “Nuova Arcadia” salotto di poesia e sede di numerosi reading. Tra le sue raccolte poetiche figurano Luna & dintorni (autoproduzione, 1994), Poesie dell’assenza (Clepsydra Edizioni, 2011), Gli angoli (aprono i loro acuti per ingoiarci), (Smasher Edizioni, 2013), Il pescatore di fiori, (Rayuela, 2014). È presente in diverse antologie tra cui Metamotphosis (Versinvena Edizioni), Fragmenta, No job (Smasher Edizioni), Il cielo di Lampedusa (Rayuela Edizioni) e Kronos (Onirica Edizioni). Ha gestito due blog di poesia contemporanea: “Le vie poetiche” e “La casa senza tempo”, oltre ai suoi blog personali quali “La cava della parola” e “Sciaranera”.
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