SALVADOR DALI’: LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA

Arte tra noi

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Carissimi lettori da grande appassionata di arte a cominciare da oggi, nell’ambito della rubrica di Cultura, vi condurrò in un percorso nuovo dedicato ai capolavori di artisti italiani e stranieri, che hanno segnato il mio percorso di studi e di vita.

cms_27423/1.jpgHo sempre ritenuto questa materia elemento fondamentale per analizzare anche aspetti importanti della nostra storia e, soprattutto, appassionante poiché in grado di regalarci scoperte sempre nuove. Cominceremo da uno dei miei artisti preferiti: SALVADOR DALI’.

A questo punto vi chiederete perché proprio lui e cosa mi colpisce prevalentemente delle sue opere. La risposta è molto semplice: l’utilizzo della simbologia

Attraverso la sua arte, infatti, Dalí elaborava le proprie paure, la sessualità e i suoi oggetti preferiti, che a loro volta sono diventati simboli eterni dell’essenza stessa del pensiero surrealista.

Egli sosteneva,infatti, che “l’arte progressista può aiutare le persone a conoscere non solo le forze oggettive all’opera nella società in cui vivono ma anche il carattere intensamente sociale delle loro vite interiori.

In ultimo può spingere le persone verso l’emancipazione sociale.”

La sua arte è eclettica e versatile, poiché l’artista si ispira alle teorie della psicanalisi freudiana. Egli esplora i deliri del suo subconscio e li trasporta nella realtà attraverso simboli nei suoi dipinti.

LA VITA

cms_27423/2_1662519970.jpgLa prima cosa che mi viene in mente quando si parla di Dalì, oltre che le sue opere, è il suo saper raccontare quel suo mondo onirico anche attraverso il suo aspetto: baffi lunghi e sottili, ispirati a quelli del maestro del Seicento spagnolo Velázquez, abiti di velluto dai colori sgargianti con ricami in oro. Nacque a Figueres, 11 maggio 1904 e fu pittore, disegnatore, scultore, scrittore e sceneggiatore.La sua esistenza è stata costellata da profonde difficoltà emotive durante il periodo dell’infanzia come, ad esempio, la prematura morte di suo fratello.
Appena adolescente il suo estro artistico fu subito notato.
Non ancora maggiorenne iniziò a frequentare l’Accademia di Belle Arti a Madrid, dove conobbe e strinse amicizia con lo scrittore Federico Garcia Lorca e il regista Luis Bunuel, fondamentali per l’inizio della sua carriera.Nel 1925 venne espulso, ma,nello stesso anno, conobbe il celebre pittore Pablo Picasso, altra figura che ha influenzato moltissimo il suo modo di dipingere. Le opere create durante il periodo post accademico furono per questo caratterizzate da una forte impronta futurista e cubista. Nel 1929 sposò definitivamente la corrente surrealista grazie allo studio dei lavori di De Chirico e alla psicoanalisi di Freud. I suoi lavori in quel periodo erano, infatti, caratterizzati da tratti freddi, calcolati e minuziosi.

Nel corso degli anni 40 si trasferì a New York, dove lavorò nel mondo della moda e del design. Fu il primo pittore a utilizzare olografie e contribuì a gettare le basi della Pop Art.

Il 23 gennaio 1989, mentre ascoltava il suo disco preferito, Tristano e Isotta di Wagner, morì per un altro attacco di cuore.

L’OPERA: LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA

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All’interno della sua autobiografia, La mia vita segreta, Salvador Dalì ci racconta come è nata l’opera.

E’ una sera d’estate e l’artista ha un leggero mal di testa, per questo motivo all’ultimo momento decide di non andare più al cinema con la moglie Gala e alcuni suoi amici. Durante la cena ha mangiato un camembert, formaggio francese molto forte.

Rimasto solo, Dalì rimane a lungo a meditare sul problema filosofico posto da quel formaggio. Come d’abitudine, si reca nell’atelier per gettare un ultimo sguardo sul dipinto su cui sta lavorando: si tratta di Port Lligat. Prima di spegnere la luce vede l’intuizione:

E il giorno in cui decisi di dipingere orologi, li dipinsi molli. Accadde una sera che mi sentivo stanco e avevo un leggero mal di testa, il che mi succede alquanto raramente. Volevamo andare al cinema con alcuni amici e invece, all’ultimo momento, io decisi di rimanere a casa. Gala, però, uscì ugualmente mentre io pensavo di anadare subito a letto. A completamento della cena avevamo mangiato un camembert (un formaggio) molto forte e, dopo che tutti se ne furono andati, io rimasi a lungo seduto a tavola, a meditare sul problema filosofico dell’ipermollezza posto da quel formaggio. Mi alzai, andai nel mio atelier, com’è mia abitudine, accesi la luce per gettare un ultimo sguardo sul dipinto cui stavo lavorando.”

L’opera, del 1931, mostra il paesaggio deserto e privo di vegetazione di Port Lligat all’alba, l’unica cosa che notiamo sono tre orologi deformati e uno rigido ricoperto interamente di formiche.Da questo il nome di orologi molli che rappresentano la relatività della percezione temporale. Non vi sono presenze umane riconoscibili, se si esclude la strana forma stesa a terra, che molto probabilmente riproduce il ritratto dell’artista su cui è appoggiato uno degli orologi.
Dalí intendeva dimostrare l’aspetto psicologico del tempo.Possiamo trovarci a vivere una medesima situazione, ma ognuno di noi ha la propria sensazione temporale.Il trascorrere del tempo, secondo l’artista, segue solo la logica degli stati d’animo ed è relativo ai bisogni e ai desideri di ciascun individuo: scorre, infatti, rapidissimo se si è felici e invece appare lento in una condizione di noia o di tristezza. Abbiamo poi il quarto orologio, coperto di formiche, che rappresenta invece il tempo misurato dagli strumenti, il tempo oggettivo che corrode e consuma. Insomma, ognuno ha una propria visione della vita e dei ricordi propri che vanno a ritmo diverso, come questi orologi molli. Generalmente, invece, si tende a scandire rigorosamente il tempo misurandolo in secondi, minuti, ore, giorni, settimane, insomma, in dati che lo quantificano in maniera oggettiva, fissa e calcolabile.

Secondo la sua interpretazione , invece, non tutto può essere sempre calcolato e monitorato da strumenti tecnici come orologi e calendari, ma bisogna soprattutto considerare le emozioni, le sensazioni e l’esperienza umana.

Grazia De Marco

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