RILEGGENDO POESIA – LORENZO CALOGERO

Abiti, svolazzanti capelli…

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cms_29712/poesia.jpg“Lorenzo Calogero da Melicuccà, Reggio Calabria: della sua vicenda, presto sfumata nella leggenda, si carpiscono dai regesti biografici tracce sanguinose, ombre dure, fuochi remoti” Ecco il bell’incipit dell’articolo di Daniele Piccini intitolato Una celeste titubanza (POESIA - giugno 2008, n. 228).

“A Melicuccà, matrigna e materna, Calogero finiva per rifugiarsi ogni volta, in fuga dal suo lavoro di medico in altri paesi o, negli ultimi anni, dalle sue degenze a Villa Nuccia, la clinica per malattie nervose di Gagliano di Catanzaro, dove fu a più riprese ricoverato. La scrittura era per quest’uomo un fatto quasi fisiologico, connaturato con la sua vita. […] Scrivere fu il suo cordone ombelicale col mondo, sino alla fine.” Queste poche righe già ci fanno intravedere la figura di Lorenzo Calogero, che oggi – forse – sarebbe un perfetto sconosciuto se Crocetti non avesse pubblicato quell’articolo. Era anche intenzione della stessa casa editrice pubblicare un volume (postumo, poi vedremo le notizie biografiche) ma il fatto che oggi non se ne trovi traccia “digitale” significa che evidentemente il progetto non è andato in porto.

Fu Eugenio Montale, in una recensione sul Corriere della Sera, a riscoprire criticamente Calogero e a trasformarlo in un caso nazionale negli anni ’60. Per chi volesse approfondire è oggi disponibile il sito https://www.lorenzocalogero.it/, con note biografiche assai accurate e che noi tenteremo di riassumere.

cms_29712/Lorenzo_Calogero.jpgLorenzo Calogero nasce dunque a Melicuccà (Reggio Calabria) nel 1910 da una famiglia di proprietari terrieri. Dopo la laurea in Medicina nel 1937, esercita la professione nel suo paese natale e in altri paesi della Calabria (manifesta le prime patofobie, però, già nel 1934). A Melicuccà torna spesso, dalla madre, suo unico punto di riferimento. Invia le prime poesie con la speranza che vengano pubblicate a Carlo Betocchi e a Piero Bargellini. I versi gli vengono però restituiti, allora scrive a premi letterari e riviste spurie, vuole pubblicare ad ogni costo. Nel 1936 esce a sue spese il primo libro, Poco suono, presso Centauro Editore. Il primo a riconoscere le sue qualità poetiche, e che gli sarà amico fino alla fine, sarà Leonardo Sinisgalli. La sua è una vita interiormente tormentata e ossessionata dal pensiero della morte. Nel 1944 inizia una lunga corrispondenza epistolare con una studentessa di Reggio Calabria, Graziella, cui seguirà un fidanzamento di cinque anni. La sua vita è sempre più caotica, abbandona i posti di lavoro, si rifugia dalla madre con più frequenza. Mangia pochissimo, si “nutre” di caffè e sigarette e fa uso di psicofarmaci. Pubblica tre libri di poesia a pagamento, uno con la prefazione di Leonardo Sinisgalli. Dopo un primo tentativo di suicidio, nel 1942, nel 1956 tenta nuovamente di togliersi la vita, tagliandosi le vene durante uno dei vari ricoveri nella clinica psichiatrica Villa Nuccia (istituzione dai controlli piuttosto blandi, evidentemente): si era innamorato di un’infermiera, Concettina, che – altrettanto evidentemente – non poteva ricambiarlo. Nel 1957 vince il premio letterario “Villa San Giovanni”, ma proposte editoriali zero. Trascorre gli ultimi anni da solitario e sventurato poeta nel suo paese natale, consacrato alla poesia, corteggiando la morte. Una vicenda biografica, la sua, che può essere messa a confronto con quella di Maria Marchesi: entrambi affetti da disturbi psicotici ed entrambi grandi poeti (sebbene la vera storia di Maria Marchesi sia stata ben raccontata nel romanzo-inchiesta L’Argatil, di Gabriella Montanari).

cms_29712/1.jpgIl corpo senza vita di Calogero fu trovato nella sua casa di Melicuccà il 25 marzo 1961. Nell’ultima pagina di un quaderno trovato sulla sua scrivania, è stata individuata quella che forse è la sua ultima poesia, “Inno alla morte”. Un biglietto trovato accanto al suo corpo, recita la frase: Vi prego di non essere sotterrato vivo. Montale e Sinisgalli non si erano sbagliati: Lorenzo Calogero era un grande, e non sappiamo, nonostante alcune ricerche da noi effettuate, se Betocchi e Bargellini gli restituirono i versi perché lo consideravano pazzo (probabilmente insistette molto per la pubblicazione) o perché i suoi versi proprio non piacquero. Se fosse vera la seconda ipotesi, Betocchi e Bargellini avevano preso una cantonata colossale. Nel 1961 Giancarlo Vigorelli pubblica alcune sue poesie con note di Leonardo Sinisgalli, peccato che Calogero fosse già morto. Nel 1962 con l’uscita del I vol. di “Opere Poetiche” in un’elegante edizione della collana “Poeti europei” della casa editrice Lerici, esplode il “caso letterario Lorenzo Calogero”. Centinaia di articoli della stampa italiana e straniera lo definiscono “nuovo Rimbaud italiano”. Il clamore dura quasi ininterrotto fino al 1966, quando, quasi subito dopo la pubblicazione del II vol. di “Opere Poetiche”, la casa editrice Lerici pone fine alla sua attività editoriale. Per anni è stato atteso l’ultimo dei volumi della Lerici che avrebbe dovuto contenere Avaro nel tuo pensiero, ancora oggi inedito, insieme ai circa 800 quaderni manoscritti, fittissimi di liriche, numerosi scritti in prosa e lettere con poeti, critici, editori, intellettuali. Attualmente il corpus inedito è composto da più di 15.000 versi che attendono un’adeguata collocazione nella più alta letteratura del ‘900. Attendiamo anche noi.

Abiti, svolazzanti cappelli
e guanti portano e l’alito
di una canzone che batte in fronte
e il mesto bagliore degli occhi
trattiene; e se i venti
sono senza confine, ecco,
sulle tegole rosse, appaiono
leggere le muse; e cime
e città fantastica stanno con gioia,
ora che olio versa
da una vana lucerna una vana fanciulla
e paesi persi del tempo
in una luce che li smorza gemono
in una vana rincorsa.

Raffaele Floris

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