RILEGGENDO POESIA – ADA NEGRI
Orgoglio
Nel 1995 ricorreva il 50° anniversario della morte di Ada Negri. Il mensile POESIA (n. 86/giugno ‘95) ne dava ampio spazio, pubblicando gl’interventi di Guido Piovene, Antonia Arslan e Anna Folli, oltre a pubblicare numerosissime poesie dell’autrice scomparsa cinquant’anni prima, appunto.
Non è quindi facile né, per altri versi, irreprensibile tentare di riassumerli. Proviamo ad accennarli. “Non c’è vero artista che non finisca per vivere personalmente la sua poetica; nei casi maggiori, i rapporti tra la persona di un artista e la sua poetica sono più interni, più sfuggenti, mai ostentati, mai ovvi; si svolgono segretamente mediante un gioco che non ci è possibile cogliere. Nella Negri il gioco si svolgeva in superficie. Tale la sua persona, tale lo scritto.” (G. Piovene). “Scrittrice che resta tutta la vita sul limitare dell’arte compiuta. Le poesie della sua maturità, tuttavia, tracciano l’immagine letteraria di un nomadismo appassionato, che si ferma solo per incarnare l’assoluto nella creatura che è oggetto della sua passione.” (A. Arslan). “Il tema del sonno e del sogno, con le variazioni degli incubi femminili, virginali e di maternità specialmente, in versi e in prosa resta vivo nel tempo.” (A. Folli). Da https://www.adanegri.it proponiamo alcuni cenni biografici.
Ada Negri nacque a Lodi il 3 febbraio 1870. Rimasta orfana del padre all’età di un anno, dovette adattarsi a vivere nelle misere stanzette della portineria di casa Barni, dove la nonna svolgeva compiti di portinaia; la madre, Vittoria Cornalba, dovette poi impiegarsi presso il lanificio per far studiare la piccola "Dinin". Iscritta alla “Scuola Normale Femminile”, il 18 luglio 1887 conseguì la patente di maestra elementare ed iniziò ad insegnare, prima a Codogno, poi a Motta Visconti, dove passò il periodo più felice della sua vita (come ricorderà molti anni dopo in alcune belle pagine autobiografiche della Cacciatora e di Stella Mattutina). In quegli anni nacquero le sue prime poesie di appassionata denuncia, confluite nel 1892 nella prima raccolta, Fatalità, pubblicata da Treves e salutata entusiasticamente da Giosuè Carducci.
Per la fama acquistata divenne docente al “Gaetana Agnesi” di Milano, dove si trasferì con la madre, entrando in contatto con vari membri del Partito Socialista Italiano, tra cui Filippo Turati, Benito Mussolini, Anna Kuliscioff (di cui si sentiva sorella ideale); visse un’intensa e travagliata vicenda d’amore con il giornalista Ettore Patrizi, che ben presto però si trasferì in America lasciando nella scrittrice una grande delusione. Dal fallimentare matrimonio (1896) con Giovanni Garlanda, industriale tessile di Biella, nacquero Bianca, ispiratrice di molte poesie, e Vittoria, che morì a un mese di vita; poi il matrimonio tramontò e Ada proseguì la sua ricerca letteraria, incontrando un crescente successo di pubblico e di critica. Nel 1913 per un anno si trasferì a Zurigo con la figlia, per tornare a Milano allo scoppio della guerra. Nel frattempo la sua fama cresceva e si consolidava, fino a farle ottenere nel 1931 il Premio Mussolini per la carriera e nel 1940 (prima e unica donna) il titolo di Accademica d’Italia, dopo che già negli anni venti aveva sfiorato il Nobel (assegnato invece nel 1926 a Grazia Deledda). Nel capoluogo lombardo morì l’11 gennaio 1945. Il sito è ben curato a tal punto che esiste anche il link “per una biografia più ricca”; non mancano quindi le opere, le immagini, gli eventi e persino le tesi di laurea su Ada Negri. Approfondire non è vietato.
Donna, socialista, poetessa (e, successivamente, con un matrimonio fallito alle spalle). Non possiamo che immaginare una vita non facile per ognuna di queste situazioni, vissute in quel contesto storico. “Ostile, armata, di razza diversa”, così descrive Veronetta, protagonista del racconto Il denaro. E così descrive anche un po’ se stessa. Nel lanificio dove lavorava la madre infortuni sul lavoro, soprusi, licenziamenti in tronco erano la normalità. Ormai cinquantenne e famosa, affermò: “Non mi rassegno a credere che, in me, quel ch’è stato non debba essere ancóra. Invidio la terra che ho nelle mani: sembra insensibile, e invece possiede tanta energia di continuazione. Ma non mi ascolta, non mi parla, non mi consola: è sorda ed è muta, perché eterna.” (da Il carro di fieno). Possiamo dunque evitare, facendo riferimento ad Ada Negri, la retorica della “maestrina di Motta Visconti?” Per non essere ridicoli.
Orgoglio
Soffri in silenzio. Non chiamar nessuno
a numerar le lacrime degli occhi
tuoi. Sia pur grave il colpo che ti tocchi,
chieder coraggio ad altri è inopportuno.
Conta nel tuo segreto ad uno ad uno,
se vuoi, curva e prostrata sui ginocchi,
i singhiozzi del cor — ma non trabocchi
la piena mai, per la pietà d’alcuno.
È un’orribile cosa esser compianti.
Conquista in te, con la tua forza sola
di volontà, l’oblio del tuo cordoglio.
T’insegnerò, per disseccare i pianti
fiacchi e cangiarli in riso entro la gola,
un peccato magnifico: l’Orgoglio.
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