RILEGGENDO POESIA – TOMASO KEMENY

Insonnia

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Abbiamo parlato di Tomaso Kemeny, sia pure per inciso, nella rubrica PROPOSTE DI LETTURA che introduceva la figura di Torquato Tasso. Ci ritorniamo ora, rileggendo il n. 27/anno III, marzo 1990 del mensile POESIA.

Ci teniamo a ribadirlo: il nostro auspicio è quello che Tomaso Kemeny possa essere adeguatamente conosciuto e apprezzato anche dai lettori dell’International Web Post.

In quell’occasione apparvero alcuni inediti, accompagnati da note piuttosto scarne che ci sembra ora doveroso integrare.

(Da https://www2.lingue.unibo.it/romanticismoold/PARTNERSHIP/argonauti/kemeny.htm):

cms_21502/unnamed.jpgTomaso Kemeny (Budapest, 1938), all’età di dieci anni si trasferisce a Milano, dove si è laureato in Lingue e Letterature straniere all’Università Commerciale Luigi Bocconi, e dove vive tuttora. È una delle voci più originali della poesia italiana contemporanea; la silloge Il guanto del sicario del 1976 è stata pubblicata in doppia lingua inglese e italiana (The Hired Killer’s Glove - Il guanto del sicario, 1976). Artista poliedrico, Tomaso Kemeny si occupa di poesia, poesia visiva, teatro e narrativa; a lui si deve, per esempio, l’invenzione della lingua degli indiani d’America per lo sceneggiato Cristoforo Colombo di Alberto Lattuada (1985). In ambito teatrale, tra le altre attività, è stato consulente, con Alessandro Serpieri, per l’edizione semiotica dell’Amleto di Shakespeare (1978), messo in scena da Gabriele Lavia e Ottavia Piccolo.

Per quanto riguarda la poesia, ha pubblicato Il guanto del sicario , Qualità di tempo (Milano, 1981), Recitativi in rosso porpora (Udine, 1989), Il libro dell’angelo (Milano, 1991), Melody (Milano, 1997), Desirée (Milano, 2002), Se il mondo non finisce (Faenza, 2004). Per il teatro ha scritto il testo drammatico La conquista della scena e del mondo, rappresentato per la prima volta nel 1996. In ambito narrativo Kemeny ha pubblicato il romanzo Don Giovanni innamorato (Milano, 2002). Con il filosofo Fulvio Papi ha scritto Dialogo sulla poesia (Pavia, 1997) e ha pubblicato il libro di poetica L’arte di non morire (Udine, 2002). Con Giuseppe Conte e Stefano Zecchi ha curato l’Almanacco del Mitomodernismo 2000 (Alassio, 2000).

Nel 2005 ha pubblicato La Transilvania Liberata, poema epiconirico (Milano) in dodici canti (Premio Montano 2006). Tra le ultime pubblicazioni si segnalano Poemetto gastronomico e altri nutrimenti (Jaca Book, Milano, 2012), Una scintilla d’oro a Castiglione Olona e altre poesie (Effigie, Milano, 2014), 107 incontri con la prosa e la poesia (Edizioni del Verri, Milano, 2015) e Boomerang (Edizioni del Verri, Milano, 2017).

cms_21502/1.jpgChi scrive ha avuto occasione d’incontrarlo a Torino nel 2019, nell’ambito della cerimonia di premiazione del concorso I Murazzi. A Kemeny fu attribuito il premio alla carriera. Lo spessore artistico e umano del poeta e dell’intellettuale è indubitabile, con un garbo e una misura d’altri tempi. In una di quelle scarne note si affermava: “Il frammento farà parte del IV Canto di un poema che richiede ancora molti anni di composizione: La Transilvania Liberata. Il Preludio del poema è apparso su Letteratura Internazionale, 22, Autunno 1989.” In effetti il poema fu pubblicato soltanto nel 2005, vincendo il concorso Montano nel 2006, come indicato nelle note biografiche. Ha affermato, tra l’altro: La dannazione del poeta è farsi omologare nello spazio del mercato culturale con i suoi rituali e lasciarsi etichettare come “operatore culturale”, accettando di farsi esiliare dai misteri della Natura. La poesia valida accende la scintilla anarchica in grado di mutare “il deserto che avanza” in un bosco di rose ardenti. Ogni poesia vera è una dichiarazione di guerra totale alle patologie che assoggettano il mondo all’Impero del Brutto e della putrefazione amorale. La solida tradizione di volgarità e menzogne sostenute dai mass-media impone alla poesia di proteggere anche ciò che vale ricordare.

Insonnia

I guanti bianchi dell’insonnia
mi tolgono il manto del dicibile.
Fremiti d’argento
galoppano in sillabe
più vive del fuoco.
Le parole scottano
i seni della luna,
evaporano
prima che il sole possa
sorgere, finalmente.

Raffaele Floris

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