RILEGGENDO POESIA – ANTONIO PORTA

Utopia del nomade, Movimenti.

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“Il 12 aprile (1989, Nda) muore improvvisamente a Roma Antonio Porta, uno dei maggiori poeti italiani contemporanei. Poesia raccoglie qui testimonianze di amici e collaboratori, e presenta due inediti da un epistolario e una scelta di versi dai suoi libri, come primo segno di profonda riconoscenza.” Così il n. 5/anno II, maggio 1989.

I contributi a quello storico articolo furono davvero imponenti. Alcuni nomi: Maurizio Cucchi (direttore della rivista), Cesare Viviani, Luciano Erba, Niva Lorenzini, Franco Buffoni, Giancarlo Majorino, Edoardo Sanguineti, Biancamaria Frabotta, Valerio Magrelli, Roberto Carifi, Franco Fortini, Luciano Anceschi e altri.

cms_21121/2v.jpgAntonio Porta (grande poeta e grande tennista, 1935-1989), pseudonimo di Leo Paolazzi, così si racconta: nato a Vicenza ma residente a Milano sin dal 1936, dove ha compiuto studi regolari. Nel novembre 1960 si è laureato in lettere moderne all’Università Cattolica, con una tesi intitolata "La poesia di D’Annunzio verso il 900”. Nel 1958 è entrato a far parte della redazione della rivista letteraria Il Verri sotto la direzione del Prof. Luciano Anceschi.

Nell’ambito di questa esperienza nasce l’ormai storica antologia di poesia I novissimi, curata da Alfredo Giuliani cui Porta ha contribuito con le note e le proprie opere insieme a Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Alfredo Giuliani e Nanni Balestrini. Data di pubblicazione: marzo 1961. Come allargamento dell’esperienza de I novissimi fu fondato il Gruppo ’63 che radunò intorno a sé tutte le forze della nuova avanguardia italiana. Dal 1963 al 1967 ha preso parte attiva alla redazione della rivista di punta della nuova avanguardia "Malebolge" a Reggio Emilia. Dal 1956 al 1967 ha lavorato per la casa editrice Rusconi e Paolazzi s.p.a. - Milano, nel settore periodici e nel settore libri con compiti di coordinamento anche per quel che riguarda la produzione industriale. Sempre per lo stesso gruppo editoriale si è occupato in prima persona della gestione del quotidiano sportivo romano "Il corriere dello sport" per circa tre anni. Nel 1968 è stato assunto dalla casa editrice Bompiani, Milano, in qualità di direttore amministrativo e assistente alla presidenza. Nel 1972 è diventato direttore generale delle case editrici Bompiani, Sonzogno, Etas libri. Nel 1977 è passato alla casa editrice Feltrinelli in qualità di dirigente, a fianco del consigliere delegato e direttore generale. Sempre nel 77 ha raccolto il proprio lavoro poetico edito (La palpebra rovesciata, I Rapporti, Cara, Metropolis, finalista Premio Viareggi,, Week-end) e inedito dal 1958 al 1975, nel volume Quanto ho da dirvi (Feltrinelli, Milano).

cms_21121/1v.jpgHa lasciato la carica di dirigente nel 1981 per dedicarsi soprattutto al lavoro di scrittore. Ha lavorato per la RAI nel gennaio-marzo 1987 e nell’ottobre-dicembre 1987. Fa parte del Consiglio di Amministrazione della Fonit Cetra S.p.A. dal 23 luglio 1985. E’ stato poi confermato consigliere per la Nuova Fonit Cetra S.p.A. il 27 luglio 1987. Un poeta della neo-avanguardia, dunque, dal canto antilirico, quasi vivisezionato, profondamente drammatico in quanto profondamente dialettico, nel corso degli anni sempre più sperimentale (famosissimo il suo Airone). Ma senza recidere “il cordone ombelicale tra significazione ed espressività: l’oggettivo a tutti i costi e il discontinuo feroce sono solo mezzi per aprire delle crepe nel linguaggio abusato dai media e dall’uso quotidiano, per aprire delle brecce da cui far fuoriuscire il secretum oscuro e contraddittorio.” (da: https://disertare.altervista.org/le-poesie-di-antonio-porta/). Anche perché la sua voce, piena di tensione vitale e di inquietudine, ha qualcosa di “costante e fermo che si rivela subito nel tono, nel manifestarsi” (M. Cucchi). Abbassando così le pretese dell’io-poeta. “Interprete autentico della sua epoca, uscendo da se stesso, ha dato se stesso, come cancellandosi, all’opera.” Un maestro, afferma Viviani, che non si è mai curato di esserlo.

Utopia del nomade, Movimenti (6)

La città si chiama Immagine non ha limiti

né centri può specchiarsi in sé stessa

luogo dove incontrarsi non è dunque

una città ma punto di protezione

porticati o tende luogo vegetale e animale

luogo di acque e coltivazioni uomini

vi s’incontrano o lasciano come vogliono si manifesta

il pensiero linguaggio che va preso alla lettera

sistema di piani e curve per scendere e salire

dietro a donne dietro a figli e animali

non esiste proprietà del suolo

Raffaele Floris

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