RIFLESSIONI SULLA FILOSOFIA, SULLA TECNICA E SULLA GUERRA (II^PARTE)

L’opinione del filosofo

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È di questo umanismo della scienza e della tecnica, ammirato illuministicamente nella sua capacità di emancipare l’uomo e partendo dalla centralità dell’idea di dio, l’umanismo nato e cresciuto in Europa, che Heidegger – all’indomani delle immani stragi della guerra – enumera le responsabilità storiche e considera sostanzialmente deteriore.

Heidegger tratta la questione delle scienze, alcuni anni dopo la “Lettera”, in “Scienza e meditazione”: La scienza è un modo decisivo, in cui si presenta a noi tutto ciò che è. Per questo dobbiamo dire che la realtà, entro la quale l’uomo odierno si muove e si sforza di mantenersi, è determinata in misura crescente nei suoi tratti fondamentali da ciò che si usa chiamare la scienza occidentale o la scienza europea.

cms_26058/1.jpgSe riflettiamo su questo processo, vediamo che la scienza, nel mondo occidentale e nelle varie epoche della storia di questo, ha sviluppato una potenza mai prima conosciuta sulla terra ed è sul punto di estendere conclusivamente questa potenza su tutto il globo terrestre. Se la scienza non è che un prodotto dell’uomo sviluppatosi fino a questo livello di dominio, potremmo aspettarci che un giorno, mediante decisioni di apposite commissioni, sia possibile rovesciare questo dominio? Oppure qui domina un destino di più ampia portata? Forse nella scienza c’è qualcos’altro che domina, oltre al puro voler-sapere dell’uomo?

In effetti è proprio così. C’è qualcos’altro che qui domina.

Questo altro è uno stato di cose che penetra e governa tutte le scienze, e che tuttavia resta loro nascosto. Una tale rappresentazione potrebbe mostrare come le scienze si sono incorporate, in modo sempre più decisivo e insieme meno appariscente, in tutte le forme di organizzazione della vita moderna: industria, economia, insegnamento, politica, tecniche e pratiche belliche. Riconoscere questa incorporazione è importante.

Ma per potercela rappresentare, dobbiamo aver prima capito in che cosa consiste l’essenza della scienza. Questa si può esprimere in una frase concisa, e cioè che la scienza è la teoria del reale. In via preliminare occorre rilevare che il termine “scienza” come “teoria del reale”, indica sempre e soltanto la scienza dell’epoca moderna. La frase “la scienza è la teoria del reale” non vale né per la scienza del Medio Evo, né per quella dell’antichità. La dottrina dei medievali resta essenzialmente distinta da una teoria del reale, e altrettanto nettamente si distingue, a sua volta, dall’antica ἐπιστήμη.

L’essenza della scienza moderna, che da europea, è intanto diventata un fenomeno planetario, resta fondata sul pensiero dei greci, che a partire da Platone si chiama filosofia. Nella storia europea,l’uomo diviene animal scientificum e anche animal technologicum, nel senso che il possesso della tecnologia è il tratto poietico che distingue il mondo umano da quello animale, ma anche animal ethicum, perché il possesso della morale, della libertà e della responsabilità è il tratto pratico che distingue l’uomo dagli altri viventi, ed anche animal theologicum, perché l’apertura alla trascendenza è il tratto spirituale che rende unica la specie umana fra le altre.

Chi oggi si assume – con il domandare e il riflettere, recando un contributo attivo – il rischio di seguire il movimento profondo dello sconvolgimento del mondo in cui viviamo, non deve solo tener conto del fatto che il nostro mondo odierno è completamente dominato dalla volontà di sapere della scienza moderna, ma deve anche e prima di ogni altra cosa considerare che ogni meditazione su ciò che è oggi può sorgere e svilupparsi solo se, mediante un dialogo con i pensatori greci e il loro linguaggio, affonda le radici nel fondamento della nostra esistenza storica.

Una crisi di responsabilità è anche una crisi di corrispondenza: ciò che ci separa da un’etica tecnologica responsabile è ancora oggi ciò che segna la differenza. La cultura occidentale ha oggi il dovere di rispondere tanto al disastro ecologico ed economico, quanto alla volontà di potenza espressa dal capitalismo in crisi, che i tanti conflitti esprimono.

cms_26058/2_1652670435.jpgA livello individuale, questo dovere proviene, come indica Jonas, non solo dalla paura della fine della specie umana, ma, come pensa Heidegger, dalla dignità (Wurd) che appartiene all’uomo, in quanto unico ente “chiamato dall’essere stesso a custodia della sua verità”. È qualcosa che ha più a che fare con l’onore e il rispetto di sé che con la paura, ha a che fare con una nobiltà morale che dobbiamo sentire in noi e senza la quale non ci può essere futuro per l’uomo. Noi agiamo in base a come siamo, e se abbiamo un’idea alta dell’uomo e del suo compito non possiamo che agire in conseguenza. La necessità di un inquadramento etico dell’agire tecnico, dell’indicazione di direzioni da seguire e di argini entro cui deve mantenersi la ricerca scientifica e le applicazioni tecniche, rispetto ad alcuni valori morali connaturati all’esistenza umana e al valore della persona, è innegabile.

La guerra nell’orizzonte della nuova realtà

cms_26058/3.jpg“Se la guerra deve mai essere abolita, allora deve essere tolta

dal tavolo come opzione praticabile. Così come non esiste una schiavitù

“buona” o necessaria, non esiste una guerra “buona” o necessaria.

Entrambe le istituzioni sono abominevoli e inaccettabili, indipendentemente dalle circostanze”. (World Beyond War)

La crisi energetica, la mancanza delle materie prime, le difficoltà del commercio internazionale a causa di problemi logistici, il rincaro delle commodities, la concorrenza nell’appropriarsi dei beni e dei prodotti disponibili persino a livello della filiera alimentare, si sono tradotti in ostacoli alla ripresa e hanno messo in evidenza la necessità di strategie industriali e commerciali diverse.

Riedificare un cammino per la scienza, per la tecnologia e per l’economia che si prefigga come fine prioritario la felicità dell’uomo, è oggi un compito arduo e indifferibile. È in questo senso che può essere inteso “il passo indietro” che Heidegger consiglia di fronte al progresso tecnico. Nonostante che la scoperta dei vaccini e il loro impiego di massa abbiano permesso di contenere e ridurre l’impatto della pandemia che stiamo ancora vivendo, non hanno evitato lo sconvolgimento dei precedenti equilibri.

La catastrofe dell’aggressione della Russia all’Ucraina, portando la guerra nel cuore dell’Europa, non ci ha dato modo di verificare fino a che punto i cambiamenti prodotti dalla pandemia fossero congiunturali oppure strutturali. Infatti, la guerra non si è limitata solo a proiettare una congiuntura problematica su di un orizzonte lungo, ma ha profondamente destabilizzato il quadro politico internazionale, senza che si intravveda una possibile ricomposizione.

La realtà è cambiata e nulla potrà ricondurla agli assetti precedenti. Putin si è rivelato un nemico che ha attaccato l’Occidente, a cui l’Europa non può più affidare i suoi approvvigionamenti energetici, perché il gas e il petrolio russo si sono trasformati in un’arma, tra le più potenti, in mano al Cremlino. Ma se abbiamo a che fare con un nemico - anzi con un criminale di guerra come accerteranno gli organi della giustizia internazionale - che in Ucraina si trova in difficoltà a causa della resistenza di quella popolazione, è strategicamente corretto, come stanno facendo gli Stati Uniti, rafforzare con le sanzioni e l’assistenza militare la trappola in cui Putin si è andato a cacciare? Con le bombe su Kiev durante la missione di pace del segretario generale dell’ONU, Putin ha dimostrato che non è disponibile ad alcuna mediazione.

Il governo ucraino non è intenzionato a scambiare la pace con la resa. Putin fa passare il possibile ricorso agli ordigni nucleari come “guerra totale”. Ecco la scienza e la tecnica al servizio di una guerra atomica, in cui anche la Russia avrebbe tutto da rimetterci. La domanda che dobbiamo fare: se il dittatore del Cremlino fosse davvero capace di scatenare un conflitto nucleare, non è questa una ragione per prevenire azioni estreme? E come farlo? Le catastrofi provocano sempre delle rotture col presente e il passato. E non è affatto garantito che sia possibile la ricomposizione di un nuovo equilibrio in tempi brevi.

cms_26058/4.jpgEppure, c’e’ chi ci prova. “World Beyond War” dal 2014 si batte negli Stati Uniti per l’abolizione della guerra stessa come percorso nonviolento globale contro ogni possibile guerra, per una pace giusta e sostenibile. Dall’8 al 10 luglio prossimi “World Beyond War” propone una conferenza virtuale sull’ “utopistica” visione di come può essere organizzato un mondo oltre la guerra. Si confronteranno persone che in tutto il mondo sfidano le cause oppressive del militarismo, del capitalismo corrotto e della catastrofe climatica ponendo le basi per la creazione di un sistema basato su una pace globale giusta e sostenibile.

Fine

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Prima parte al link : https://www.internationalwebpost.org/contents/RIFLESSIONI_SULLA_FILOSOFIA,_SULLA_TECNICA_E_SULLA_GUERRA_(I%5E_parte)_26014.html#.Yn--XuhByUk

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Gabriella Bianco

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