RAFFAELE, ANTONIO E VINCENZO: «DESAPARECIDOS»

Tutti i dettagli del giallo messicano. Svelati gli ultimi audio dei tre napoletani

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La città di Tecalitlan (Stato di Jalisco, Messico) sembrava aver letteralmente risucchiato tre nostri connazionali, senza lasciarne traccia. Solo nella giornata di ieri, il giallo che ruota attorno a Raffaele Russo, suo figlio Antonio e suo nipote Vincenzo Cimmino è sembrato essere vicino a una svolta, con l’arresto di quattro poliziotti in servizio a Tecalitlan. Stando alle parole del procuratore statale Raul Sanchez Jimenez, Emilio, Salvador, Fernando e Lilia - questi i nomi degli agenti fermati - sarebbero accusati di “sparizione forzata”. Una tesi concorde con le ipotesi dei familiari dei tre napoletani che, tramite il portavoce Gino Bergamè, hanno manifestato rabbia e preoccupazione: “I nostri familiari sono stati venduti per 43 euro, poco più di 14 euro a persona. Le autorità italiane si muovano per tentare di capire cosa sia avvenuto”. Lo ha ribadito anche Francesco Russo, uno dei tre figli di Raffaele, ai microfoni del Giornale Radio Rai: “I poliziotti del Messico per 43 euro di m.... hanno venduto tre connazionali, 43 euro, una vergogna inaudita”.

cms_8546/2v.jpgE’ stato lo stesso Francesco, che da tempo si trova in Messico insieme all’altro fratello, Daniele, a svelare gli ultimi contatti con i suoi familiari, scomparsi il 31 gennaio scorso. Del capofamiglia si sarebbero perse le tracce intorno alle 15:00, quando il suo telefono era risultato spento alle insistenti chiamate di Francesco e Daniele. Allertati da questi ultimi, Antonio e Vincenzo avrebbero cercato di rintracciare Raffaele aiutandosi con il GPS dell’auto che lo stesso aveva noleggiato, per poi sparire nel nulla. “Stavamo mettendo la benzina quando ci ha fermati la polizia. Due moto e un’auto, ci hanno detto di seguirli. Stiamo andando con loro, abbiamo due moto davanti e un’auto alle spalle” questo il contenuto del loro ultimo messaggio vocale, inviato a Francesco. Da lì a poco, infatti, anche i cellulari dei due cugini avrebbero smesso di squillare. Le comunicazioni con le autorità messicane, volte al ritrovamento dei napoletani, non hanno affatto aiutato i familiari in preda al panico: “In un primo momento ci hanno detto che Antonio e Vincenzo erano stati arrestati e stavano andando in commissariato, mentre di Raffaele non sapevano nulla. Ma, durante una seconda telefonata, questa versione è stata negata” ha fatto sapere Daniele.

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Pare che i Russo conducessero alcuni affari nella zona di Tecalitlan, lavorando come venditori ambulanti. Le indagini condotte tra il Messico e l’Italia avrebbero fatto emergere alcune ombre nel passato di Raffaele, arrestato tre anni fa per aver venduto generatori elettrici fabbricati in Cina e spacciati per tedeschi. Si parla di precedenti per frode e corruzione anche in Italia; intanto, si fanno strada le notizie diffuse dal quotidiano Publimetro, in contatto con fonti investigative, secondo cui il 60enne avrebbe soggiornato in diversi alberghi messicani fornendo il falso nome di Carlos Lopez. C’è anche chi vocifera di un suo possibile coinvolgimento nello spaccio di sostanze stupefacenti, attività gestita da pericolose organizzazioni criminali nello Stato di Jalisco e in tutto il Messico.

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Francesco Russo ha prontamente smentito qualsiasi accusa mossa contro suo padre, invitando piuttosto le autorità a far luce sulla sua scomparsa: “Loro sono solo lì per vendere giacche, non hanno nulla a che fare con la droga. L’ho detto mille volte: mio padre è una brava persona, andava a lavorare dalla mattina alla sera, ha 60 anni. Ma, a prescindere da questo, si tratta di un essere umano, che merita di tornare a casa sano e salvo. E’ giunto il momento di scoprire chi sono i criminali che hanno avuto in consegna mio fratello, mio padre e mio cugino”. “Lì funziona così, ti rapiscono e poi chiedono il riscatto. -avrebbe inoltre dichiarato - Ma finora nessuno si è fatto sentire”. La famiglia continua a sperare che i tre siano ancora in vita e che possano presto rimpatriare, anche a costo di dover versare un’ingente somma di denaro ai malviventi messicani. Purtroppo, si sta affermando sempre di più l’ipotesi che li vede sequestrati dal Cártel de Jalisco Nueva Generación, la più potente organizzazione criminale messicana, attiva proprio nel territorio in cui operavano i tre uomini.

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Solo ulteriori ricerche potranno svelare il mistero che tuttora sembra avvolgere questa vicenda, che per certi versi sembra “già vista”. Il caso Regeni insegna che le indagini condotte in terra straniera finiscono per restare impantanate in losche faccende e intrighi, lontane da una verità forse troppo “scomoda” per poter essere rivelata. Attualmente, secondo una recente inchiesta del Giornale, i nostri connazionali scomparsi all’estero sarebbero più di 214, tra cui “38 minorenni, 149 maggiorenni e 27 ultra 65enni”. Naturalmente, le stime comprendono solo gli individui di cui è stata denunciata la scomparsa: è drammatico immaginare quanti, invece, si siano dissolti nel nulla senza lasciare familiari e conoscenti in apprensione. Sempre più spesso, dunque, varcare le soglie della Penisola alla volta di Paesi lontani, in cui la criminalità regna, espone al rischio di essere risucchiati in un vero e proprio “buco nero” denso di sotterranei interessi economici e intricati fatti di sangue.

Federica Marocchino

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