PREMIO NOBEL DELLA CHIMICA ALLE INVENTRICI DI CRISPR

Riconoscimento a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, creatrici del metodo che permette di riscrivere il DNA

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Correva la fine di due secoli fa. Il chimico, imprenditore e filantropo svedese Alfred Nobel inventava il rinomatissimo premio che porta il suo nome. “Un’onorificenza di valore mondiale attribuita annualmente a personalità viventi che si sono distinte nei diversi campi dello scibile umano, apportando i maggiori benefici all’umanità per le loro ricerche, scoperte e invenzioni, per l’opera letteraria, per l’impegno in favore della pace mondiale”. Ad oggi sono ben sei le categorie esistenti: pace, letteratura, medicina, fisica, chimica ed economia. Al 2020 sono stati conferiti quello per la medicina (ad Harvey J. Alter, Michael Houghton e Charles M. Rice per la scoperta del virus dell’epatite C) e per la fisica (a Roger Penrose, Reinhard Genzel e Andrea Ghez per la scoperta di un oggetto compatto super massiccio al centro della nostra galassia), mentre rimangono da assegnare gli altri (fermi ai vincitori dell’anno passato).

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Ora si aggiungono le premiazioni per il campo della chimica, conferite alla francese Emmanuelle Charpentier e alla statunitense Jennifer Doudna, “per la loro capacità di riscrivere il codice della vita”. Più precisamente, si tratta delle inventrici di CRISPR, un metodo per riscrivere le basi del DNA arrivato nei laboratori da appena una decina di anni. In una sola decade è riuscito a stravolgere, in senso positivo, il lavoro degli scienziati, da sempre impegnati nello studio del nostro codice genetico, soprattutto riguardo le malattie che hanno base nell’acido desossiribonucleico. C’è di più: alcune sperimentazioni sono in corso addirittura sul campo minato quale è il cancro. Ovviamente un progetto come CRISPR non poteva non sollevare dubbi etici e morali, con polemiche annesse e connesse. Un esempio? Qualche anno fa, in Cina, sono nate due bambine con il genoma modificato proprio con questo metodo.

Ma, esattamente, cosa significa quell’acronimo con troppe consonanti e troppe poche vocali? Sciogliendolo si ottiene, in inglese, Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats”. In italiano è adattabile in Ripetizioni Palindromiche di Piccoli Spazi Ripetuti. Molto più semplicemente, ma anche colloquialmente, è stato soprannominato il “copia e incolla” o il “taglia e cuci” del DNA. Ma le luci della ribalta sono arrivate solo nel 2015, quando le principali riviste scientifiche, Nature e Science, l’hanno dichiarata “scoperta dell’anno”. A parte il caso delle bambine cinesi, CRISPR non è stato ancora applicato direttamente sull’uomo, in quanto i suoi effetti sono difficilmente prevedibili. Ciò nonostante, nella ricerca di base, è diventato uno strumento di lavoro quasi fondamentale, soprattutto nella creazione di modelli di malattie che colpiscono l’uomo. Con la stessa metodologia si cerca di creare delle piante che possano resistere a funghi e batteri, o ancora delle alghe che possano fungere da biocarburante (come accade nei fumetti).

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Piccolo appunto, per dovere di cronaca e completezza di informazione: negli Stati Uniti i vegetali trattati con CRISPR non sono considerati degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), mentre in Europa il dibattito è ancora in corso. Ciò non toglie nulla all’eccezionalità di questa scoperta scientifica: “Solo l’immaginazione può porre dei limiti alle sue applicazioni, Charpentier e Doudna hanno scoperto uno degli strumenti più efficaci della tecnologia genetica. - questa la motivazione, condivisibile, dell’assegnazione del premio - Usando queste forbici del genoma, i ricercatori possono oggi cambiare il DNA di animali, piante e microrganismi con una precisione estremamente alta”.

Francesco Bulzis

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