PICCOLI GUERRIERI, PICCOLI ANGELI

Il coraggio di Kutlwano: un esempio per tutti

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Segomotso è una donna sudafricana di 42 anni. Ogni giorno accompagna a scuola i suoi figli. Una mattina come tante altre un uomo si pone sul suo cammino. Vuole stuprarla. Il piccolo Kutlwano, 6 anni, avverte subito il pericolo e si scaglia contro il molestatore con una forza inaudita. Vuole a tutti i costi proteggere la dignità della sua mamma. Sferra calci e pugni. L’uomo si difende strangolando il piccolo e colpendolo con una bottiglia rotta. Kutlwano spira da eroe tra le braccia di sua madre che, suo malgrado, non è riuscita a sottrarlo dalla stretta dell’aggressore. Nei suoi ultimi attimi di vita, il bimbo reclama coccole e baci da Segomotso, che lo stringe al petto disperata.

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Una storia, questa, che sembrerebbe tratta da un libro di favole, se non fosse per il mancato lieto fine. Una storia che da un lato rattrista profondamente, dall’altro offre consolazione ai nostri cuori, troppo spesso inariditi e freddi. Un bimbo di appena 6 anni è stato capace di fornire una grande lezione d’amore a un mondo in cui trionfa l’interesse personale e la sete di denaro, in cui i figli sono capaci di assassinare i propri genitori per mettere mani sulle loro eredità. L’onore e la dignità sono valori ormai obsoleti.

La purezza d’animo di questo bambino ha fatto sì che il coraggio si impossessasse dei suoi minuscoli arti, senza curarsi del pericolo. Senza rendersi conto del fatto che l’uomo sarebbe stato capace di ucciderlo con ben poco sforzo e atroce ferocia. In fondo, tra i due, solo Kutlwano si è dimostrato un vero “uomo”, a dispetto della sua tenera età. Un piccolo guerriero, ora divenuto un piccolo angelo.

cms_4408/foto_3.jpgErnest Hemingway, nel suo romanzo autobiografico “Vero all’alba”, scriveva: “Avere un cuore da bambino non è una vergogna. È un onore. Un uomo deve comportarsi da uomo. [..] Ma non gli si deve dire come un rimprovero che ha conservato un cuore da bambino, un’onestà da bambino, una freschezza e una nobiltà da bambino.” Parole del genere possono suonare strane in una società che da sempre insegna a mostrarsi grandi e forti, a reprimere sempre le proprie emozioni, considerate segno di debolezza. I bambini vengono perciò sottovalutati, considerati come intellettualmente e moralmente più in basso rispetto agli adulti. Tuttavia, non è così. Quando etichettiamo una persona superficiale o scansafatiche come un “infantile” commettiamo un grave errore. Certo, i fanciulli possono essere capricciosi e volubili nella vita quotidiana, perché la loro personalità è in via di formazione. Ma nelle situazioni più drammatiche si rivelano molto più assennati di noi adulti, perché sanno dare ascolto al cuore, senza alcun tentennamento: sono tanti anche i casi di bimbi che hanno soccorso i loro genitori colti da un malore, salvandogli la vita. Il loro istinto, ancora avulso dalla cattiveria e dalla malizia del mondo, segue sempre la strada del bene. La loro forza è quella più vera, frutto di un amore tanto disinteressato da sacrificare se stessi. Un amore che non è mai distruttivo, come quello di tanti adulti che fanno del male a coloro che hanno accanto. E’ come se un pizzico della perfezione divina sia rimasto intrappolato tra i loro pensieri, per poi disperdersi con il passare degli anni.

Impariamo dai nostri piccoli a tornare bambini nell’animo, a coltivare sentimenti semplici ma con radici profonde. Torniamo al tempo in cui pensavamo di sanare le ferite dei nostri cari con un “bacio sulla bua”, anziché porgere un cerotto con indifferenza. Diamo importanza ai piccoli gesti d’amore, a un abbraccio, ai “ti voglio bene” che troppo spesso scarseggiano nelle nostre conversazioni. Solo quando ci riusciremo, potremo affermare che il sacrificio di Kutlwano non è stato inutile, perché ci ha insegnato a diventare, proprio come lui, dei piccoli grandi eroi.

Federica Marocchino

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