PARTECIPAZIONE DISCONNESSA E SOLIPSISMO DIGITALE

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cms_27475/1.jpgIl grande attivismo digitale a cui assistiamo da quando i nuovi media si sono definitivamente affermati nelle nostre vite, si confronta con una forma antitetica e del tutto opposta di partecipazione in ciò che prima erano gli spazi pubblici. Le pratiche democratiche di un tempo legate ai tempi della propaganda politica, ieri rappresentate simbolicamente dall’occupazione di spazi scenografici come le piazze delle grandi città, oggi hanno perso sostanza e anzi fanno paura ai leader dei partiti per un potenziale flop legato ad assembramenti non solo contingentati ma soprattutto poco numerosi. Ciò che una volta era il popolo delle piazze si è adesso spostato nelle immense agorà dei social network, e lo spostamento ha certificato di conseguenza disaffezione verso partiti e leader. Gli esperti hanno sottolineato come questa fuga dal reale sia invece una ridefinizione e un’innovazione democratica che è andata via via strutturando una pratica depoliticizzata basata su una nuova idea di comunità e di partecipazione diretta (e creativa). La mancata adozione di dinamiche realisticamente e fattivamente partecipative facenti capo a luoghi deputati e simbolici, lascia spazio a modalità di partecipazione orizzontali che vanno a certificare una trasformazione della democrazia più in linea con il globalismo e il neoliberismo. In questo scenario emerge una dimensione diversa della democrazia, ovvero di una democrazia partecipativa in cui la parola d’ordine è condivisione di opinioni all’interno di un processo deliberativo attraverso flussi orizzontali di comunicazione, una pluralità di produttori di contenuti e un’ampia interattività.

cms_27475/17807349-3d-illustrazione-del-pianeta-terra-sulla-tastiera-del-computer.jpgCi si trova tutti insieme appassionatamente all’interno di piattaforme il cui ambiente tranquillizzante e anestetizzato accompagna processi in atto ormai da anni di depoliticizzazione crescente a favore del concetto di governance collaborativa. Il conflitto e le zone violente del confronto tipico delle forme democratiche di piazza, vengono ora assorbite da comfort zone in cui un certo ottimismo acritico tipico delle tecnologie digitali, porta a rinunciare a forme di democrazia partecipativa per lasciare il posto al neoliberismo securitario tecnopopulista-sovranista. La crescente centralità della rete e di ecosistemi digitali in cui emerge una democrazia panottica e post rappresentativa, lascia il posto a logiche reticolari in cui gli attori (utenti e cittadini) sono molteplici e tutti situati in un orizzonte post-politico di rifiuto delle istituzioni rappresentative e un avanzamento ideologico della governance come antitesi delle élite politiche incapaci, secondo la retorica sull’innovazione, di fornire risposte. Governance inquadrata come sinonimo di efficientismo dell’azione politica, e-democracy decisionale con al centro il lavoro di esperti tecnocrati chiamati a una depoliticizzazione sociale e discorsiva basata sulla centralità dei saperi esperti. Accanto al sovversivismo delle classi dirigenti e all’emergere di tecnopopulismi di stampo sovranista, cresce e si afferma di pari passo una percezione iperottimistica della rete che fa dimenticare l’esistenza alla base della cultura digitale, di endogene dinamiche di potere economico legate alle tecnologie comunicative. La società dell’informazione teorizzata da Castells dunque si afferma di pari passo con la disaffezione verso la politica rappresentativa creando i presupposti di una società decentralizzata che ha abolito fastidiosi corpi intermedi.

cms_27475/3.jpgNonostante il contropotere degli utenti/cittadini, il potere rappresentato dalle grandi imprese del settore digitale rende forte l’asimmetria tra queste due componenti e la forte oligarchia neoliberista, accompagnata da processi di de-democratizzazione, iperframmentazione, globalizzazione e leaderismo, adotta nel corpo molle della cittadinanza anaffettiva e apatica verso la vecchia politica, una cultura dell’efficientismo amministrativo della cosa pubblica, seguendo i principi della concorrenza market oriented. La narrazione egemonica su quello che è considerato il mantra di ogni tipo di amministrazione pubblica, dal micro al macro, è ora il perseguire ad ogni costo il cosiddetto “modello azienda”, ovvero l’archetipo dell’eccellenza efficientista che fa della performance il suo tratto distintivo. Il finto paternalismo neolibertario nasconde però dietro presunte svolte democratiche dal basso, contraddizioni che, per esempio, lo mostrano più attento ai diritti individuali che alle singole istanze dei cittadini/utenti con i quali invece si tende a perpetuare come in un loop, politiche di social engagement. La vecchia politica cede (o ha già ceduto) il passo al nuovo che avanza, a forme di iper-rappresentanza demandate a cittadini/utenti chiamati a una partecipazione attiva all’interno di tecno-governance populiste. La trasformazione dei luoghi pubblici deputati all’incontro e allo scontro, luoghi prettamente politici, può dirsi completata con l’affermazione del capitalismo digitale e l’attivazione di piattaforme in cui la solitudine del cittadino globale si colloca in uno spazio di manipolazione sotto il controllo di sempre più potenti élite tecnocratiche. Svelare l’infondatezza e l’inganno neoliberista significa allora togliere il velo a un’ipocrita richiesta di partecipazione politica che pretende di affossare moltitudini di utenti in un processo di pericolosa omogeneizzazione culturale.

Andrea Alessandrino

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