PARAGUAY: NUOVA LEGGE SULLA PROPRIETÀ

Indigeni e cittadini in rivolta

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Nei giorni scorsi, nella capitale paraguayana Asuncion, si sono svolte numerose manifestazioni, animate da contadini, cittadini ed indigeni, contro il progetto di legge sulle proprietà private.

In occasione dei vari cortei, gli scontri con la polizia hanno portato a decine di feriti ed un agente colpito da una freccia. I manifestanti hanno promesso ulteriori marce e cortei; di contro, il governo del Paraguay ha comunicato che processerà i cittadini riconosciuti e segnalati dalla polizia.

Il tumulto nasce dalla legge, approvata con il consenso di 49 parlamentari del Partido colorado, attualmente al governo, sul totale degli 80 membri di cui è composta la Camera dei deputati. Oltre alla contestazione sulla legge in toto, a far ribollire il sangue ai manifestanti sono gli inasprimenti delle sanzioni per chi viola la proprietà privata. La pena, per chi occupa illegalmente le proprietà private, passerà infatti dai 4 ai 6 anni di carcere, fino a 10 nel caso in cui si producano danni.

La legge, per essere entrare ufficialmente in vigore, richiede solo la firma del Presidente del Paraguay, Benitez. Dal Palacio de los López fanno sapere che tale provvedimento è volto alla tutela della popolazione e dei manifestanti compresi. Il governo guidato da Mario Abdo Benítez, in carica dal 2018, non sembra intenzionato ad aprire alcuno spiraglio di dialogo con i manifestanti.

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Per capire al meglio le ragioni che muovono questi cortei e manifestazioni, sfociati in violenza, è necessario analizzare la storia e la struttura geografica del Paese.

In primo luogo, L’agricoltura e l’allevamento rappresentano il settore più importante dell’economia del Paraguay, coprendo un quinto della produzione totale.
A cascata, le industrie presenti nel Paese fondano le loro attività sulla trasformazione dei prodotti agricoli, pastorali e forestali. La popolazione rurale del Paraguay si aggira intorno al 37% del totale, rendendo il Paese uno dei più ‘’impiegati’’ in queste attività in tutta l’America Latina.

Come molti altri paesi limitrofi del Sud-America, anche il Paraguay da anni registra momenti di difficoltà economica, ma con un buon rendimento sul fronte del tasso di povertà, passato dal 45% del 2007 al 24,2% del 2018. Nonostante questo dato incoraggiante, il censimento agricolo registra un 85% delle terre destinate all’agricoltura e alla coltivazione forestale in mano al 2,5% dei proprietari che hanno più di 500 ettari, mentre il 4,12% è in mano a coloro che possiedono meno di 20 ettari.

In aggiunta a questi dati, che testimoniano l’importanza delle attività agricole per la popolazione del Paraguay, vi è anche una componente storica. Tra il 1954 ed il 1989, durante la dittatura militare del presidente Alfredo Stroessner, oltre 8 milioni di ettari di proprietà degli indigeni furono sequestrati per darli a chi non aveva terreni, seguendo una riforma agraria varata in quel periodo. Ovviamente questi terreni non furono ridistribuiti democraticamente, bensì molti di essi furono affidati a persone molto vicine al governo, che divennero reali latifondisti.

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Nel 2006, la “Comisión de la Verdad y Justicia”, istituita proprio per indagare su questi fatti, concluse che i due terzi della terra sottratta agli indigeni ed ai contadini erano nelle mani di persone vicine, parenti, amici e autorità locali o nazionali, e non a chi ne avesse realmente bisogno.

La componente storica, geografica e industriale del Paraguay aiuta pertanto a comprendere con maggior lucidità i motivi alla base di queste manifestazioni così veementi ed imponenti.

Riccardo Seghizzi

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