OZIO DA LOCKDOWN… VIZIO O VIRTU’?

Psicologia, filosofia e letteratura a confronto sulla noia

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cms_21629/1.jpgAlcuni la sopportano poco, altri, in tempi di lockdown e pandemia, fanno di tutto per fuggirla.

In parecchi ne hanno parlato, molto se ne è scritto, tutti l’hanno provata almeno una volta nella vita.

La definiscono come quel “senso o motivo di malessere interiore, connesso a una prolungata condizione di uniformità e monotonia e talvolta associato a impazienza, irritazione, disgusto”.

Quando si parla di noia, Oxford Languages non si risparmia, e non è assolutamente un caso isolato. Già nel III sec. a.C. Catone (non a caso definito il Censore), vi avrebbe ammonito ricordandovi che “l’ozio è il padre di tutti i vizi”.

Come via di scampo a questo disagio esistenziale, Baudelaire (XIX secolo) vi consiglierebbe probabilmente un viaggio attraverso i “paradisi artificiali” da lui tanto amati, i suoi “fiori del male” a base di alcool, droghe ed eccessi.

Forse non è il caso di seguire le orme del poeta maledetto, eppure, nel linguaggio comune, spesso la noia è talmente insostenibile da essere descritta come “mortale” (lo sa bene la madame Bovary di Flaubert, sua celebre vittima). Per restare nella letteratura è impossibile non citare Dante. Il Sommo Poeta, che aveva pensato proprio a tutti, colloca nell’Antinferno le anime di accidiosi e ignavi, “coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”.

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Indipendentemente dal periodo storico quindi, una cosa è certa: annoiarci non ci è mai piaciuto.

Anche se non è un male della nostra epoca quindi, la noia, come la viviamo oggi, è tutta un’altra cosa. Se i nostri antenati erano costretti per sopravvivenza a svolgere molte attività tediose e ripetitive, noi, al contrario, abbiamo infinite possibilità di scelta, quando si tratta di distrazioni. Tuttavia, sebbene bombardati in continuazione da notifiche, informazioni e stimoli, la nostra brama di novità sembra insaziabile, e chi programma reti online questo lo sa bene. Il motivo per cui quando apriamo il cellulare “solo per controllare un messaggio”, dopo un’ora ci ritroviamo ancora a scrollare morbosamente la bacheca del nostro social preferito, è essenzialmente chimico. A intervenire in questo caso è la dopamina, il neurotrasmettitore del piacere e della ricompensa, direttamente connesso anche ai meccanismi di abuso e dipendenza. L’elettrizzante attesa di nuove notifiche e post da una parte e l’assunzione di una qualsiasi sostanza dall’altra, sebbene nell’immaginario collettivo sembrino circostanze incomparabili, all’interno del nostro cervello viaggiano sullo stesso circuito.

Negli ultimi anni si è del resto molto parlato dei rischi della dipendenza da social, fenomeno noto con l’acronimo IAD, Internet Addiction Disorder. Via i telefonini e il problema è risolto quindi? Ahimé, purtroppo no. Oggi, impulsi, stimoli e distrazioni non arrivano solo da lì. L’ossessione rivolta alla produttività, infatti, sembra non esaurirsi più solo all’ambito lavorativo. Anche il tempo libero ormai, così tanto libero non è. Tra hobbies e passatempi di ogni genere, la nostra giornata tipo prevede che si svolgano attività sempre nuove, per evitare ad ogni costo i tanto temuti “momenti morti”.

cms_21629/3.jpgLo psicologo spagnolo Rafael Santandreu ha addirittura coniato il termine “oziofobia”, per riferirsi al sentimento di paura causato dalla possibilità di annoiarsi.

Nonostante i nuovi ritmi di vita imposti dalle restrizioni per il COVID, abbandonarsi al tedio rimane ancora un tabù per molti. Il dolce far niente sembra ormai un miraggio, eppure le ricerche confermano che la noia (quando ovviamente non è frequente e continuativa) produce conclamati benefici a livello psicofisico.

I vantaggi riguarderebbero un incremento della creatività, migliore concentrazione e gestione più funzionale di ansia e stress.

“Quando il corpo agisce in modo automatico, il cervello inizia a formare nuove connessioni neurali che collegano le idee e risolvono i problemi”, afferma Manoush Zomorodi, autrice del progetto “Bored and Brilliant”. I risultati di questo studio evidenziano che le persone incapaci di annoiarsi non solo sono meno creative nella risoluzione dei problemi e nella pianificazione futura, ma hanno anche meno possibilità di provare nuove emozioni, in quanto la noia permette di esplorare i propri sentimenti in maniera più profonda e senza distrazioni.

Come tornare ad annoiarsi?

La scioccante conclusione a cui è giunto un recente studio statunitense ("Bored in the USA: Experience Sampling and Boredom in Everyday Life", 2017), è che le persone si annoiano quando eseguono attività noiose. Può sembrare scontato o banale, ma in passato invece, molti ritenevano che la noia fosse connessa più all’individuo che all’attività svolta. Non c’entrano dunque le predisposizioni individuali, se un’azione è particolarmente ripetitiva, sarà generalmente giudicata noiosa.

Tuttavia, non siamo obbligati a svolgere attività tediose e monotone per arrivare ad apprezzare i benefici della noia. Se il nostro scopo è quello di tornare ad una dimensione di qui ed ora che non implichi per forza lo svolgimento di un atto motorio, può venirci incontro la mindfullness, una forma di meditazione (applicata anche in ambito clinico e nelle terapie cognitive) volta alla consapevolezza di sé e della realtà nel momento presente.

La prossima volta che vi state annoiando quindi, non cercate un escamotage.

Se non sapete cosa fare, probabilmente, la migliore soluzione è proprio non fare niente.

“Soli omnium otiosi sunt qui sapientiae vacant, soli vivunt (“Soli fra tutti, sono gli “oziosi” quelli che dedicano il tempo alla saggezza, solo essi vivono”)” afferma Seneca nel De brevitate vitae.

E quindi? Buona noia sia.

Ludovico Aniballi

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