OSCAR 2017: FASCINO E TALENTO A SERVIZIO DELLA LIBERTA’

Le star di Hollywood sono scese in campo per difendere i diritti di un’America

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Anche quest’anno l’attesissima notte degli Oscar, giunta alla sua 89esima edizione, non ha smesso di sorprendere. Domenica scorsa Hollywood ha accolto il fascino e il talento delle star internazionali più gettonate che, tra sorrisi smaglianti, smoking, pizzi e strass, hanno voluto mettere in campo il loro impegno politico e morale, regalando nuovi significati alla tradizionale manifestazione.

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Come di consueto, l’evento si è aperto con una parata di attori, registi e altri volti noti, che hanno sfilato sul red carpet più celebre di tutta Los Angeles. Accanto agli abiti delle grandi firme – tra cui ha spiccato il made in Italy con Armani, Versace e Valentino – grande protagonista è stato il fiocco blu in sostegno della ACLU (American Civil Liberties), sfoggiato da personalità del calibro di Ruth Negga, Karlie Kloss e Octavia Spencer. Le attrici Emma Stone e Dakota Johnson, invece, hanno manifestato il loro supporto nei confronti dell’organizzazione non governativa “Planned Parenthood” in difesa dei diritti delle donne, appuntandosi sul petto una spilla dorata con le iniziali dell’associazione.

Alle 17,30 (ora italiana 2,30) Justin Timberlake ha dato inizio alla cerimonia di premiazione sulle note della sua hit “Can’t stop the feeling”, colonna sonora del film d’animazione “Trolls”. L’entusiasmante pezzo – che ha fatto ballare l’intero Dolby Theatre – era tra i candidati al premio Migliore Canzone Originale, ma è stato battuto da “City of Stars”, uno dei brani del superfavorito musical “La La Land”.

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Ben presto, la musica ha lasciato spazio alle parole: il conduttore Jimmy Kimmel si è lanciato in un esilarante monologo, a cavallo tra un’irriverente comicità e una pungente satira. Dopo un ironico commento sull’esibizione di Justin Timberlake, il padrone di casa ha dirottato il discorso sulla politica, con delle allusioni al Muslim ban, il provvedimento dell’amministrazione Trump contro l’immigrazione proveniente dai sette Paesi a maggioranza islamica (Iran, Iraq, Sudan, Siria, Libia, Somalia e Yemen). “Questa trasmissione verrà seguita da milioni di americani e, in tutto il mondo, da più di 225 Paesi che ora ci odiano. Penso che sia una cosa fantastica! [...] Non sono l’uomo adatto a unire questo Paese diviso, ma sono convinto che si possa fare. Non voglio essere troppo serio, ma milioni di persone ci stanno guardando in questo momento. Se ognuno di voi entrasse in contatto con coloro che hanno idee diverse dalle sue, dando avvio a un dialogo costruttivo – non da liberali o conservatori, ma da americani – potremmo davvero rendere grande l’America”: queste le parole dell’emozionato presentatore. Per sdrammatizzare, Kimmel ha scherzato con Mel Gibson e Matt Damon, poi ha aggiunto: “Sarò impopolare, ma voglio ringraziare il presidente Trump. Ricordate l’anno scorso, quando gli Oscar furono accusati di razzismo? Ora non più, grazie a lui”. Il monologo si è chiuso con una standing ovation per Meryl Streep, da tempo sostenitrice della battaglia contro il neopresidente americano. Insomma, la discussa politica del tycoon ha dominato ampiamente sulla prima parte della cerimonia; un segnale importante dal mondo delle celebrities che, per l’ennesima volta, si scagliano contro i provvedimenti disposti dal repubblicano.

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Le polemiche sul Muslim ban sono proseguite con la lettera di Asghar Farhadi, regista iraniano vincitore del premio Miglior Film Straniero (“Il Cliente”) che ha deciso di non partecipare alla cerimonia di premiazione in segno di protesta. “La mia assenza è un atto di rispetto verso i miei concittadini e quelli di altri sei paesi che hanno subito una mancanza di rispetto per una legge disumana, che vieta l’ingresso di immigrati negli Usa. Dividere il mondo in due categorie, noi e i nostri nemici, genera paura, una giustificazione ingannevole per l’aggressione e la guerra. E questo ostacola la democrazia e i diritti umani in paesi che a loro volta sono stati vittime di aggressioni”. Anche Taraneh Alidoosti, attrice de “Il cliente”, ha scelto di non presentarsi a Hollywood, supportando la causa del film-maker, suo connazionale.

Assenza “obbligata”, invece, quella del 21enne Khaled Khatib, direttore della fotografia nel corto sulla guerra siriana “The White Helmets”, che ha trionfato nella categoria Documentario Breve. “Dopo tre giorni in aeroporto, non ci è stato permesso di partecipare agli Oscar 2017. Avevamo il visto, ma non sono stati accettati i passaporti. Triste, ma l’importante è il lavoro da fare qui” ha spiegato su Twitter il giovane, che era in procinto di imbarcarsi alla volta di Los Angeles insieme a Raed Saleh, capo della Difesa Civile Siriana. Nonostante la sospensione, confermata lo scorso 10 febbraio dalla Corte federale d’appello, pare che il bando contro l’immigrazione stia creando scompiglio negli aeroporti americani, con inevitabili “sviste” da parte degli agenti di sicurezza.

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Il momento più grottesco (e più chiacchierato) della serata è giunto con la gaffe di Warren Beatty che, assegnando il prestigioso premio di Miglior Film, ha erroneamente proclamato “La La Land” al posto di “Moonlight”. Il malinteso, causato dall’apertura di una busta sbagliata, è venuto fuori solo alcuni minuti dopo, con l’intervento del conduttore. La PriceWaterhouseCooper, società incaricata del conteggio dei voti, ha aperto un’inchiesta per far luce sull’accaduto. “La La Land” si è comunque aggiudicato altre sei statuette (Miglior Scenografia, Miglior Colonna Sonora, Miglior Canzone Originale e Migliore Attrice per la protagonista Emma Stone), lauta “consolazione” dopo la svista che ha interrotto sul più bello il discorso di ringraziamento del produttore Jordan Horowitz e i festeggiamenti del cast.

Ma, a dispetto di ogni pronostico, è stato “Moonlight” a trionfare nella categoria più ambita. Una pellicola densa di tematiche “spinose”, dall’amore gay alla criminalità dei neri d’America. Casualità o ennesima provocazione nei confronti dell’amministrazione Trump? Difficile dirlo. Di certo, nella “notte più lunga di Hollywood” è emerso il volto inedito di un popolo che non rinuncia alla libertà, rivendicandola con qualsiasi mezzo possibile e difendendola fieramente in nome di un’America unita. Quest’anno, la magica notte degli Oscar ha voluto fondere la frivolezza tipica degli eventi hollywoodiani con l’impegno politico di chi vuole dire basta alle ostilità di un mondo frammentato da guerre e discriminazioni. Le parole di Jimmy Kimmel, semplici ma acute, ricordano che il dialogo è la migliore arma da “imbracciare” per salvaguardare la sicurezza dal Paese. Sta al Governo, adesso, dimostrare di aver recepito il messaggio…

Federica Marocchino

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