ONU TERMINA MISSIONE DI PACE IN DARFUR
Il mantenimento della pace in Sudan sarà compito del governo di transizione del Paese

La considerazione internazionale del Sudan continua a migliorare, e, nelle ultime settimane, si stanno moltiplicando le dimostrazioni pratiche di questa stima verso il governo di transizione che ha soppiantato la dittatura di Omar al-Bashir. Ultima in ordine di tempo è la decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di porre fine, il prossimo 31 dicembre, alla missione di pace nella regione sudanese del Darfur, dove durante il conflitto causato dal regime di al-Bashir sono morte circa 300 mila persone. Il Consiglio ha lasciato quindi al governo di transizione del Sudan il compito di mantenere la pace e la sicurezza nella regione. Numerosi abitanti hanno tuttavia protestato contro tale decisione all’inizio di questo mese. Il provvedimento dell’ONU arriva due settimane dopo la scelta degli Stati Uniti di cancellare il Sudan dalla “lista nera” dei Paesi sostenitori del terrorismo, in cambio della normalizzazione dei rapporti Sudan-Israele, oltre ad un cospicuo risarcimento da parte dello Stato africano alle famiglie rimaste vittime degli attentati.
Tutti modi di “premiare” l’impegno notevole profuso dal governo militare di transizione per l’istituzione della democrazia e del Diritto in Sudan, in seguito alla rivoluzione che ha destituito in maniera non violenta al-Bashir l’11 aprile 2019, terminando una dittatura sanguinaria trentennale. Un impegno confermato con la recente abolizione della Sharia, cosa che ha portato con sé notevoli passi avanti: la depenalizzazione del reato di apostasia (professione di un credo diverso da quello riconosciuto dallo Stato), l’abolizione del divieto al consumo di alcolici, dell’obbligo per le donne di ottenere la prescrizione del capofamiglia per viaggiare e di indossare abiti considerati “femminili” (erano vietati i pantaloni), oltre alla cancellazione della pena di morte per gli omosessuali.
Senza dimenticare l’inserimento, finalmente, del divieto della pratica della mutilazione genitale femminile. Questa estate, il primo ministro del Sudan, Abdallah Hamdok, ha inoltre comunicato la sostituzione dei governatori militari di tutti gli Stati del Paese con personale civile, con la nomina di 18 governatori, tra cui due donne. Passi da gigante, questi, verso l’istituzione di libere elezioni in un Paese che, dopo essere stato martoriato per tre decenni dalla dittatura, deve prima imparare che cos’è lo Stato di Diritto, per poter poi sviluppare una partecipazione costruttiva e consapevole alla cosa pubblica.
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