Nell’oligarchia la chiave per aggirare la popolarità di Trump

La campagna elettorale americana tra accuse e analisi. Il gioco delle nuove alleanze. Chi vincerà...

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La Clinton non riesce più a frenare la sua rabbia di fronte alla popolarità di Trump che avanza e, nel tentare di distruggere il suo rivale insultando coloro che lo sostengono chiamandoli miserabili, razzisti, islamofobi, finisce col farsi del male. Alla cerimonia commemorativa presso ‘Ground Zero’, oltre ad ignorare Trump anch’egli presente, si sente male e viene accompagnata a casa della figlia a New York . Segnali che mostrano la tensione che questa battaglia per la presidenza le sta provocando, fino ad influire sul suo stato di salute. Emblematiche sono le sue risate quasi isteriche come quelle che sono state riprese dai suoi avversari e messe in rete per darle in pasto ai suoi detrattori. Ma la cosa peggiore che un futuro presidente non dovrebbe fare è parlare male dei suoi avversari politici soprattutto quando questi sono presidenti di altri paesi stranieri. L’equilibrio di un leader, la sua capacità di tolleranza e di rispetto verso le idee politiche degli altri, si misura dal modo con cui questi riesce a controllare i suoi sentimenti o le sue avversioni personali nei confronti di questo o quello , così da lasciare gli attenti osservatori, giornalisti, elettori, politici di altre nazioni, nell’impossibilità di emettere giudizi negativi sulle
sue capacità nel reggere la leadership di un grande paese.

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Le dichiarazioni aperte e ricorrenti della Clinton contro il nemico Putin e il suo mettere in evidenza la simpatia di Trump verso lo stesso leader russo non giocano a suo favore. Accusare direttamente Trump e la Russia di ingerenza nel suo partito possono ledere la sua immagine politica che nelle questioni internazionali dovrà affrontare presidenti di ogni nazione con elegante savoir faire. Inoltre, per accrescere il risentimento del popolo nei confronti dell’avversario, ripesca dall’oblio il ‘fu’ presidente Ronald Reagan, ritenendo che Trump stia copiando la sua stessa strategia elettorale. Secondo Hillary, Trump direbbe più o meno le stesse cose di Reagan soprattutto quando affronta i problemi sociali e si dichiara favorevole ad una sanità pubblica, a risparmiare sulla difesa e sulla politica estera, ma soprattutto a difendere il mercato americano dalla concorrenza e come Reagan userebbe toni razzisti per attrarre quella parte consistente di elettorato bianco.

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Tuttavia questo accanimento della Clinton nell’attaccare Trump per la sua predisposizione ad accordi pacifici con la Russia più che a proclami di guerra, potrebbe generare effetti contrari in quella stragrande maggioranza di americani che, stanchi di vedere l’America ancora immischiata in guerre lontane, valuterebbero il leader russo con occhi e parole più benevoli poiché finalmente qualcun altro cerca di spegnere la furia barbara dell’Isis che minaccia non solo l’Europa ma anche il loro paese. I veterani che conoscono le sofferenze delle guerre (memorabile e piena di tristi avvenimenti quella in Vietnam), forse provano sollievo a non dover vedere sempre i soldati americani in prima linea per combattere in nome di una libertà che oggi appare sempre meno libertà e più dittatura. Si pensi al fatto che l’establishment americana, quella oligarchia che in effetti governa nell’ombra, si è già espressa con frasi anche sibilline, sul risultato delle elezioni perché la Clinton, amica delle famiglie che contano, non tradirà i loro progetti, le loro ambizioni mondialiste. Vero è che nel giornale on line www.rischiocalcolato.it l’articolo: “ In Usa , Alcuni ci Pensano Seriamente” che riferisce di un altro articolo apparso su ‘US News & World Report il 30 agosto dal titolo “La morte di un candidato può ritardare o eliminare le elezioni presidenziali”, spiega chiaramente cosa potrebbe accadere nel caso che un candidato indesiderato dal sistema superasse di gran lunga la candidata che si vorrebbe alla presidenza. Infatti, stando alla costituzione americana , il presidente Usa in realtà non viene eletto dal popolo americano ma da un collegio di 538 grandi elettori .

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Sono questi che il popolo vota il 7 novembre, non il candidato presidenziale e ogni stato può decidere come selezionare la sua quota di ‘grandi elettori’. Come dire che alla fine chi decide è l’oligarchia. Se un candidato muore prima delle elezioni il Collegio elettorale si mostra utile perché comunque si addiviene alla elezione di un presidente per suo tramite senza che la Costituzione venga violata. Un altro articolo scritto nel ‘94 dal professore Akhil Reed Amar di origine indiana, docente presso la prestigiosa Yale Law School, in un articolo su Arkansas Law Review prende in considerazione la possibilità di protrarre una elezione presidenziale a dopo il 20 gennaio, con il presidente della Camera a fare funzione di presidente fino a quando una votazione potrà scegliere un vero presidente per il restante termine”. Ma egli ha detto a US News che quello scenario è probabilmente forzato…”. Da quanto questo professore scrive in un libro che tratta della morte di un candidato, egli ipotizza 4 diversi scenari a seconda delle date scelte per un evento di morte dello stesso candidato. L’ipotesi più sorprendente potrebbe essere che ‘Alcuni’ decidano la datain cui il candidato viene eletto ma viene ucciso prima di ricevere la conferma.

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Tuttavia nelle ultime battute dell’intervista su ‘US News & World Report’, il prof. Amar dice : “ benché tutte le valutazioni relative alla morte di un candidato siano ipotetiche, esse possono ad un certo punto del futuro diventare meno ipotetiche. Non dobbiamo dimenticare che 11 settembre era un giorno di elezioni locali.”

Il commento del giornalista Maurizio Blondet è come una scena da tragedia greca: “ … non dimentichiamo che l’11 settembre, dietro un presidente alcolizzato eletto con un riconteggio dubbio, ( si riferisce a George Bush junior) dove gli Elettori decisivi furono quelli della Florida nella quale governava suo fratello Jeb, “Alcuni” presero il potere e hanno trascinato la Superpotenza in questi quindici anni di guerre miliardarie che hanno sparso il caos e la morte nel mondo. Per farlo, questi “Alcuni” hanno ucciso 3300 cittadini Usa sotto le macerie delle Twin Towers.

Questi Alcuni dice sempre Blondet, non possono lasciare che venga eletto un presidente non scelto dal Sistema: non solo perché non vogliono perdere il potere e continuare le loro guerre mondiali, ma perché rischiano di finire sotto processo da un presidente che non è sotto il loro controllo, per delitti gravissimi contro il popolo americano, come veri autori del mega-attentato; “e potrebbe venire alla luce la mostruosa deformazione della ‘democrazia’ americana. Non rischiano solo di perdere il potere, ma di finire impiccati, come i nazisti a Norimberga; e le loro occulte spaventose trame, in violazione di qualunque legge divina ed umana, sciorinate davanti alle opinioni pubbliche del mondo”.

Al di là di queste ipotesi che sembrano proiettarci nella Roma imperiale dove congiure e omicidi erano mezzi efficaci per prendere il potere, bisogna ammettere che la realtà non è tanto lontana dalle ipotesi suddette. Basti pensare all’assassinio di John Kennedy il 22 novembre del ‘63 in Texas. Sul sito https://www.libreidee.org/2013/08/libro-choc-cera-george-bush-dietro-allomicidio-kennedy/ , è possibile leggere un lunghissimo riesame dei fatti e dei personaggi che erano dietro al complotto per assassinare John Fitzgerald Kennedy.

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Si tratta di George Bush padre, secondo quanto emerge dalla ricostruzione fatta nel libro di Roger Stone, casa editrice Skyhorse Publishing. Roger Stone, già collaboratore di Nixon nella vittoriosa campagna elettorale del 1972, raccolse le informazioni utili stando all’interno della squadra che portò appunto Nixon al potere 9 anni dopo l’assassinio di Kennedy. Giulietto Chiesa, giornalista esperto nel raccontare e preannunciare complotti, ha ritenuto validi i fatti raccontati nel libro. Una motivazione in più nel credere che la democrazia vera negli Usa è morta proprio dopo l’uccisione di Kennedy che con Krushov aveva instaurato un dialogo per la pace e la collaborazione per il disarmo nucleare.

A questo punto tra i due candidati alla Casa Bianca, chi rischierebbe di essere un candidato alla morte invece che alla presidenza è proprio Donald Trump. Odiato per la verità e la schiettezza delle sue opinioni sulla legalità dell’immigrazione e la guerra all’estremismo islamico che vuole allontanare dal suo paese, rappresenta per molti il demone imprevedibile, portatore di discordia e di guerre. A dirla proprio tutta la verità, la carica alla Presidenza è già stata concordata. Il vecchio pettegolo che ha spifferato questa verità è stato proprio Soros, il grande finanziere che ha raggirato banche e politici di mezza Europa, vendendo i suoi titoli tossici. In una intervista del 9 agosto di cui si può vedere il video direttamente dal sito summenzionato, Soros dice: Donald Trump vincerà a valanga il voto popolare, ma Hillary Clinton è già cosa fatta, perché avrà il voto degli Elettori. A done deal. ( Affare fatto). Roba che ha fatto infuriaregli ‘Oligarchi‘.

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C’è anche da aggiungere che della Clinton è più facile conoscere i vizi che le virtù poiché la sua campagna è stata sempre tesa a criticare le cose negative di Trump, ritenendolo incapace, inefficiente, ignorante …. inadatto a governare. A differenza di Trump, la Clinton, molto meno disinvolta e più controllata nelle sue espressioni, è la candidata più incline alla continuazione delle guerre sia in Medioriente che in Asia. Trump al contrario, che parla di collaborazione con Russia e Cina, che intende riportare il paese ad un livello di economia concorrenziale e ricostruire uno stato sociale equo per tutti come quello della sanità pubblica o del lavoro tramite l’abbassamento delle tasse per permettere agli imprenditori di creare lavoro e occupazione, è il candidato più pericoloso. E’ quest’ultimo programma di Trump che spaventa le masse e quella parte di europei che chiama populisti coloro che tentano una strada diversa per migliorare il paese e razzisti coloro che vogliono più legalità e ordine.
Ma a ben riflettere, quello che la Hillary Clinton non riesce a comprendere perché patriotticamente calata nel ruolo della salvatrice degli Usa dagli imperialismi stranieri, è che molte cose nel giro di un anno, addirittura di mesi, sono accadute in Medio Oriente. Eventi cioè inaspettati che oggi stanno condizionando la politica Usa e modificando le strategie.

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Prime fra tutte, in piena alleanza con la Turchia, di cui gli USA hanno condiviso il piano strategico contro la Siria, il suo avvicinamento all’ Iran a cui Obama ha revocato le sanzioni, aprendo la strada ad una collaborazione commerciale con l’occidente. Un’apertura ben accolta dall’Europa che pensa di trovare uno sbocco alla sua economia asfissiante dopo l’incauta adozione dell’euro voluta da Romano Prodi il quale, dalle rivelazioni dell’economista francese Alain Parguez, professore emerito di Economia First Class all’Università Franche-Comté di Besançon (Francia) nelle facoltà di Giurisprudenza, Economia e Scienze Politiche, autore di diversi saggi sulla politica monetaria, sulla politica economica, avrebbe inconsapevolmente, dirottato insieme ad altri esponenti del suo partito, l’Italia verso una strada senza uscita. ().

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L’ideologo dell’euro, Jacques Attali, - dice Alain Parguez, - nel 1985, infatti, alla fine del dibattito sul trattato di Maastricht, afferma testualmente: “il nostro obiettivo principale è di distruggere per sempre qualunque capacità industriale al di fuori della Germania e della Francia”. Il perché i governi del vostro Paese, della Grecia e della Spagna, abbiano accettato un suicidio di questo tipo.” Purtroppo è questa l’Europa che dovrà collaborare e dialogare con il nuovo presidente USA. Ma con quali programmi e ambizioni militari? Questo il dubbio e il dilemma. Quali guerre dovremo fronteggiare con il nuovo presidente?

Nonostante questi dubbi, potrebbe esserci anche un cambio di rotta nella politica estera americana. E’ possibile che in virtù di quanto sopra, qualcosa stia accadendo all’interno del sistema? E’ possibile che la Oligarchia USA stia scoprendo il suo lato debole e rinunci al progetto del Governo unico mondiale a guida USA? Forse è possibile. Sta di fatto che sul sito: https://www.controinformazione.info/brzezinski-contrordine-america-pace-con-putin-e-la-cina/ , si legge che Zbigniew Brzezinski il principale ideologo del piano USA per governare il mondo stia per abbandonare il vecchio progetto e chiedere di creare legami con la Russia e la Cina . Un suo articolo su ‘The America Interest’ dal titolo “Towards a Global Realigment”( verso un riallineamento globale) dimostrerebbe che alcuni membri dell’establishment non credono più all’egemonia di Washington sul Medio Oriente e Asia. Quindi prepara un nuovo piano per ridurre i conflitti in futuro ed evitare una guerra nucleare, conservando globalmente il “sistema del dollaro”. Ma Mike Whitney che scrive di Brzezinski si chiede se la sanguinaria Hillary seguirà il consiglio dell’ex consigliere strategico per la sicurezza che probabilmente riconosce nella Russia e nella Cina una nuova ascesa politica, militare ed economica. Nel contempo questo dietro-front sarebbe anche dovuto alla debolezza dell’Europa e al risveglio dei musulmani con la loro discutibile ascesa politica e terroristica. Per capire non c’è che attendere le elezioni del presidente. E che dire se a seguito di questa nuova strategia la sorpresa venisse proprio da un odiato Trump presidente?

Elena Quidello

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