NON C’È PACE PER L’ARMENIA

Neppure nell’anniversario della sua indipendenza

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Nel giorno in cui la Repubblica di Armenia festeggia il 30° anniversario dal raggiungimento della sua indipendenza dall’Unione Sovietica, nell’ambito dell’Armenian Business Forum, è stato firmato un accordo di cooperazione tra il Ministero dell’Economia dell’Armenia, la Russian State Development Corporation e la Development Investment Corporation of Armenia. Secondo Daniel Algulyan, vicepresidente della State Development Corporation, l’accordo firmato creerà una piattaforma per la cooperazione dalla portata inedita. Lo stesso ha chiarito che l’accordo servirà ad ampliare la cooperazione e ad aumentare il commercio estero, dichiarando: "Oggi il tema del trasporto urbano e della modernizzazione dei sistemi urbani è stato discusso molto attivamente. Ci sono molti di questi progetti in Armenia e sarebbe interessante per noi parteciparvi".

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Numerosi continuano ad essere i problemi che affliggono ancora oggi la Repubblica d’Armenia, primo fra tutti quello che riguarda i rapporti con il vicino Azerbaijan, il quale continua a violare le più basilari norme del diritto internazionale e non aderisce alla Convenzione di Ginevra in merito al trattamento dignitoso dei prigionieri di guerra. Per queste ragioni la scorsa settimana l’Armenia ha deferito l’Azerbaigian presso la Corte Suprema delle Nazioni Unite, accusando lo stato confinante di decenni di violazioni dei diritti umani dei cittadini armeni e delle persone di etnia armena, in modo particolare nelle circostanze relative agli eventi verificatisi durante la guerra del 2020 nella regione dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) a quasi totale presenza armena. Le accuse della parte armena sono basate su un lungo dossier pluridecennale preparato dall’Ufficio del Difensore dei Diritti umani dell’Armena, Arman Tatoyan, che a sua volta è stata fatto oggetto delle attenzioni dei cecchini azeri lungo la strada di confine, all’inizio di settembre. L’elenco è strutturato e ben documentato secondo i più moderni criteri di indagine, nonché supportato da numerosi contributi di giornalisti e osservatori internazionali che testimoniano una violenza gratuita, barbara e primitiva compiuta secondo tecniche di tortura antiche e moderne.

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Alle centinaia di testimonianze dei civili si sono aggiunte di recente anche quelle dei pochi soldati prigionieri di guerra che l’Azerbaijan ha rilasciato dietro le pressioni dell’opinione pubblica internazionale: vessazioni di ogni genere, privazioni delle più elementari condizioni di rispetto della vita umana, non solo fisiche ma anche psicologiche, comprese telefonate degli azeri alle famiglie dei prigionieri nelle quali si fanno ascoltare le urla dei torturati. Alle accuse armene l’Azerbaijan ha risposto con altre illazioni, supportate da presunte prove spesso realizzate in teatri di posa o fotogrammi tratti da film d’azione e fatti passare per reali.

Carlo Coppola

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