Mia Martini, da “Io sono Mia” parte il riscatto della grande artista

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Quando, nel 1995, Mia Martini fu ritrovata priva di vita nel suo appartamento, si ipotizzò il suicidio.

Senza dubbio la sua morte fu accompagnata da un profondo senso di solitudine e da una depressione motivata da un sistema, quello del mondo dello spettacolo, deviato, crudele a volte, proprio come era accaduto per Mimì.

“La calunnia è un venticello”, recita la famosa aria operistica, così, quando qualche imbecille pensò bene di diffondere la voce infondata secondo la quale la presenza di Mia Martini provocasse eventi spiacevoli - che, in parole povere, l’artista “portasse sfortuna” - molti suoi colleghi, sulla scia del “non è vero, ma ci credo”, presero le distanze da Mimì.

Allo stesso modo, autori, registi, produttori ed impresari, proprio per il famoso “venticello” della calunnia che soffiava impietoso, presero ad evitare di scritturarla o di invitarla alle varie manifestazioni canore per il timore che la sua presenza potesse turbare gli animi dei colleghi artisti partecipanti.

Detta così sembrerebbe una storia assurda, un’idiozia incredibile, una vicenda da Medioevo insomma. Eppure Mia Martini solo dopo la sua scomparsa è stata rivalutata, grazie ai testi delle canzoni che interpretava e soprattutto grazie alla sua voce ineguagliabile.

Il riscatto dell’artista passa oggi da un lavoro realizzato per la Rai, “Io sono Mia”, un film prodotto da Eliseo Fiction in collaborazione con Rai Fiction, che sarà nelle sale cinematografiche il 14, 15 e 16 gennaio e su Rai 1 dopo il Festival di Sanremo.

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La brava Serena Rossi, che nel film sarà Mimì, nel definire la funzione riabilitativa di questo bel lavoro afferma che l’artista che interpreta “si è presa la sua rivincita contro le cattiverie, dando un grande esempio di dignità e integrità".

Ha collaborato con la produzione, narrando storie e aneddoti sulla vita della sorella, Loredana Bertè.

Del grande amore di Mia Martini, oltre che autore di alcuni testi di alcune sue canzoni, Ivano Fossati, e di Renato Zero, suo fraterno amico, che non hanno voluto collaborare alla realizzazione del film, Loredana commenta: "Mi dispiace molto, ma non hanno tolto nulla".

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Circa i fautori di quel clima di isolamento intorno a Mimì, invece, afferma senza fare sconti: "Alcuni sono ancora vivi, io non faccio le loro trasmissioni, continuo a rifiutarle e quando li vedo bastano gli occhi".

Aggiunge inoltre un episodio esplicativo di quanto afferma, raccontando che, durante un Festival di Sanremo, dovettero stringere segretamente un accordo con una persona legata a Mia Martini: poiché temevano che venisse giù il teatro, questa dovette sedersi in prima fila, a “garantire” per Mimì.

Non ci sono parole per definire tutto ciò. “Chiunque sia grande viene eliminato dicendo che porta jella e lei - continua Loredana - era troppo grande".

Riccardo Donna, regista del film, afferma che questo “è solo un piccolo modo per chiederle scusa, tutti noi del mondo dello spettacolo non abbiamo fatto abbastanza per combattere ciò che le stava accadendo”.

E ancora, il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta non esita a chiamare questo ostracismo con il suo nome: "un’esclusione che chiamerei violenza su una donna, cui questo film restituisce memoria e onore".

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Mimì ha saputo reagire a tutta questa cattiveria con fermezza e dignità, preferendo auto-isolarsi.

La rivincita tuttavia non poteva tardare ad arrivare: con “Almeno tu nell’universo”, Mimì vinse, acclamata dal pubblico e dai critici che contano. Gli stessi che successivamente le dedicarono il premio, per la critica appunto, che ancor oggi viene assegnato durante la rassegna canora più importante del nostro Paese agli interpreti più bravi ed impegnati, proprio come Mimì.

Lucia D’Amore

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