Mafia, rapporto Dia (Altre News)

"Io, Robocop al G8 di Genova: 19 anni di bugie" - Zanardi, a breve trasferimento in centro di riabilitazione - Parroco sposa due donne in veste di sindaco con fascia tricolore - Allarme per Furia, il capodoglio intrappolato nella rete

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Mafia, rapporto Dia

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’’Nel tempo, la sottovalutazione del fenomeno, ha sicuramente contribuito a una maggiore diffusione dell’illegalità in taluni ambiti produttivi e dei servizi del territorio lombardo’’. E’ quanto emerge dalla Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre 2019”.

’’Sintomatico, in tal senso, quanto accaduto nel secondo semestre del 2019, con riferimento ai diversi episodi di corruzione registrati nella Regione, non tutti riconducibili a contesti di criminalità organizzata. È il caso dell’inchiesta “Leonessa” della DDA di Brescia che ha svelato, tra l’altro, un giro di tangenti che ha coinvolto alcuni appartenenti alla pubblica amministrazione, indagati per corruzione, fra i quali due dipendenti dell’Amministrazione Finanziaria. Anche un filone dell’inchiesta “Mensa dei Poveri” 4 , concluso nel mese di novembre ha colpito 3 soggetti, indagati per ipotesi di corruzione. I reati di tipo corruttivo ed economico sono ormai divenuti strumento essenziale dei sistemi delinquenziali più evoluti. Nella regione, anche figure criminali singole o comunque non inserite in contesti mafiosi tendono a mutuare, in talune circostanze, condotte caratterizzate quantomeno dalle modalità mafiose’’.

’’Con l’affacciarsi di nuove classi criminali sono profondamente mutati i caratteri topici del mafioso, rispetto ai modelli radicati nell’immaginario collettivo, risultando sfumata la forza intimidatrice quale elemento costitutivo del reato di associazione di tipo mafioso. La forza della mafia attualmente si manifesta perlopiù attraverso un comportamento, un metodo – quello mafioso - che si avvale della complicità di figure inserite in ambiti economici ed amministrativi, in una complessa zona d’ombra in cui si configurano nuovi modelli associativi imperniati su una fitta convergenza di interessi. Le operazioni di polizia eseguite nel semestre, così come gli esiti di importanti inchieste giudiziarie, nonché il monitoraggio delle attività imprenditoriali operato dai Gruppi Interforze istituiti presso tutte le Prefetture della Regione, forniscono elementi di conoscenza utili per comprendere il livello di radicamento del fenomeno mafioso sul territorio regionale. Il quadro di analisi che ne scaturisce evidenzia un’elevata infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale, nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio delle autorizzazioni, licenze e concessioni pubbliche. Tra i settori interessati figurano la ristorazione, le costruzioni, i rifiuti, la guardiania, il trasporto di merci, le autodemolizioni e il commercio di auto’’.

’’Osservando i dati relativi ai beni sequestrati e confiscati nella regione, pubblicati dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati - ulteriore indicatore della pressione criminale comune e organizzata - la Lombardia si attesta in una posizione rilevante nella classifica nazionale. Questa si colloca, infatti, al quarto posto per numero di immobili confiscati, con 3.036 unità, dopo la Sicilia (12.552), la Campania (4.982) e la Calabria (4.744), mentre è al quinto posto per numero di aziende (358), dopo Sicilia (1.305), Campania (797), Calabria (493) e Lazio (524)’’. E’ quanto emerge dalla Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre 2019”.

Dall’analisi delle interdittive antimafia adottate nel secondo semestre 2019 dai prefetti toscani sono risulta­te "maggiormente esposte agli interessi delle mafie le aziende operanti nei settori della ristorazione, delle attività ricettive, del commercio e dei servizi, per legami con la criminalità organizzata campana, calabrese e siciliana". E’ quanto sottolinea la Direzione investigativa antimafia (Dia) nella "Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Dia" nel secondo semestre del 2019.

Altri elementi di valutazione circa le presenze di criminalità organizzata nella regione possono essere estrapolati dalla lettura dei dati, riferiti alla Toscana, resi noti dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destina­ zione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Allo stato attuale sono in corso le procedure per la gestione di ben 374 immobili confiscati, mentre altri 135 sono già stati destinati. Risultano, inoltre in corso le procedure per la gestione di 44 aziende, mentre 11 sono state già destinate.

TOSCANA - Alberghi, ristoranti, attività immo­ biliari, commercio all’ingrosso, costruzioni, attività manifatturiere ed edili, terreni agricoli, appartamenti, ville, fabbricati industriali, negozi, sono solo alcune tra le tipologie di beni sottratti alle mafie in Toscana, concentrati, seguendo un ordine quantitativo decrescente, nelle province di Lucca, Firenze, Arezzo, Pisa, Livorno, Pistoia, Prato, Massa Carrara, Siena e Grosseto.

Per quanto riguarda la ’ndrangheta, in Toscana non risultano attivi locali, espressivi di un radicamento territoriale consolidato. Emergono, invece, presenze di esponenti delle ’ndrine, che potrebbero rappresentare cellule prima­rie con legami di sangue tra i componenti e costituite, quindi, dalla famiglia naturale del capo-bastone, cui se ne aggregano altre. Queste operano, conformemente alle consolidate strategie della mafia calabrese, mantenendo il centro nevralgico in Calabria, ma svolgendo molte attività criminose, specie quelle connesse al reimpiego di capitali, attraverso una costante opera di proiezione fuori dall’area di origine, confondendosi nelle realtà locali dove costituiscono strutture periferiche dotate di un limitato autogoverno.

Il livello di diffusione degli interessi della ’ndrangheta nel tessuto socio-economico toscano, emerso dagli esiti info-investigativi, tende a far ritenere la criminalità organizzata calabrese, al momento, quella più diffusa nella regione. Un territorio in cui appare attrattivo per le mafie anche per i tradizionali intenti criminali, come il traffico di droga, l’usura, le estorsioni e il riciclaggio. E proprio nel riciclaggio, abbinato a tentativi di infiltrazione dell’economia legale, i sodalizi ca­labresi in Toscana hanno confermato la tendenza a diversificare gli investimenti, rafforzando la propria presenza economico-finanziaria grazie anche ad una rete collusiva di appoggio.

MAFIA CINESE - La criminalità organizzata cinese, concentrata soprattutto nell’area che abbraccia le province di Firenze e di Prato, con propaggini in provincia di Pistoia, si conferma un insidioso fenomeno per l’intrinseca ed impenetrabile componente "solidale", ma soprattutto per le ricadute che la contraffazione dei marchi e il contrabbando dei prodotti determinano a lungo termine sui mercati e sull’economia legale, specie nella filiera del tessile e dell’ab­bigliamento. Un settore dove, notoriamente, le ditte cinesi avviano la produzione con gravi violazioni della normativa ambientale, sanitaria e del lavoro, spesso con l’impiego di manodopera clandestina nonché irrego­larità in materia di sicurezza. Un fenomeno che viaggia parallelamente a sistemi di trasferimento illegale di capitali, desumibili anche da numerose segnalazioni per operazioni sospette e da indagini che, nel recente passato, hanno profilato ipotesi di riciclaggio. Oltre a ciò, la criminalità cinese gestisce importanti giri di affari legati allo sfruttamento della prostituzione, an­che all’interno di circoli e locali notturni, nonché bische clandestine e sale per il gioco d’azzardo.

PROSTITUZIONE - Ormai da anni sono consolidate in Toscana presenze provenienti dal Nord e Centro Africa, in particolare, elementi appartenenti ad organizzazioni di origine sia maghrebina (provenienti dal Marocco, dalla Tunisia e dall’Algeria) che nigeriana. Desta preoccupazione il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione che spesso degenera in forme di riduzione in schiavitù.

DROGA - Il narcotraffico risulta l’attività illecita privilegiata dai gruppi criminali stranieri, poiché il consumo di sostanze stupefacenti, in crescita in tutta la regione, alimenta un mercato sempre più fiorente, che viene gestito dai sodalizi, separatamente o in sinergia, in base ai contingenti interessi delle piazze. I gruppi al­banesi (e in modo residuo i romeni) conservano una posizione dominante nel traffico, anche internazionale, di cocaina ed eroina, mentre il commercio di hashish e marijuana è gestito soprattutto dai gruppi nordafricani.

"Io, Robocop al G8 di Genova: 19 anni di bugie, noi capri espiatori per questioni politiche"

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"Sono 19 anni che ci stanno massacrando, di menzogne, ancora non riusciamo ad ottenere una revisione del processo. Io sono stato condannato per falso ideologico, oltre a un risarcimento economico che ancora sto pagando, perché ho semplicemente siglato un verbale di arresto, come si faceva all’epoca, ho apposto una sigla come operatore perché un mio collega era stato accoltellato (Massimo Nocera ndr). Non ne posso più. Da persona informata sui fatti, sono stato chiuso in una stanza e ho subito un interrogatorio all’americana. In quel momento capii che ero finito. Hanno calpestato ogni mio diritto". Inizia così il duro sfogo all’Adnkronos di Maurizio Panzieri, detto ’Robocop’, oggi 66 anni e all’epoca del G8 (iniziato il 19 luglio del 2001) istruttore presso il VII Nucleo di Roma, aggregato dalla Scuola della Polizia di Stato di Caserta, assolto in primo grado, ma condannato in Appello (sentenza confermata in Cassazione) per i fatti della Diaz. Panzieri, nel corso del lungo iter giudiziario, ha sempre lamentato diverse violazioni del diritto della difesa, sancito dalla Costituzione e si sente capro espiatorio di un processo che non ha mai visto imputati e che quindi ha lasciato impuniti, i responsabili di quel barbaro pestaggio.

"Ci hanno messo in mezzo, nemmeno un contraddittorio c’è stato - prosegue - volevano distruggere i vertici della polizia, qualcuno doveva pagare e quel qualcuno siamo stati noi, anche se innocenti. Mi dispiace ma non ci sto. Là dentro qualcuno ha sbagliato e anche di grosso. Ma non io. In 35 anni da istruttore ho sempre insegnato ai miei che mai bisognava colpire per uccidere o far male, ma solo per annientare un attacco". ’Robocop’, a distanza di 19 anni, non ha dubbi. "E’ stato un problema politico, di ideologie, nulla a che vedere con l’aborto successo lì dentro. Ci sono i filmati che testimoniamo come il VII Nucleo sia arrivato ben 25 minuti dopo le perquisizioni del Diaz. Perchè non è stato analizzato il Dna sui manganelli e perchè non li hanno analizzati tutti? Dove sono le prove della nostra colpevolezza?".

"Voglio giustizia - continua - questo è accanimento. Non metto in dubbio che al processo tutti abbiano fatto il proprio lavoro, ma qualcuno non lo ha fatto come avrebbe dovuto. Non si condanna una persona senza prove. La Corte Europea ha più volte ribadito che noi non dobbiamo pagare i danni d’immagine ed è stato fatto ricorso anche su questo. Ormai sono senza parole".

Panzieri, in lacrime, ha raccontato anche di suo padre. "Un poliziotto onesto anche lui, come me. Avrei voluto che, prima di morire, mi fosse stata data giustizia, che mi avessero assolto perchè io non ho fatto nulla. Lo avrei reso felice prima di andarsene, ma devo convivere anche con questo dolore", conclude.

Zanardi, a breve trasferimento in centro di riabilitazione

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Un centro di riabilitazione attende a breve Alex Zanardi. A un mese dal’incidente e a pochi giorni dall’avvio della progressiva riduzione della sedazione farmacologica e il lento risveglio dal coma, la famiglia dell’ex pilota di Formula 1 sta valutando quale può essere la struttura più adatta per il decorso post-operatorio. Quando le condizioni di Zanardi lo permetteranno, informa l’AdnKronos, sarà disposto il trasferimento in un centro specializzato per la riabilitazione: tra le ipotesi anche quelle di un ’viaggio’ all’estero, in una clinica come quella in cui è stato curato Michael Schumacher.

Nel frattempo, il campione paralimpico continua a essere ricoverato nel reparto di terapia intensiva del policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, dove si trova dallo scorso 19 giugno, in seguito all’incidente avvenuto intorno alle 16.50 dello stesso giorno sulla statale provinciale 146 che collega Pienza e San Quirico d’Orcia, nel Senese, quando andò a sbattere violentemente con la sua handbike contro un tir che marciava in direzione opposta.

Nessuna decisione è stata presa ancora sui tempi del trasferimento. Tutto dipenderà da come Zanardi uscirà dalla sedazione. Saranno necessari ancora alcuni giorni per le ulteriori valutazioni sul paziente da parte dall’équipe multidisciplinare che ha in cura l’atleta "per permettere ogni prosecuzione del suo percorso terapeutico e riabilitativo". I parametri cardio-respiratori e metabolici continuano a permanere stabili mentre resta "grave" il quadro neurologico.

Continuano, intanto, le manifestazioni​ di sostegno e affetto​ nei confronti di Alex Zanardi​. Nella mattinata di mercoledì prossimo il gruppo di ciclisti della Nazionale​ paralimpica, in raduno in questi giorni a Lucignano, ad una quarantina di chilometri da Siena, è attesa davanti al policlinico senese per una manifestazione di solidarietà.

Parroco sposa due donne in veste di sindaco con fascia tricolore

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Cerimonia nuziale del tutto ‘sui generis’. Parroco in veste di sindaco con fascia tricolore ha sposato in Municipio due donne. I fatti, apprende l’Adnkronos, si sono svolti nei giorni scorsi, l’11 luglio, a Sant’Oreste, comune della provincia di Roma con poco più di 3.600 anime. Pochi giorni prima della celebrazione, il parroco di San Lorenzo Martire, (contattato dall’Adnkronos non ha risposto), è andato dalla prima cittadina per chiedere di potere unire in matrimonio in Comune le due donne.

Il sindaco Valentina Pini, primo cittadino di Sant’Oreste dal giugno 2016 eletta con una lista civica, spiega all’Adnkronos come sono andate le cose: "Il parroco mi ha chiesto di potere avere la delega per sposare le due donne perché è prerogativa del sindaco concederla e, nella volontà di non ledere i diritti di nessuno, gliela ho data".

La celebrazione è stata officiata dal sacerdote con fascia tricolore. "La cerimonia è avvenuta in Comune", conferma il sindaco Pini tenendo anche a precisare che "avendo una certa confidenza col parroco ho detto pure di valutare l’opportunità di questa cerimonia. Ecco come sono andate le cose".

Per la Chiesa, un conto sono i diritti altro conto il matrimonio che è solo quello tra un uomo e una donna. Le donne unite civilmente da un sacerdote sono cattoliche? "Non so se lo hanno fatto a titolo religioso o per amicizia - dice il sindaco Pini -. Io ho concesso la delega solo nella volontà di non ledere i diritti di nessuno".

Allarme per Furia, il capodoglio intrappolato nella rete

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“Lanciamo un appello a chiunque si trovi in navigazione nel tratto di mare eoliano e avvisti il capodoglio in difficoltà, a segnalarlo immediatamente al numero 1530 della Guardia Costiera. Il fattore tempo, ora, è fondamentale per salvarlo”. Lo dice la presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi.

Dopo Spike, il capodoglio delle Eolie liberato dalle reti a fine a giugno grazie al prezioso intervento della Guardia Costiera, Furia, un altro magnifico esemplare rimasto vittima del bycatch al largo dell’isola di Salina, è stato avvistato il 18 luglio.

Quella per salvare il giovane capodoglio, che, nonostante la grande rete che lo mette in pericolo, riesce a compiere immersioni della durata anche di 40 minuti, è una corsa contro il tempo.

Il Corpo della Guardia Costiera insieme a biologi e attivisti di diversi enti e associazioni tra cui il MuMa di Milazzo, Sea Shepard e Filicudi Wildlife Conservation, hanno trascorso, gli ultimi due giorni e due notti con l’individuo per monitorarlo e seguirne i movimenti. L’attività di liberazione è risultata difficile a causa dell’agitazione del giovane capodoglio di circa 10 metri, ferito e impossibilitato nei movimenti.

I capodogli, i più grandi predatori del Mare Nostrum, nuotano regolarmente nelle acque profonde del Canale di Sicilia e dell’arcipelago eoliano, dove riescono a trovare in prossimità delle scarpate abbondanza di cefalopodi (seppie e calamari), le loro principali prede. Sono animali incredibili e indiscussi campioni di immersioni: possono arrivare oltre i 1000 metri di profondità e restare in apnea per oltre 90 minuti.

Nonostante la loro grande mole (gli esemplari maschi possono arrivare fino ai 18 metri di lunghezza e alle 50 tonnellate di peso), sono dei giganti fragili. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) considera la specie in pericolo di estinzione nelle acque del Mediterraneo e le minacce che minano il suo stato di conservazione sono principalmente di origine antropica: plastica, collisioni con le grandi imbarcazioni, rumore sottomarino e bycatch.

E Furia, la giovane femmina di capodoglio, è proprio vittima di quest’ultimo: è intrappolata in una grossa rete che costringe e limita i movimenti della pinna caudale, non riesce a nuotare liberamente e potrebbe avere dei problemi nell’immergersi per alimentarsi.

Redazione

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