MUSEI DI STRADA NUOVA

Alla scoperta dei Musei d’Italia

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cms_26681/1.jpgI Musei di Strada Nuova sono un unico museo che comprende alcuni palazzi dei Rolli di Genova, tutti situati in via Garibaldi (anticamente chiamata Strada Nuova): Palazzo Rosso, Palazzo Bianco e Palazzo Tursi (sede anche del comune di Genova).

L’istituzione dei Musei di Strada Nuova risale al 2004, quando si è deciso di collegare in un percorso di visita unitario i tre storici palazzi, tutti di proprietà comunale. Palazzo Rosso e Palazzo Bianco erano già musei indipendenti ormai da più di un secolo (dal 1874 il primo, dal 1892 il secondo), mentre Palazzo Tursi è stato in parte destinato a funzioni culturali proprio dal 2004. I due musei di Palazzo Rosso e Bianco sono stati comunque mantenuti nella propria immagine individuale ormai consolidata, promossa ulteriormente con la nuova denominazione e il biglietto unico.

Il percorso museale si avvia da Palazzo Rosso, con la quadreria (dal secolo XV al XIX) e l’arredamento (dal XVIII al XX secolo), oltre la terrazza belvedere sul tetto, con vista su Genova a 360º.

Segue poi Palazzo Bianco, col ricchissimo spaccato dell’arte a Genova e in Liguria dal XV secolo in poi e significative opere di artisti italiani, fiamminghi e spagnoli.

Palazzo Rosso

cms_26681/Palazzo_Rosso.jpgIl Palazzo Rodolfo e Gio Francesco Brignole Sale o Palazzo Rosso è un edificio sito in via Garibaldi al civico 18 nel centro storico di Genova, inserito il 13 luglio del 2006 nella lista dei 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova, riconosciuti in tale data Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Ospita la prima sezione dei Musei di Strada Nuova, che comprendono anche palazzo Bianco e palazzo Doria-Tursi, dedicata principalmente alle collezioni d’arte dei Brignole-Sale, in parte ospitate in sale che conservano l’arredo e la decorazione originale.

Fu costruito tra il 1671 e il 1677 per volontà dei fratelli Rodolfo e Gio Francesco Brignole Sale su progetto dell’architetto genovese Pietro Antonio Corradi che ripropone qui la pianta a U già da questi adottata nel coevo Palazzo Balbi Senarega[1]. Nell’esigenza di edificare un unico palazzo per le due distinte dimore dei due fratelli, fu scartata la soluzione dell’adiacente Palazzo Cattaneo-Adorno, che prevedeva due simmetriche residenze affiancate, mentre si optò per l’edificazione di due piani nobili, ciascuno riservato ad uno dei fratelli.

Giovanni Francesco I Brignole Sale (1643-1693), figlio di Anton Giulio Brignole Sale (1605-1665) e Paolina Adorno (1610 - 1648), immortalati nella celebre coppia di ritratti di Antoon van Dyck, a seguito della morte del fratello Rodolfo divenne proprietario dell’intero palazzo e ne commissionò la decorazione delle sale ai maggiori artisti del secondo Seicento a Genova[2].

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I primi interventi decorativi furono realizzati al secondo piano nobile a partire dal 1679 da Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, con la collaborazione di quadraturisti e stuccatori (Antonio ed Enrico Haffner). Fu portato a compimento innanzitutto il salone maggiore e l’affresco sulla volta, Fetonte al cospetto del padre Apollo, capolavoro del De Ferrari, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, di cui nella sala è oggi esposto il bozzetto preparatorio[3].

L’opera dell’anziano Piola e del genero De Ferrari continua nelle quattro sale circostanti, ciascuna delle quali è dedicata ad una stagione dell’anno, ed è considerata dalla critica fra i più alti esiti del barocco genovese. L’Allegoria della Primavera, sempre del De Ferrari, mostra nella volta tra putti e figure che spargono fiori, Venere con Cupido che seduce Marte. Nell’Allegoria dell’Estate, è protagonista Cerere, dea delle messi, contraddistinta da un putto che regge un fascio dorato di spighe, mentre i venti invernali sono scacciati dalla ninfa delle brezze, Aura. Anche qui compaiono la figura di Apollo dio del Sole e il leone, segno zodiacale ricorrente in luglio e quindi simbolo dell’estate, ma anche simbolo araldico dei Brignole, in un gioco di rimandi tra astrologia e celebrazione dinastica[4]. A Piola si devono le sale dell’Autunno e dell’Inverno, realizzate in collaborazione con stuccatore Giacomo Muttone e del quadraturista Sebastiano Monchi, autore degli sfondati prospettici. Qui volteggiano nelle volte Bacco, giovane, imberbe, con Sileno ebbro, baccanti, centauri, satiri e animali cari a Dioniso, nell’Allegoria dell’Autunno, e invece venti freddi, scene di carnevale e di caccia nell’Allegoria dell’Inverno. Il pittore, di ritorno da un viaggio a Parma, realizza leggere e delicate figure che mostrano evidenti rimandi alla pittura di Correggio[5].

cms_26681/3.jpgAl figlio di Domenico Piola, Paolo Gerolamo, è dovuta la cosiddetta Loggia delle rovine o di Diana, che nel 1689 ambienta con assoluta originalità il Mito di Diana ed Endimione sulle volte di un palazzo diroccato. In quest’opera, fra le prime del pittore allora ventitreenne, si avvalse della collaborazione del quadraturista Nicolò Codazzi, autore delle finte architetture in rovina, sulle quali Paolo Girolamo aggiunse le figure di Diana che, sulla volta, contorniata da putti, si cala dalla cielo per raggiungere il mitico pastore Endimione raffigurato dormiente a fianco della porta d’ingresso, in compagnia dei cani e di figure di satiri. La loggia, originariamente concepita come una galleria chiusa ornata da lunette affrescate e finestre dai decori rococò, fu sfondata nel corso del restauro degli anni cinquanta[6].

Nel 1691 iniziò la seconda fase decorativa con gli affreschi di Giovanni Andrea Carlone, Lorenzo De Ferrari, Carlo Antonio Tavella, Andrea Leoncini e di Bartolomeo Guidobono. Gli interventi di restauro e completamento decorativo continuarono fino alla metà del XIX secolo.

A metà del Settecento continuatore della committenza artistica fu Giovanni Francesco II Brignole Sale (1695-1760), ambasciatore della Repubblica a Parigi, che nel 1746 fu eletto Doge della Repubblica di Genova. In quell’anno ad opera dell’architetto Francesco Cantone venne definito l’attuale aspetto della facciata, caratterizzato da protomi leonine che segnano gli architravi delle finestre dei due piani nobili. Il simbolo richiama l’arma araldica della famiglia, raffigurante un leone rampante sotto un albero di prugne, chiamate in dialetto genovese brignòle[9].

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Di grande ricercatezza estetica è la decorazione dello studio del Doge Giovanni Francesco II, noto come Salotto delle Virtù Patrie per le complesse simbologie rappresentate nelle pitture. Ne fu autore negli anni quaranta del Settecento Lorenzo De Ferrari (1680-1744), figlio del celebre Gregorio, che finse sulla volta una complessa architettura in grisaille dove ambientare una serie di soggetti ispirati alla Roma antica.

Di più modesta fattura è la decorazione della sala detta della Gioventù in cimento, realizzata nel 1736 da Domenico Parodi.

I bombardamenti della seconda guerra mondiale causarono danni gravissimi al palazzo, causandone fra l’altro la perdita della decorazione del salone maggiore. La ricostruzione fu effettuata negli anni cinquanta (1953-1961), condotta dalla direttrice dell’Ufficio di Belle Arti di Genova, Caterina Marcenaro, e dagli architetti Franco Albini e Franca Helg. Il radicale restauro, condotto secondo i criteri del "movimento moderno", portò alla rimozione di tutti gli arredi e le decorazioni ritenute non originali, e alla creazione di un allestimento razionalista in netto contrasto con l’identità storica del palazzo[12]. Le collezioni, smembrate, furono ricollocate nei musei cittadini secondo criteri espositivi didattici. In occasione del restauro furono creati, fra l’altro, la scala elicoidale di Franco Albini, il vasto cortile alle spalle del palazzo, dove fu collocato il celebre portale barocco del convento di san Silvestro, e fu ristrutturato l’ultimo piano del palazzo quale appartamento che la Marcenaro abitò fino alla morte, custodendovi la sua personale collezione d’arte, recentemente aperto al pubblico.

Negli anni novanta, si procedette ad una rimozione di tale allestimento, riportando il palazzo nella sua veste settecentesca

cms_26681/6v.jpgOltre al palazzo, la duchessa di Galliera nel 1874 donò al Comune di Genova la splendida quadreria che, unitamente agli arredi, formava il nucleo storico delle collezioni del museo: oculate acquisizioni e commissioni effettuate per oltre due secoli a dimostrazione dell’ascesa sociale, economica e politica della famiglia Brignole Sale.

A partire dalle prime commissione della prima metà del Seicento ad alcuni grandi artisti come Antoon van Dyck da parte di Gio Francesco Brignole, anche i successori continuarono questa politica apportando un significativo ampliamento delle ricche collezioni d’arte anche grazie alle eredità ricevute (in particolare quelle di due diversi rami dei Durazzo).

Oggi la quadreria si caratterizza sia per i ritratti fiamminghi sia per i dipinti di Guido Reni, di Guercino, di Mattia Preti, di Bernardo Strozzi, sia da tavole e tele d’ambito veneto del XVI secolo, fra le quali meritano d’essere ricordate le opere di Palma il Vecchio e del Veronese.

Negli anni 1953-1961 furono effettuati importanti restauri, grazie ai quali gli spazi espositivi vennero più che raddoppiati in funzione di una diversa sistemazione della quadreria, inserendo anche opere non pertinenti il nucleo storico, come la collezione di ceramiche e quella numismatica in precedenza ubicate altrove. Di diversa provenienza era anche la collezione tessile, per la quale nell’occasione venne realizzato un deposito.

Palazzo Bianco

cms_26681/6vbis.jpgPalazzo Bianco, detto anche Palazzo di Luca Grimaldi, o palazzo Brignole Sale, è un edificio sito in via Garibaldi al civico 11 nel centro storico di Genova, inserito il 13 luglio del 2006 nella lista tra i 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova divenuti in tale data Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Ospita una sezione dei Musei di Strada Nuova, che comprendono anche palazzo Rosso e palazzo Doria-Tursi, specificamente dedicata alla pittura a Genova e in Liguria tra XVI e XVIII secolo, e con importanti sezioni di arte italiana, fiamminga e spagnola.

Il palazzo oggi conosciuto come Palazzo Bianco, in contrapposizione al seicentesco Palazzo Rosso che sorge di fronte, precedentemente appartenuto alla stessa famiglia Brignole Sale, occupa il sito della dimora costruita tra il 1530 e il 1540 da Luca Grimaldi, membro di una delle più importanti famiglie genovesi, e in molti documenti fra cui l’iscrizione nel Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO è tuttora indicato come Palazzo di Luca Grimaldi. Dal 1658 essa passò in proprietà alla famiglia Franchi de Candia e nel 1711 venne ceduta, dagli eredi di Federico De Franchi, a Maria Durazzo Brignole-Sale, loro principale creditrice.

La nuova proprietaria, che intendeva destinarlo al nipote cadetto Gio. Giacomo, commissionò una radicale ristrutturazione del palazzo, che da allora fu denominato Bianco per il colore chiaro dei paramenti esterni. La ristrutturazione avvenne ad opera dell’architetto Giacomo Viano fra il 1714 ed il 1716, su ispirazione dell’adiacente Palazzo Tursi. L’architetto, autore delle facciate settecentesche che oggi si possono ammirare, spostò su Strada Nuova (odierna Via Garibaldi) l’ingresso principale che precedentemente si trovava sulla salita di san Francesco di Castelletto, in quanto il palazzo di Luca Grimaldi fu edificato precedentemente all’apertura di Strada Nuova[1].

Nel 1889, alla morte di Maria Brignole Sale De Ferrari, duchessa di Galliera, ultima discendente della famiglia Brignole Sale, il palazzo venne ereditato dal Municipio e, per volere di quest’ultima, destinato a galleria pubblica. Il Museo fu inaugurato in occasione del quattrocentenario della scoperta dell’America nel 1892.

A seguito delle pesanti distruzioni dovute al bombardamento alleato del 1942, fu riaperto al pubblico nel 1950 dopo un totale riordino delle collezioni dovuto alla direttrice Caterina Marcenaro e al riallestimento razionalista dell’architetto Franco Albini.

La Galleria

Dapprima ospitò diverse collezioni del Comune di Genova (oltre a dipinti e sculture, anche reperti archeologici, storici...) di cui un primo tentativo di riordino fu avviato da Gaetano Poggi, primo Assessore alle Belle Arti del Comune (1906-1908), ma solo quando la direzione venne assunta da Orlando Grosso (1928) si poté procedere al primo vero allestimento museale, sia trasferendo altrove le collezioni storiche, sia riordinando con criteri moderni e aggiornati tutte le opere delle collezioni artistiche. A seguito dei gravissimi danni riportati nel corso della Seconda guerra mondiale, e della ricostruzione ad opera del Genio Civile, Caterina Marcenaro, direttore alle Belle Arti del Comune, elaborò un nuovo ordinamento avallato da una commissione composta da Orlando Grosso, Carla Mazzarello, assessore alle Belle Arti del Comune di Genova, Mario Labò, architetto[2], e da Franco Albini, architetto, il cui intervento per l’allestimento delle opere è considerato una delle opere più significative del razionalismo italiano. Il palazzo venne riaperto alla cittadinanza nel 1950.

Superato da tempo quel marchiano errore, la pinacoteca offre oggi una panoramica della pittura europea dal Cinquecento al Settecento, con una grande prevalenza di pittori genovesi, fiamminghi, francesi, spagnoli. Sono esposti dipinti cinquecenteschi di Filippino Lippi, Giorgio Vasari, Paolo Caliari detto il Veronese, Luca Cambiaso e un’importante collezione di pittura fiamminga e olandese dal XVI al XVIII secolo, con capolavori di Hans Memling, Gerard David, Jan Matsys, Pieter Paul Rubens e Antoon van Dyck. Tra gli autori francesi e spagnoli del Sei-Settecento vi sono Francisco de Zurbarán, Bartolomé Esteban Murillo, Jusepe de Ribera e Simon Vouet.

L’attività degli autori del barocco genovese del XVII e XVIII secolo è documentata tra gli altri dalle opere del Grechetto, Bernardo Strozzi, Valerio Castello, Domenico Piola e dei figli Anton Maria e Paolo Gerolamo, Gregorio De Ferrari e Alessandro Magnasco. È presente inoltre dal 2009 la celeberrima scultura di Antonio Canova, la Maddalena penitente, e che è stata collocata nell’adiacente Palazzo Tursi che, in collegamento diretto con Palazzo Bianco, accoglie le ultime sale del percorso di visita dei Musei di Strada Nuova.

Tra le opere piu significative:

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Luca Cambiaso, Madonna della candela

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Caravaggio, Ecce Homo

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Pieter Paul Rubens, Venere e Marte

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Antoon van Dyck, Vertummo e Pomona

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Gerard David, Polittico della Cervara

Grazia De Marco

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