MESSINA DENARO IN CARCERE ALL’AQUILA.NORDIO FIRMA DECRETO 41BIS

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è rinchiuso da ieri nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, come confermano fonti investigative.
L’ex latitante ha trascorso la prima notte in carcere dopo il trasferimento da Palermo. All’Aquila sono stati detenuti numerosi boss mafiosi, da Leoluca Bagarella a Totò Riina.
Due i telefoni cellulari trovati al boss, uno l’aveva addosso e l’altro nell’auto. Inoltre, gli è stata trovata anche una piccola agenda di carta, che teneva in tasca.
Individuato e perquisito nella notte dai carabinieri del Ros il covo del boss arrestato dopo 30 anni di latitanza.
Il covo, definito dagli investigatori come "l’abitazione di una persona normale", si trova nel centro di Campobello di Mazara, nel trapanese. All’interno dell’appartamento non sono state trovate armi, come apprende l’Adnkronos, mentre i carabinieri hanno trovato molti abiti di lusso, firmati, diversi profumi, anche questi di lusso, e un arredamento definito "ricercato".
Il boss avrebbe avuto, durante la sua latitanza, anche dei rapporti sessuali. E’ quanto si evince dai profilattici trovati nell’appartamento, insieme con delle pillole che aiutano le prestazioni sessuali. Trovate anche diverse ricevute di ristoranti.
Per la perquisizione del covo del boss sono al lavoro anche i Ris dei carabinieri, i Reparti di investigazioni scientifiche. Saranno loro a repertare gli oggetti che si trovano nel covo dell’ex latitante.
"Stiamo cercando eventuali nascondigli o intercapedini nel covo del latitante, alla ricerca di eventuali documenti", spiega il Comandante provinciale dei Carabinieri di Trapani, colonnello Fabio Bottino, che sta seguendo le perquisizioni nel covo. Ieri mattina il Ris dei Carabinieri ha eseguito un’ulteriore ricerca nell’abitazione del boss alla ricerca di tracce biologiche.
La Procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati Andrea Bonafede, il proprietario del covo. Bonafede è anche il nome che il boss ha usato per almeno un anno per curarsi presso la clinica Maddalena: con questo nome aveva anche una carta di identità falsa.
E’ finito nel registro degli indagati anche Alfonso Tumbarello, il medico che aveva in cura il boss che però si faceva chiamare Andrea Bonafede. Il medico è di Campobello di Mazara, dove per molti anni ha esercitato la professione di medico di base. I carabinieri del Ros hanno perquisito sia l’abitazione del medico che lo studio. Il medico è stato interrogato nel pomeriggio di ieri.
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro ha nominato come avvocato difensore la nipote, Lorenza Guttadauro. La professionista è figlia del cognato dell’ex latitante e nipote di un altro boss, Giuseppe Guttadauro.
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NORDIO FIRMA DECRETO 41BIS
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato il decreto per il 41 bis, il carcere duro, per Matteo Messina Denaro. Lo si apprende da fonti di via Arenula.
"Un minimo senso di umanità, di senso cristiano oltre a ciò che insegna la Costituzione, impone di curare le persone ammalate anche se si tratta dei peggiori incriminati e condannati per reati infami - ha sottolineato Nordio - Noi siamo assolutamente in grado di garantire l’assoluta sicurezza nell’espiazione della pena e la salute, che è un bene indisponibile che va tutelato anche nei confronti dei peggiori criminali".
"Luoghi dove esistono strutture sanitarie compatibili con la massima sicurezza esistono - ha assicurato - non sono molti, ma sarà una decisione delle autorità competenti non solo del ministero", ha spiegato il ministro rispetto al luogo in cui Messina Denaro viene detenuto.
Tuttavia, ha sottolineato Nordio, "è illusorio pensare che arresti come questo avvengono per un colpo di fortuna, ma anche illusorio pensare che la mafia possa essere combattuta perché si arrestano boss. E’ un fenomeno radicato e diffuso che va combattuto con un arsenale di armi dalla tecnologia alle indagini finanziarie, dall’osservazione al pedinamento e controllo delle persone e con una rivoluzione copernicana culturale".
Quanto alle intercettazioni "sono uno strumento indispensabile per il terrorismo e la mafia, ciò che va cambiato radicalmente è l’abuso che se ne fa per i reati minori con conseguente diffusione sulla stampa di segreti individuali e intimi che non hanno niente a che fare con le indagini".
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